2023-02-23
Brunello Cucinelli: «Carlo III si congratulò per il mio completo. Ora lavoriamo insieme»
Brunello Cucinelli (Getty Images)
Lo stilista: «Facciamo parte della task force, ideata dal re, che vuol ripristinare l’armonia ambientale in Himalaya, terra di cashmere, cotone e seta pregiati».A pranzo con il re. Ne parla con quell’affabilità che gli è propria, Brunello Cucinelli. Menù inglese, poche cose. Ma il tempo con Sua Maestà Carlo III è stato di quelli che rimarranno impressi nel cuore dell’imprenditore di Solomeo. «Un grandissimo onore essere ricevuto a Buckingham Palace», ha scritto in un post su Instagram.Perchè da re Carlo?«Siamo stati ospiti insieme al G20 e fu una cosa molto bella per tutti e due, nel 2021 a Roma. Poi a Natale lui mi ha mandato un biglietto con gli auguri chiamandomi Bruno. Allora gli ho risposto con una lettera, bellissima, e una volta ricevuta a una persona ha detto “Brunello mi ha fatto emozionare con la sua lettera, potresti dirgli se viene a pranzo da me?”. E così è stato, venerdì scorso. Ero molto emozionato e solo salendo le scale di Buckingham Palace mi sono sentito parte della democrazia più grande della storia, mi sono anche un po’ commosso. È arrivato lui, molto carino. E m’ha detto “che bell’abito che ha”, gli ho risposto che era di shetland, mentre invece era di cashmere». Cosa aveva scritto in quella lettera?«Da cinquant’anni parla del clima, il primo a farlo, ho ricordato la stimata mamma e quanto sono affascinato da questo progetto in Himalaya insieme». Di che progetto si tratta?«Si chiama Himalayan Regenerative Fashion Living Lab, lo stiamo conducendo insieme con autentica passione. Trovo altamente umanistico l’obiettivo di ripristinare l’armonia ambientale tra le piccole comunità di alcuni territori himalayani così come la creazione in quei luoghi di catene della moda di alto valore. Se ne occupa in particolare Riccardo Stefanelli, Ceo della Brunello Cucinelli Spa, e Federico Marchetti, con me da Re Carlo, presidente della H.M. King Charles’s Sustainable Markets Initiative Fashion task force». In pratica che avviene?« Proprio l’altro giorno sono arrivati i primi cinque chili di cashmere raccolti in questa zona dell’Himalaya dove facciamo questa rigenerazione. Gli ho detto, “Maestà, il cashmere è bellissimo, non è molto ma di altissima qualità”. Cerchiamo di far sì che i terreni tornino a essere coltivabili, piantiamo molte piante e lasciamo molta selvaggina per riprodursi e ricreare l’ambiente. Re Carlo ha fatto undici gruppi di lavoro, dall’abbigliamento ai petroli, all’agricoltura. Territori che si stavano spopolando a causa di una economia che non aveva uno sbocco. Il Re ha unito le aziende mondiali più rappresentative, noi facciamo parte della Fashion task force capitanata da Federico Marchetti, e ha chiesto a ciascuna industria di promuovere, e finanziare e portare a termini progetti legati alla sostenibilità».Voi di cosa vi occupate in particolare?«Dell’abbigliamento: nell’Himalaya dell’Ovest si fa il cashmere, in quella dell’Est si producono cotone e seta. Parliamo di agricoltura rigenerativa. Le capre vivono tra i 3.200 e i 4.000 metri. Cinque chili di cashmere per fare preziose sciarpe. Questo è solo l’inizio». La moda inglese è molto diversa dalla nostra, molto più rigida. «La nostra è d’ispirazione inglese, ma abbiamo tessuti molto più leggeri. In Italia c’è un altro clima e dove lavoriamo non possiamo più portare quei bellissimi shetland di trent’anni fa. L’uomo vestito Cucinelli si distingue».Eleganza maschile sì, ma anche quella femminile firmata Brunello Cucinelli non scherza. La collezione per il prossimo inverno e che state presentando durante questa Fashion Week milanese ne è la testimonianza.«Stiamo tornando a vestirci bene, come dopo la pandemia del 1918-20, quando Edoardo VIII diceva “torniamo a vestirci bene” ed è stato un decennio speciale. Credo stia accadendo sia nell’uomo che nella donna. Abbiamo guardato a una donna di fine anni ’80 primi ’90 chicchissima, elegantissima, pochi pezzi ma speciali. È il nostro concetto di oggi, capi fatti molto bene, e aggiungo capi che non facilmente tu butti, potresti lasciarli in eredità o riutilizzarli in qualsiasi momento della vita». Collezione di grande pregio artigianale, come è nelle vostre corde da sempre.«Prima di tutto dico che gli ordini sono andati benissimo. La collezione si basa su colori neutri con tocco di blu. Linee essenziali, gusto pulito. Tessuti compatti ma leggeri. Lane fini, 17 micron. Escono capi straordinari, se vedeste le donne che li lavorano rimarreste incantati. Sono pezzi speciali che raccontano l’azienda, sia la storia che l’innovazione cercando di essere in sincronia con il tempo. Si chiamano Opera, una maglieria couture, che richiede anche 50, 60, 70 ore di lavoro. Il problema è anche trovare le persone che sanno fare, e qui si torna al discorso fondamentale della formazione, scuole di alto artigianato».In questo lei è stato preveggente.«Le signore che lavorano fanno scuola e si fermano a spiegare. E non solo. D’altronde queste maglie rappresentano questa casa di moda e prendono forma lentamente, un concetto che ci piace trasferire, siamo all’opposto del fast fashion. Questi capi hanno bisogno di cure e attenzioni. Per noi la maglia è qualcosa di speciale, per oltre vent’anni non abbiamo fatto altro. È il nostro tripudio all’artigianalità».Questa è la parola chiave del vostro successo?«Il 52% dei prodotti sono fatti a mano, alcuni lo sono al 100%. Di questi capi se ne fanno circa 200 all’anno. Antiche tecniche miste che si intrecciano e si annodano. Per avere tali risultati gli operai devono prendere uno stipendio più alto e lavorare in condizioni dignitose, altrimenti nessuno lo fa».Che prezzi hanno queste maglie e questi abiti?«Dagli 8/10.000 euro. Un lavoro tridimensionale come la maglia che si sviluppa a forma di stella alpina, un vero capo couture che si crea su manichino proprio come un abito d’alta moda».
Giorgia Meloni e Donald Trump (Getty Images)
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