Ci sono delle ricette che non si possono non fare quando viene la bella stagione, ma tra queste ve ne sono alcune che da almeno 200 anni fanno sorgere dispute su chi l’abbia create per primo, su quale sia la versione originale. Noi siamo abituati ogni volta che ci accingiamo a interpretare una preparazione iconica a dire: a modo nostro. Per evitare scomuniche. La parmigiana di melanzane non è un piatto: è un trattato di storia gastronomica e contemporaneamente un fenomeno antropologico. Non accettiamo la disputa geografica, ci interessa piuttosto dire che la melanzana conquista con una certa fatica un posto a tavola. E’ , come il pomodoro (arrivato dall’America centrale col suo colore giallo, diventa rosso con successiva evoluzione) e la patata, una solanacea dunque desta sospetto; consumarla da cruda fa male oltre a essere immangiabile. Così nei mercati meridionali – il sole è il suo primo amico – se ne consumava una gran quantità perché sfama, costa poco e si prepara in mille modi. Ma i ricchi la temevano ed ecco il suo nome: mela insana (le prime arrivate avevano forma quasi sferica). Tant’è che Pellegrino Artusi nella Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene le chiama alla toscana: petonciani. E anche il nome parmigiana nulla c’entra col formaggio, sublime, da grattugia: si dice alla parmigiana riferendosi alle tapparelle parmigiane composte da listelli di legno sovrapposti. Ma ora è tempo di friggere!
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Da «Repubblica» alla «Stampa», via al dibattito sul tramonto del diritto internazionale. Inerme nella lotta per il nuovo ordine.
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Il corteo contro il riarmo fotografa la spaccatura tra Avs, M5s e Pd. E negli stessi dem, presenti con qualche «ribelle». La mozione per fermare la partnership militare è velleitaria: Roma è tra le ultime fornitrici belliche.