
Nella scelta del vicepresidente il Movimento gioca a carte coperte ma spinge il professor Filippo Donati. Nonostante lo stop di Sergio Mattarella ai «politici», il renziano David Ermini resta in corsa.Ma nei 5 stelle con chi bisogna parlare di Consiglio superiore della magistratura? È questa la domanda che si è rincorsa dentro e fuori Palazzo dei Marescialli negli ultimi due mesi. E che si è riproposta fino alla vigilia del voto di oggi per eleggere il nuovo vicepresidente dell'organo di autogoverno delle toghe. L'altra, più che una domanda, è una constatazione. Se alla fine a spuntarla sarà David Ermini, il consigliere laico già deputato del Pd di stretta osservanza renziana, le prime pratiche che si troverà a maneggiare riguarderanno proprio il suo partito di cui è stato a lungo responsabile giustizia: Consip, con il processo disciplinare a carico del pm napoletano Henry John Woodcock che secondo le accuse, avrebbe torchiato in assenza delle garanzie difensive l'ex consigliere di Renzi a Palazzo Chigi. E il caso di Michele Emiliano che dovrà essere riesaminato dal Csm dopo che la Corte Costituzionale ha stabilito la legittimità della norma che vieta la partecipazione sistematica e continuativa dei magistrati ai partiti politici. Ma al di là di questo elemento di possibile imbarazzo, altrettanto certo è che Ermini può contare su un pacchetto di voti tale da avvicinarsi al quorum per l'elezione. E si tratterebbe della prima volta di un vicepresidente non filogovernativo. Sul suo nominativo certamente convergeranno i voti dei cinque togati di Magistratura Indipendente il cui leader storico, Cosimo Ferri, siede oggi tra i banchi dei parlamentari dem. Ma anche di tutti quei togati che temono che un vicepresidente dal profilo squisitamente accademico possa essere un elemento di debolezza per la categoria dei magistrati. Specie se Matteo Salvini riuscirà a trasformare la giustizia, come ha già fatto con i migranti, in una straordinaria macchina di costruzione del consenso: da questo punto di vista il sequestro dei fondi della Lega da parte della Procura di Genova su cui il Capitano ha chiamato in causa direttamente il capo dello Stato (che è poi anche presidente del Csm) è stato solo un antipasto. Ermini, in questa prospettiva, potrebbe rappresentare per qualcuno un argine, per quanto debole data la sua chiara connotazione politica. Per essere eletto ha bisogno anche dei voti di Area, la corrente di sinistra uscita ridimensionata rispetto alla rappresentanza nella consiliatura che si è appena conclusa. E che oggi, al ministero guidato da Alfonso Bonafede del M5s, conta assai meno che nel recente passato: il Guardasigilli ha voluto Fulvio Baldi, vicino a Unicost, come nuovo capo di gabinetto a via Arenula. E pure della corrente centrista è il nuovo capo delle carceri, Francesco Basentini. Due caselle pesanti che insieme ad altre hanno letteralmente cambiato gli assetti preesistenti all'interno del dicastero che ha una connessione funzionale strettissima con i lavori del Csm.Certamente le decisioni sulla pattuglia di magistrati valorizzati da Bonafede nulla hanno a che fare con la partita dell'elezione del vicepresidente del Consiglio superiore. Ma è un fatto che Unicost esprima 5 seggi a Palazzo dei Marescialli. E l'attivismo di Bonafede al ministero non è passato inosservato tra quanti guardano con sospetto all'ostentata inerzia pentastellata sul dossier per la successione a Giovanni Legnini. Si intende dare l'impressione che nessuno nel Movimento stia brigando per mettere in fila tutti i voti che servono per eleggere uno dei tre professori universitari scelti con la consueta consultazione sulla piattaforma Rousseau: eppure Fulvio Gigliotti, Alberto Benedetti e Filippo Donati sono tutti in corsa. Senza sgomitamenti della politica, proprio come ha chiesto Sergio Mattarella che ha pure ricordato come sia lui stesso il garante dell'istituzione contro eventuali interferenze. Tra i tre, sottolinea chi non si perde una mossa di Bonafede, Donati insegna diritto costituzionale all'università di Firenze, la stessa del ministro della Giustizia e del premier Giuseppe Conte.
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