
Rosanna Natoli, membro laico del Consiglio, è stata costretta alle dimissioni dalla sezione disciplinare dopo il deposito di un audio di un colloquio riservato. Le toghe progressiste le avrebbero impedito di votare per il procuratore di Catania. La nomina del procuratore di Catania è come l’Etna. Può sembrare calmo, ma dentro nasconde lava infuocata. La votazione di mercoledì al plenum ha, però, incuriosito molti e alla fine è esploso un caso clamoroso, dove un membro della sezione disciplinare del Csm, Rosanna Natoli, avrebbe dato consigli a una propria «incolpata» sui comportamenti da tenere nel procedimento. Ma quest’ultima, il giudice civile Maria Fascetto, ha registrato tutto e il suo avvocato, Carlo Taormina, martedì, ha depositato l’audio a palazzo Bachelet. Risultato, la Natoli si è dimessa dalla sezione disciplinare, il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli ha inviato la chiavetta con l’audio alla Procura di Roma, e sempre la Natoli ha fatto mancare il suo voto, decisivo per la nomina a procuratore di Catania dell’attuale aggiunto Francesco Puleio, della corrente centrista di Unicost. Al suo posto è stato scelto Francesco Curcio, esponente di punta dei progressisti di Area, assai stimato (e per qualcuno sponsorizzato) dal procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, anche lui proveniente dalla stessa corrente.A quanto risulta alla Verità la Natoli, dopo la sberla dell’audio, avrebbe ricevuto la richiesta di Pinelli di dare le dimissioni dalla sezione disciplinare. La consigliera le avrebbe preparate, ma avrebbe chiesto di non protocollarle per poter avere il tempo di ascoltare l’audio per meglio comprendere in che termini fosse avvenuto il colloquio. Ma la situazione sarebbe peggiorata la mattina successiva quando la laica di Forza Italia Isabella Bertolini si sarebbe presentata nella stanza della collega in veste di ambasciatrice. E avrebbe annunciato alla Natoli che i colleghi erano pronti ad aprire il plenum chiedendo le sue dimissioni e raccontando quanto accaduto. Nell’occasione la Natoli viene anche a sapere che erano stati inviati gli atti in Procura e che gli altri consiglieri citati nell’audio erano preoccupati per il proprio coinvolgimento. Dopo poco la Bertolini sarebbe tornata alla carica spiegando che era stata trovata una mediazione: «Loro non dicono nulla in plenum, ma tu non devi entrare in aula». Un diktat che sarebbe stato riferito a Pinelli da una consigliera di Area. La Natoli, a questo punto, secondo le nostre fonti, avrebbe avuto un leggero malore e sarebbe scesa al bar. Dopo un pianto liberatorio sarebbe tornata al Csm e avrebbe comunicato la sua intenzione di votare per la Procura di Catania alla Bertolini. E questa avrebbe ribadito che la consigliera di Area aveva annunciato al vicepresidente che lei e i suoi avrebbero preso la parola e avrebbero raccontato su Radio radicale quanto avvenuto. La prima presidente della Cassazione Margherita Cassano avrebbe confidato la sua grande preoccupazione per i possibili danni per l’istituzione. Parole che avrebbero convinto la Natoli a rinunciare al voto.I consiglieri della sinistra giudiziaria (Area e Magistratura democratica) hanno sostenuto compatti Curcio e a essi si sono uniti i colleghi di Unicost (la stessa di Puleio), capitanati da Marco Bisogni. Al procuratore uscente di Potenza sono, però mancati i voti dei laici del Pd e del Movimento 5 stelle. Altro mistero.Così la spinta decisiva è arrivata dalla toghe conservatrici di Magistratura indipendente. Ha scommesso su Curcio, infatti, anche Maria Luisa Mazzola, mentre un altro esponente di Mi, il siciliano Dario Scaletta, si è astenuto.Grazie a