Le ultime stime attestano il raccolto sotto i 3,5 milioni di tonnellate mentre da Est è in atto una vera invasione. Per sostenere il settore, Consorzi agrari d’Italia lancia i future sulla mietitura: «Compenso certo ai contadini».
Le ultime stime attestano il raccolto sotto i 3,5 milioni di tonnellate mentre da Est è in atto una vera invasione. Per sostenere il settore, Consorzi agrari d’Italia lancia i future sulla mietitura: «Compenso certo ai contadini».Servirebbe Nazareno Strampelli, l’uomo, com’è inciso sulla sua casa natale a Crispiero, nel Maceratese, che «da una spiga di grano ne fece due» per superare una crisi davvero preoccupante per il frumento duro e che può avere un impatto forte sulla nostra industria della pasta (7 miliardi di fatturato), con possibili impennate di prezzo. Le stime che escono sia dal Durum days che si tiene come sempre a Foggia (la Capitanata è il granaio d’Italia e lì Nazareno Strampelli selezionò il grano Senatore Cappelli), dove si danno appuntamento, Cia, Confagricoltura, Confcooperative, Italmopa (l’Associazione industriali mugnai d’Italia), sia dalla «Gionata in campo» promossa da Coldiretti, Consorzi Agrari d’Italia (Cai) con la partecipazione di Sis (Società italiana sementi) a San Lazzaro di Savena nel Bolognese, sono allarmanti: la produzione di grano duro scenderà in Italia al di sotto dei 3,5 milioni di tonnellate.È il raccolto più scarso, lo certifica il Crea, da dieci anni a questa parte, con un crollo del 15% rispetto alla media delle ultime campagne e di oltre otto punti rispetto allo scorso anno. Coldiretti e Cai aggiungono un altro dato molto preoccupante: «Le superfici coltivate si sono ridotte, per il grano duro, dell’11% rispetto all’anno precedente, scendendo sotto gli 1,2 milioni di ettari, con punte di meno 17% nelle aree del Centro Sud, da dove viene circa il 90% del raccolto nazionale».Alla vigilia delle elezioni europee viene da domandarsi se l’abbandono di questi campi non sia causato anche dalle «follie» green dell’Ue. Prima della miniriforma Pac varata due settimane fa e voluta dall’Italia col ministro Francesco Lollobrigida, si obbligava all’abbandono del 4% delle terre coltivate, s’imponeva la rotazione delle colture e l’impossibilità di riconvertire a grano i pascoli dismessi. Ma vi è anche un’altra ragione, anche questa legata al green, ora scongiurata con l’approvazione definitiva del decreto Agricoltura (il via libera del Quirinale e la conseguente «bollinatura» sono di due giorni fa) che è la destinazione dei campi a fotovoltaico e pale eoliche, pratica ora non più possibile. Proprio nel Foggiano, nel triangolo Cerignola-Deliceto-Ascoli Satriano, sono stati avviati gli espropri di campi da parte delle ditte installatrici di pale eoliche in forza del decreto Semplificazioni del governo di Mario Draghi che definisce le energie rinnovabili di interesse strategico e, in deroga al Codice dell’ambiente, installabili ovunque.Col decreto Agricoltura è stato posto un freno, ma la crisi del grano permane. Per la Coldiretti, l’abbandono delle superfici coltivabili è stato causato anche dal crollo dei prezzi nel momento della semina. L’invasione di grano russo e turco (900.000 tonnellate secondo i dati del centro studi Divulga) e di quello candese (1,3 milioni di tonnellate) oltretutto coltivato con ampio uso di glifosato, l’erbicida disseccante più potente e contestato, in fase di pre-raccolta, pratica vietata in Europa, ha fatto crollare le quotazioni. Un’ulteriore causa di riduzione della produzione è l’andamento climatico sfavorevole. Secondo i dati di Coldiretti, la siccità ha prodotto in Puglia cali del 20%, oltre il 30% tra Basilicata e Calabria, in Sicilia si toccheranno punte di riduzione dei raccolti del 70%.Per fare fronte a queste difficoltà (oscillazioni di prezzo, danni dalla siccità, incertezza sui raccolti), Consorzi agrari d’Italia con il sostegno di Sis e di Coldiretti ha messo in campo - è il caso di dirlo - una strategia che comprende: contratti di filiera, ricerca sul germoplasma dei cereali e il lancio di un future sul grano. Spiega Gianluca Lelli, amministratore delegato di Cai che fa capo a Bf spa, con ricavi per 1,2 miliardi e oltre 20.000 soci: «Con i contratti di filiera abbiamo raccolto oltre 400.000 tonnellate di grano, dato che ci pone al primo posto come operatori nazionali. Cai registra un +2% sul totale del volume ritirato, con un incremento dovuto proprio all’aumento delle filiere del grano duro Senatore Cappelli. Con il lancio del future sul grano assicuriamo il prezzo all’agricoltore, il solo imprenditore che non sa, quando comincia la sua attività, quanto ne ricaverà. Col il future, Cai prova a scardinare questa logica con un unicum in Italia», sottolinea Gianluca Lelli , «stabilendo a priori quale sarà il prezzo del ritiro del prodotto a fine campagna. Così garantisce all’agricoltore un prezzo di vendita su cui può tarare le proprie aspettative e i propri investimenti anche con due anni di anticipo e con un minimo garantito».Con il lavoro di ricerca di Sis è stata, infine, messa a punto una nuova varietà di grano, il Superbo, che sarà distribuita con la prossima semina: è particolarmente resistente alla siccità. È un’agricoltura fortemente innovativa, che cerca di resistere alla crisi del grano (per il tenero la situazione è migliore: oltre 3 milioni di tonnellate, +1,4% delle superfici coltivate pari a 600.000 ettari, ndr) che è una materia prima fondamentale: siamo leader mondiali nella pasta. Ne facciamo 3,7 milioni di tonnellate, ne esportiamo 2,2 milioni pari al 57% per un fatturato che supera i 7 miliardi, ma siamo costretti a importare quasi 2 milioni di tonnellate di grano duro e quest’anno ne compreremo molto di più. I dati Igc (International grain council, ndr) dicono, però, che complessivamente la produzione è buona (Canada +40%, Usa +25%, Russia +20%, Turchia +5%) e, nonostante ci sia bisogno di rifare le scorte mondiali, non dovrebbero esserci movimenti speculativi.
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