2022-08-28
Cure domiciliari negate e tante bugie. Serve una commissione d’inchiesta
Chi insultava i camici che salvavano vite ignorando il protocollo Speranza oggi mischia la carte. Ma i dati di Giuseppe Remuzzi sono inconfutabili. Toccherà al prossimo governo fare luce su chi ha impedito di ridurre i decessi.Giunti a questo punto, non possiamo accettare che tutto passi in cavalleria. Nelle ultime ore di fenomeni ne abbiamo visti anche troppi: quelli che «lo abbiamo sempre saputo», quelli che «tachipirina e vigile attesa ve lo siete inventato voi» e pure quelli che «sì, c’è stato qualche errorino all’inizio ma per il resto è andata benissimo». Ecco, che questa gente continui impunemente a pontificare dopo le menzogne, l’arroganza e l’aggressività che ha sparso per anni a piene mani davvero non possiamo tollerarlo.Tra le tante cose mancate dal 2020 a oggi, la prima e più pesante è stata senz’altro il coraggio. Non lo hanno avuto i politici, ovviamente, ma soprattutto non lo hanno avuto i cosiddetti corpi intermedi e i sedicenti esperti, i celebrati possessori dei misteri della Scienza. Salvo rare eccezioni, che l’hanno spesso pagata carissima, la classe medica ha nascosto la testa sotto la sabbia. In privato, magari, si lasciava andare ad aspre valutazioni e a commenti irritati, ma in pubblico continuava a ribadire gli slogan che le venivano forniti dal governo o dalle istituzioni sovranazionali (politiche per definizione), a costo di negare l’evidenza. Certo, prendere l’onda di petto e andare contro il flusso del pensiero prevalente non era cosa facile. Forse, a mesi di distanza, occorre ricordare agli smemorati che clima fosse stato creato dal complesso mediatico-politico nei giorni più bui della pandemia. Nei riguardi delle voci dissenzienti l’intimidazione era la regola. Chiunque osasse dire in pubblico o, peggio, nel corso di un programma televisivo, che il governo stava commettendo sbagli, veniva trattato come un pericoloso sabotatore o un assassino. I conduttori inveivano contro gli ospiti, li insultavano, confezionavano con gusto servizi dalle terapie intensive. Non era consentito porre dubbi o ragionare sui dati. Adesso, come abbiamo raccontato ieri, il Corriere della Sera riporta gli ottimi risultati ottenuti dal professor Giuseppe Remuzzi e dai suoi colleghi sull’utilizzo di antinfiammatori per i pazienti Covid. Lo stesso Remuzzi, nell’ottobre del 2021, aveva spiegato al nostro giornale come il suo protocollo fosse efficace e potesse essere utilizzato dai medici di base. Quando tentammo di farlo presente in alcune trasmissioni tv, fummo trattati come degli imbecilli da colleghi che ritenevano di essere unti dalla Scienza. Costoro gongolavano ripetendo che gli studi di Remuzzi non avevano coinvolto abbastanza soggetti per essere ritenuti attendibili. A nulla valeva far notare che, forse, in un momento di difficoltà ci si sarebbe potuti accontentare, e del resto anche i sieri erano stati approvati con procedura emergenziale. Niente da fare: pur di affossare le possibili cure, i giornalisti proni alla Cattedrale sanitaria erano disposti a tutto. Ora, platealmente sbugiardati, dovrebbero tacere e riflettere sul danno clamoroso che hanno contribuito a infliggere alla nazione, invece s’intignano a gridare che lo stesso Remuzzi non ha mai criticato i protocolli ministeriali né ha mai consigliato di rifiutare i vaccini. In effetti, su questi ultimi punti (e solo su questi), i saputi colleghi non hanno torto, e qui sta parte del problema.Ci ricordiamo bene lo sdegno con cui furono accolte le prime esternazioni di Remuzzi. Ci ricordiamo anche quali fossero le domande che gli venivano costantemente poste dagli intervistatori. Prima di poter iniziare a parlare delle cure, gli veniva richiesto l’atto di fede: doveva lodare le trovate di Speranza, elogiare i grandi risultati ottenuti dalle iniezioni... E solo alla