questi magistrati di destra, ha vinto una toga progressista. Che non ha convinto i laici di sinistra.Per arrivare a questa sorprendente nomina, però, sulla via dell’elezione sono dovuti cadere anche altri due aggiunti della Procura di Catania, Ignazio Fonzo e Sebastiano Ardita, la cui candidatura sembrava la più autorevole e adatta a portare, culturalmente, a destra la Procura della Provincia del presidente del Senato Ignazio La Russa. E, invece, improvvisa, è arrivata la virata a sinistra, anche grazie alle (difficilmente comprensibili) mosse della destra.Certamente l’astensione della Natoli, considerata una pupilla proprio della seconda carica dello Stato (sono entrambi originari di Paternò, dove la donna esercitava la professione legale), è stata inaspettata e qualcuno, come detto, sembra abbia fatto notare alla diretta interessata l’inopportunità di un suo voto nella disfida sicula.Un’assenza che è risultata decisiva e ha portato qualcuno a ipotizzare che il deposito, alla vigilia del plenum, della chiavetta con l’audio non sia stato casuale.La Fascetto è stata incolpata davanti alla sezione disciplinare perché secondo la presidente della sezione delle esecuzioni immobiliari di Catania, Marisa Acagnino, la collega avrebbe minacciato telefonicamente un impiegato dell’ufficio Riscossione di Enna. La giudice ha sempre negato la conoscenza dell’uomo, non solo le minacce, ma la Procura di Messina ha aperto un procedimento penale per tentata concussione e le carte sono finite a Roma. Al telefono la Fascetto si scalda: «Io non ho nemici, sono loro che sono corrotti». Fiuta dopo anni l’aria della rivincita e non usa parole di circostanza: «Questa volta forse ho fatto centro, avendo depositato al Csm la dichiarazioni di questa Natoli che mi ha contattato per minacciarmi. Per minacciarmi. Un laico che funge da giudice mi contatta con una spavalderia, con un’arroganza. Mi dice: «Noi le diamo una mano se lei fa quello che le diciamo noi». Io ero sconcertata. «Lei deve stare zitta. Non deve parlare contro la Acagnino». Cosa? Rispondo: «Lei non può fare e dire quello che sta dicendo. Lei funge da magistrato… il che è vergognoso». «Guardi, faccia una denuncia e noi le faremo le pernacchie». Parlava a nome della sezione. Io ho registrato tutto. Ho fatto fare anche la trascrizione, la perizia forense». Ecco il contenuto. Che, però, non corrisponde in pieno al racconto che di quell’episodio fa la Fascetto.La toga sotto disciplinare è in campo neutro, a casa di un amico di entrambe, dove è stata convocata e dove sono presenti anche Salvatore Milazzo e Giuseppe Failla. Natoli sgombra il campo dicendole da che parte sta: «Allora, la sua causa l’hanno perorata in tanti». Fascetto sembra giustificarsi: «E sono tutti amici, guardi». Come «Angelo (Angelo Patanè, ndr)», che, spiega Natoli, le aveva chiesto di incontrarla e al quale aveva risposto: «Non c’è bisogno, so quello che debbo fare». Poi, però, ci ha ripensato. L’obiettivo è evitare alla Fascetto un pesante intervento disciplinare sull’anzianità di servizio. «È già per il fatto che me l’aveva detto Pippo (Giuseppe Failla, ndr)», afferma Natoli, «io avevo preso a cuore la situazione». Fascetto ringrazia. E la questione entra nel vivo. Il rischio, le spiega Natoli, è che al suo posto si sarebbe potuto ritrovare «Genantonio Chiarelli». «Ma Chiarelli è vicino alla Acagnino», replica Fascetto. E Natoli scivola proprio sull’appartenenza della Acagnino: «È Unicost», dice. Fascetto la corregge: «No, Acagnino è Area! Me l’ha detto a me Palamara, io non so nulla di correnti». E Natoli, che invece si sente ormai preparata, risponde: «No no, io ho imparato. [...]