2024-07-21
Il consigliere togato conferma il pressing: «Io non avrei votato con la Natoli in aula»
Andrea Mirenda (Imagoeconomica)
Andrea Mirenda è il primo a suffragare la ricostruzione della «Verità». La laica di Fdi prepara la sua difesa ed è pronta al contrattacco. Nel caso della consigliera laica del Csm Rosanna Natoli a scandalizzare tutti è l’incontro tra il «giudice» della sezione disciplinare con la sua incolpata. Senza tenere conto che la situazione per il giudice sotto procedimento, Maria Fascetto, non è migliorata e la toga resta al momento sospesa dalle funzioni e dallo stipendio. Non siamo qui a difendere la Natoli, la quale peraltro ha ammesso ella stessa di «avere imperdonabilmente sbagliato nell’incontrare la magistrata di Catania sottoposta al giudizio della commissione». Ma ha anche confermato le pressioni da lei subite per non partecipare al plenum di mercoledì dove è stato deciso il nome del procuratore di Catania, eletto per un solo voto di differenza. Vincitrice è risultata la toga progressista Francesco Curcio, il quale ha prevalso sul centrista Francesco Puleio, procuratore aggiunto proprio a Catania. Resta agli atti il comunicato della Natoli, dove si legge: «Tralascio allo stato le modalità per le quali ho deciso di disertare l'ultima plenaria come suggeritomi da componenti togati del Csm». Una frase sibillina che ha confermato le nostre ricostruzioni. In cui abbiamo indicato anche il ruolo di altri consiglieri del Csm, a partire da quello di Mariafrancesca Abenavoli, della corrente progressista di Area, del vicepresidente in quota leghista Fabio Pinelli, della laica di Forza Italia Isabella Bertolini, ma anche quello, asserito dalle nostre fonti, del consigliere giuridico del Quirinale Stefano Erbani. La Bertolini, su richiesta di Pinelli, avrebbe riferito alla Natoli, collega in quota Fdi, la volontà da parte di diversi consiglieri, da quelli progressisti a quelli di Unicost, di impedire la partecipazione della Natoli all’assemblea. Pena, in caso di sua presenza, la gogna pubblica: la denuncia, in diretta radiofonica, dell’incontro carbonaro con la Fascetto. Un consigliere laico riassume l’atteggiamento con due parole: «Il muro dei togati». Inizialmente la Natoli ha provato a resistere, è stata male, ha pianto e, infine, ha ceduto, ritirandosi in Senato, forse per conferire con il pigmalione Ignazio La Russa. Ma già il giorno dopo era pronta alla pugna, a denunciare le pressioni, come testimonia il comunicato. Ma chi ha avuto modo di parlare con lei ieri l’ha trovata più rinunciataria. Gli amici parlano di postura istituzionale: «Se denuncerò le pressioni? Vediamo. In fondo sono stata io a ritenere più corretto di non entrare a votare. Non sono stata incatenata. Per il rispetto dell’istituzione e del Csm ho deciso di ascoltare il consiglio che mi veniva dai colleghi» avrebbe spiegato conciliante. Ma poche ore fa la versione era molto diversa e dava conto di un assedio a cui erano seguiti, come detto, mancamenti e lacrime. C’è chi fa notare che in ballo c’è la sua conferma nel parlamentino di Palazzo Bachelet. La consigliera, infatti, resta ferma sulla questione delle dimissioni che non sembra intenzionata a rassegnare. Pinelli prima di decidere la linea da tenere attende di incontrare domani il presidente Sergio Mattarella al Quirinale. Da parte sua la Natoli, sempre lunedì, vedrà l’avvocato Giuseppe Valentino, storico legale della destra e per qualche giorno vicepresidente in pectore di questo Csm prima di essere trombato per alcune veline sul suo conto pubblicate a orologeria. Con lui la Natoli deciderà la strategia da tenere e i contenuti delle memorie da allegare alle dimissioni dalla sezione disciplinare del Csm già consegnate a Pinelli.La donna è stata inguaiata dall’audio della conversazione durata circa 90 minuti avuta con la Fascetto. Ma nella trascrizione manca la parte finale, quella dove la giudice che registrava resta a parlare con l’avvocato Salvatore Milazzo, organizzatore dell’incontro. La Natoli vuole capire perché quella parte di dialogo non sia stata trascritta ed è intenzionata a chiedere copia della registrazione integrale, da ottenere anche attraverso un’apposita querela. Al momento la priorità sembra quella di minimizzare la gravità del summit riservato, ricondotto a motivi umanitari (la giudice avrebbe problemi di salute), rispetto alla battaglia contro le pressioni subite da parte degli altri consiglieri del Csm e che avevano come obiettivo la sua estromissione dall’assemblea.I pierini della magistratura, i componenti della corrente non corrente Articolo 101 (quello che recita «La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge») ieri sono gli unici ad avere adocchiato la luna e non solo il dito. E un post firmato dal giudice Nicola Saracino pubblicato su Internet e intitolato «Due pesi e due misure» ha questo incipit: «Lo scandalo Natoli è scoppiato, la rassegna stampa odierna ne offre tutti i risvolti. Compreso quello del famelico e rapidissimo approfittamento delle correnti per alterare la maggioranza dietro alla scelta del nuovo procuratore di Catania, costringendo proprio la consigliera di origini etnee a non partecipare alla seduta di plenum, che altrimenti l’avrebbero pubblicamente dileggiata».Il gruppo di Articolo 101 ha un rappresentante al Csm, il giudice Andrea Mirenda, il quale a proposito delle pressioni subite dalla Natoli, ci spiega: «Serietà mi impone di rispondere solo per ciò che conosco e, dunque, solo per me (oltretutto in posizione adamantina, essendo