
Ancora scontri tra correnti per la nomina di Franco Lo Voi alla guida della Procura di Roma. Mi attacca Area: incoerenti. La replica di Giuseppe Cascini: un errore non difendere l’uscente.La nomina, il 22 dicembre, di Franco Lo Voi per la poltronissima della Procura di Roma, il più importante ufficio inquirente italiano, non ha pacificato la magistratura dopo due anni di scontri, ma, anzi, sembra aver segnato un solco più profondo al suo interno, dividendo ancor più le toghe moderate rappresentate da Magistratura Indipendente e quelle progressiste del cartello di Area. Che pure hanno votato tutte insieme per Lo Voi. Ieri nella mailing list dell’Anm MI se la prende con Area, che su Lo Voi ha cambiato idea. I consiglieri Loredana Miccichè, Paola Maria Braggion, Antonio D’Amato e Maria Tiziana Balduini, infatti, hanno rivendicato (dopo aver fatto retromarcia anche loro su Marcello Viola) di aver votato per Lo Voi il 4 marzo 2020. Poi hanno ricordato che in commissione, nel maggio 2019, aveva votato per il procuratore palermitano pure Mario Suriano (Area), e «pertanto», polemizzano con i colleghi, «sarebbe stata auspicabile un’ampia convergenza sulla candidatura» nel marzo 2020, quando, invece venne nominato «un candidato più gradito alla maggioranza allora prevalente, Michele Prestipino, che, unico tra gli altri due, non era stato mai titolare di un ufficio direttivo». La mail continua con una dura lezione: «Come prevedibile, la nomina è stata annullata dal Consiglio di Stato […]. Francamente, non comprendiamo i ripetuti interventi in Plenum dei consiglieri di Area, volti a negare la portata del giudicato e addirittura ad affermare che sarebbe stato necessario un recupero di dignità del Csm per riconfermare la nomina di Prestipino (che neanche loro hanno più riproposto)». Nel Plenum è stato Giuseppe Cascini di Area (procuratore aggiunto di Roma, che potrebbe tornare in servizio in quell’ufficio) a rinfacciare di non aver tenuto botta su Prestipino: «Io mi trovo costretto a esprimere rammarico per un esito che ancora una volta dimostra la difficoltà di questo Consiglio di recuperare autorevolezza e credibilità». E ha evocato i fantasmi dell’hotel Champagne (dove sono state intercettate le chiacchierate notturne di Luca Palamara, dei politici Luca Lotti e Cosimo Ferri, e di cinque consiglieri del vecchio Csm), mandando non pochi messaggi ai colleghi: «Nel giugno 2019 la Procura di Roma è stata epicentro di un terremoto che ha gravemente compromesso la credibilità del corpo della magistratura e del suo organo di governo autonomo». Credibilità che la nomina di Lo Voi non avrebbe consentito di recuperare.Quindi ha difeso a spada tratta la scelta di Prestipino: «In questi due anni due anni e mezzo, se si conta il periodo di reggenza dell’ufficio, è stato capace di ricucire le profonde ferite che avevano dilaniato l’ufficio ricostruendo un clima di armonia di collaborazione e restituendo autorevolezza alla Procura di Roma [...]. Io credo che il Consiglio avesse il dovere di valutare anche dopo le decisioni del giudice amministrativo la possibilità di una scelta di continuità». Secondo Cascini, insomma, «vi erano ampi margini sul piano tecnico per confermare la decisione assunta nel marzo 2020». L’esponente di Area, insomma, sembra aver quasi dovuto ingurgitare il voto per Lo Voi, che per la sinistra giudiziaria appare come un boccone amaro. Riascoltando la seduta del Plenum si ha la netta sensazione che anche altri siano rimasti scontenti. Come i due alfieri dell’Antimafia Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo, che hanno votato a favore dell’altro candidato in lizza, il procuratore generale di Firenze Viola. È stato Di Matteo a fornire una lettura più politica della questione: «Io ritengo che il grande vero motivo per il quale a mio avviso non viene adeguatamente valorizzato nel giudizio comparativo il profilo eccellente di Viola sia legato alla vicenda dell’hotel Champagne [...]. Non dobbiamo essere ipocriti con Viola, che in tutta questa vicenda è stato gravemente e ingiustamente penalizzato». Il Plenum, insomma, sembra essere ancora sotto botta a due anni di distanza dai fatti dell’hotel Champagne.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