. Qua devi imparare le correnti». E arrivano al punto. Natoli le spiega che la situazione si era messa bene: «Ho parlato con la D’Ovidio, con Pinelli, «Senti, ma la censura va bene». Poi, però, sembra farle una ramanzina: «Lei dottoressa, ha sbagliato. Lei in un’ordinanza ci va a scrivere tutta quella cammarata contro la Acagnino». Un’affermazione che Fascetto contesta. Gli animi si scaldano e le voci si accavallano. Finché si sente Natoli che dice: «Io l’avrei assolta [...[. Debbo avere la possibilitå di motivare...». E c’è un’altra premessa: «Lei è sotto scopa della Procura generale», dice Natoli che subito si lancia in una ramanzina: «Io ero riuscita a convincere tutti per la censura, lei quel giorno, ha avuto uno sfogo bestiale contro la Acagnino. [...] con quel suo sfogo mi rovinò il lavoro che avevo fatto. [...] Se lei però, anziché parlare in quel modo [...] avesse detto «io ho subito un sopruso dall’Acagnino in questi anni, punto», noi a quest’ora oggi eravamo alla censura, e lei se ne usciva alla grande».L’avvocato di Paternò ieri è ripartita per la Sicilia e non ha rilasciato dichiarazioni. Dal 2009 al 2012 è stata consigliere comunale del suo paese in quota Alleanza nazionale. Dal 2017 al 2019 coordinatrice del circolo «Nino La Russa», dal 2019 al 2021 assessore «designata da Fratelli d’Italia», dal 2017 è stata anche componente dell’Assemblea nazionale del partito di Giorgia Meloni.La Natoli mercoledì è stata avvistata in Senato, l’istituzione presieduta da La Russa, ma non a Palazzo Bachelet. Qui mercoledì non si è presentata. Lasciando via libera alla nomina di Curcio. Ma come si è arrivati a questo ribaltone? Alcune fonti ben informate ci hanno aiutato a ricostruire la vicenda.Procuratore della Repubblica di Catania fino a ottobre 2023 è stato Carmelo Zuccaro, il primo a mettere nel mirino le Ong.Quest’ultimo, prima di passare al nuovo ufficio di pg, fa una cosa inusuale e nomina reggente dell’ufficio la più giovane tra gli aggiunti (sorta di vice capi), facendo infuriare i più anziani, tanto da indurli ad impugnare il provvedimento davanti al Csm. Che però conferma le decisioni di Zuccaro. Quando si apre il concorso per la successione di quest’ultimo presentano domanda tre aggiunti catanesi, due di Palermo e, a sorpresa, all’ultimo momento utile, il procuratore della Repubblica di Potenza, Curcio. Inizialmente tutti i bookmaker danno per favorito Ardita, ma questi deve scontare il peccato originale di aver lasciato Magistratura indipendente e anche, sembra, quello di aver votato nella precedente consiliatura contro una toga vicina a un membro dell’attuale Consiglio. Autorevoli esponenti di Mi pongono un veto su Ardita.A rendere ardua la corsa di Puleio e Fonzo è, invece, l’ammutinamento contro Zuccaro, tanto che il succitato Bisogni, nella sua indicazione di voto in favore di Curcio, il papa straniero, fa proprio riferimento alla presunta conflittualità che avrebbe agitato il suo ufficio.Il 23 maggio scorso viene scelto in commissione il procuratore in pectore e l’esponente di Unicost punta insieme con il collega di Area e con la consigliera di Magistratura indipendente su Curcio, mentre per Puleio si esprimono i laici di centrodestra e un membro del Csm fuori dalle correnti. Con questa doppia proposta si va alla votazione del plenum del 17 luglio, dove scoppia la bomba Natoli.
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
Alice ed Ellen Kessler nel 1965 (Getty Images)
Invece di cultura e bellezza, la Rai di quegli anni ha promosso spettacoli ammiccanti, mediocrità e modelli ipersessualizzati.
Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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