fine, forse, gli facevano citare il protocollo. Viene da pensare che, forse, anche il professore un pizzico di convinzione in più avrebbe anche potuto esibirla, ma più probabilmente ha avuto ragione lui a comportarsi così: se avesse parlato solo di cure lo avrebbero probabilmente attaccato così violentemente da mettere a rischio la sua carriera. Comunque sia, se in passato il coraggio è mancato, da oggi in poi non può più mancare. Bisogna avere il fegato di andare a fondo alla questione Covid, di mettere le mani nella melma e far emergere tutte le schifezze che gli ultimi due esecutivi hanno tentato di seppellire. Partiti come Italexit e parlamentari come Claudio Borghi della Lega e Galeazzo Bignami di Fdi hanno chiesto di istituire commissioni d’inchiesta sulla gestione della pandemia. È un tema, questo, su cui non si può cedere: quello che è stato fatto deve venire a galla. Ed è un’ottima notizia che Giorgia Meloni, presidente del Consiglio in pectore per il centrodestra, abbia fatto sua la richiesta di creare una commissione di indagine ad hoc. «Uno studio dell’istituto Mario Negri pubblicato sull’autorevole rivista scientifica The Lancet certifica che l’utilizzo di antinfiammatori riduce del 90% le ospedalizzazioni dovute al Covid», ha scritto ieri la Meloni citando il lavoro di Remuzzi. «Quanti medici hanno rivolto invano continui appelli al ministro Speranza per rivedere i protocolli di cure domiciliari e superare la “tachipirina e vigile attesa”? Una delle prime cose che faremo a inizio della prossima legislatura sarà quella di istituire una commissione d’inchiesta sulla disastrosa gestione della pandemia. È arrivato il momento della trasparenza, ognuno sarà chiamato ad assumersi le proprie responsabilità». Già, speriamo che Giorgia non cambi idea: è il momento che chi ha mentito e sbagliato si faccia carico del suo zaino di colpe. È ora che si sappia che cosa è accaduto davvero con i piani pandemici mancanti, con la censura del report di Francesco Zambon, con i protocolli su tachipirina e vigile attesa, con la mancata attivazione delle terapie intensive supplementari. Ed è giunta l’ora di fare chiarezza, una volta per tutte, sullo spaventoso numero di morti registrato dalle nostre parti, roba da record europeo. Annusata l’aria, ieri l’Istituto superiore di sanità ha provato a cavarsi dagli impicci fornendo una spiegazione traballante. Il suo ultimo report settimanale contiene un’analisi del Case fatality rate (Cfr), cioè l’indicatore che permette di misurare il tasso di letalità del virus. Guarda caso emerge che, quando questo indicatore è standardizzato sulla popolazione europea, i valori risultano «sempre più bassi rispetto ai valori del Cfr standardizzato che ha come riferimento la popolazione italiana». Tradotto: il tasso di letalità calcolato a livello europeo risulta più basso del dato riferito alla popolazione italiana. Per quale motivo? Secondo l’Iss, «le differenze con gli altri Paesi europei, in termini di letalità, sono in parte dovute alla struttura per età della popolazione italiana, relativamente più anziana». Capito? Abbiamo avuto più morti perché siamo più vecchi. Ma allora come mai il Giappone, che ha una popolazione anziana come e più della nostra, ha uno dei tassi di letalità più bassi del mondo? La sensazione è che sia un po’ troppo facile cavarsela dando la colpa all’età. Urge indagare, perché sospettiamo che, se avessimo speso un filo di attenzione in più sulle cure, oggi forse dovremmo contare meno defunti. È per questo che non può passare tutto in cavalleria, che non si può dimenticare e nemmeno perdonare. Serve il coraggio di prendere di petto il problema, serve una inchiesta. Se non altro per imporre il silenzio ai servi della Cattedrale sanitaria che hanno dato il peggio di sé e ancora hanno il coraggio di dare lezioni agli altri.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)