un proponente di Puleio). Per quanto mi riguarda, nessuna coartazione di Rosanna a non partecipare al plenum. Con Rosanna Natoli io non ho proprio conferito; con lei parlarono solo gli altri laici del centro destra, a cui feci sapere che mi sarei semplicemente allontanato silenziosamente dall’aula ove Natoli avesse deciso di partecipare all’assemblea. Nessun discorso, nessun intervento, per evitare pressioni improprie sul Capo dello Stato chiamato a esaminare la vicenda.Ferma, quindi la libertà della collega di prendere parte o meno all’assemblea. Laddove ella fosse stata presente avrei esercitato anch’io pari libera determinazione». Un’ammissione, seppur sfumata, di quanto ricostruito dalla Verità. Se la Natoli fosse scesa in aula per votare avrebbe trovato una sala vuota oppure la levata di scudi dei colleghi pronti a raccontare pubblicamente le sue presunte malefatte. A questo punto abbiamo chiesto a Mirenda se la presenza della Natoli avrebbe determinato l’illegittimità della deliberazione. Risposta: «Certo che no, figuriamoci. Questa è grammatica giuridica». Quindi perché era pronto a lasciare l’aula? Il parametro è quello della opportunità politica anziché quello della legittimità o meno dell’atto?«Credo che quella fosse stata sensibilità estesa, condivisa persino dai laici che le parlarono. Le ragioni etiche e deontologiche hanno ancora un senso oppure no, me lo dica lei? La politica non c’entra proprio…» ci risponde il consigliere un po’ piccato. A questo punto ci scappa una considerazione che Mirenda proprio non gradisce: «Siamo al Csm etico…». Il giudice non nasconde il fastidio e chiude la conversazione: «Fine della trasmissione. Buona serata». Nella parte precedente del dialogo aveva fatto riferimento anche al presunto sostegno a favore di Curcio da parte del procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo, di cui, però, non sarebbe stato diretto testimone: «Io ho votato convintamente e serenamente per Puleio, a testa alta e forte delle emergenze del testo. Plausibile, tuttavia, il voto per Curcio, posto che i due erano divisi solo da sfumature in termini di titoli. Come è andata lo sappiamo, ma mi rallegro senz’altro per la nomina del dottor Curcio, dato il suo sicuro valore. Tuttavia, leggendo i giornali, una domanda pare d’obbligo: che significato può avere, sul piano istituzionale, apprendere che questa nomina è stata «fortemente sponsorizzata» dal Procuratore nazionale Antimafia? Cosa significano queste parole? Quale ruolo compete a questo alto magistrato nel procedimento di nomina dei dirigenti giudiziari vista l’esclusiva prerogativa del Csm in questo ambito? E ancora, laddove tale sponsorizzazione vi fosse stata effettivamente (salvo errore, non ricordiamo smentite…), com’è avvenuta? Verso chi? Domande di grammatica costituzionale che, per la loro delicatezza, meriterebbero pronta risposta, giusto per capire chi fa che cosa…».Nel frattempo l’avvocato Carlo Taormina, che non ha gradito il suggerimento dato dalla Natoli alla sua assistita Fascetto di affiancargli un «tecnico» esperto di questioni disciplinari, ha preparato un ricorso per ricusazione dell’intera sezione disciplinare in vista dell’udienza del 23 luglio. Il legale prima di chiedere la ricusazione prende atto di alcuni fatti. Che la Natoli nella registrazione «usa quasi sempre il plurale» e sembra parlare a nome della sezione disciplinare; che di fronte alla minaccia di denuncia formulata dalla Fascetto, la Natoli «rispondeva per tutti i componenti “si lei lo fa… lo fa giusto? Ma poi ta facemo i pernacchi”, con evidente riferimento alle risposte che l’intera sezione disciplinare avrebbe dato»; che «la volontà comune sarebbe stata quella di esautorare l’avvocato difensore nei confronti del quale la maggior parte della sezione disciplinare, particolarmente il presidente Pinelli, nel corso di tutte le trattazioni pubbliche e camerali, aveva mostrato ostilità, fino a costringere il difensore ad abbandonare la difesa della sottoscritta».Per questo, in particolare per la frase «ce facemu i pernacchi», la Fascetto e Taormina hanno chiesto la ricusazione dei componenti della sezione: Pinelli, Genantonio Chiarelli, Antonio Laganà, Paola D’Ovidio e Roberto Fontana.Taormina annuncia anche una denuncia per falso ideologico per i presunti pasticci avvenuti in Camera di consiglio a danno della sua assistita: «Questo comporterà la permanenza del processo a Roma perché il falso ideologico è reato più grave della violazione del segreto della Camera di consiglio» che sarebbe stato commesso in Provincia di Catania, dove la Natoli ha incontrato nel novembre scorso la Fascetto. La possibile scelta di non insistere nel contestare la votazione su Curcio potrebbe far pensare che la Natoli tema di essere indagata a Catania, mentre il suo accusatore, l’avvocato Taormina pare più interessato a tenere il procedimento nella Capitale. Il legale, infine, ci fa sapere che a cercare la Fascetto sarebbe stata la Natoli e lo avrebbe fatto «per le preoccupazioni nutrite da vari magistrati di Catania per il verminaio che la Fascetto aveva scoperto», legate soprattutto ai conflitti di interesse di alcune colleghe della donna nella sezione esecuzioni immobiliari del Tribunale di Catania, dove mariti e amanti avrebbero ricevuto vantaggi nelle procedure e nelle aste giudiziarie. Ma questa è un’altra storia che, forse, è destinata a tornare d’attualità.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 16 settembre con Carlo Cambi
Il killer di Charlie Kirk, Tyler Robinson (Ansa)