2025-09-07
«Per uscire dalla crisi spirituale dobbiamo combinare mente e corpo»
Rod Dreher (Getty Images)
L’intellettuale americano ospite alle Tavole di Assisi: «Siamo bloccati nella parte del cervello che vede la verità solo se è scientifica. Ma per trovare Dio bisogna pregare e osservare tutto il bello della Chiesa».Rod Dreher, uno dei più importanti intellettuali d’Occidente, era ieri in Italia per partecipare alle Tavole di Assisi, dove ha presentato il suo nuovo e splendido libro Vivere nella meraviglia (Giubilei Regnani editore). Nel 2017 è uscito L’opzione Benedetto, il suo bestseller che spiegava come cristiani e conservatori potessero vivere in un mondo ostile. Che cosa è cambiato da allora? «Quando L’opzione di Benedetto è stato pubblicato in America, alcune persone pensavano che fossi un allarmista. Pensavano che le cose non sarebbero mai andate così male come prevedevo. E poi è arrivata la rivoluzione woke. Le persone di cui parlo nel libro, i cristiani e quanti non erano legati alla cultura woke e hanno perso il lavoro, sono stati intimiditi. Vede, alcuni pensano che L’opzione Benedetto consista nella fuga, nel ritirarsi a Subiaco. Ma non è così. Oggi la mia risposta è la stessa del passato: dobbiamo vivere nel mondo ma anche, ogni tanto, prenderne le distanze. Per affrontare questo mondo, dobbiamo essere in grado di ritrovare il piacere di leggere le Sacre scritture, di ritrovare la nostra spiritualità e, soprattutto, di contemplare una vera e propria resistenza».Nel suo nuovo libro parla molto di «disincanto». A che cosa si riferisce? «Quando parlo di disincanto intendo la sensazione che tante persone moderne, soprattutto i giovani, hanno sul mondo che non ha alcun significato, che non ci sia alcuno scopo. Come cristiano, credo che questo sia falso. Quindi, con questo libro, cerco di aiutarli a comprendere i tesori che abbiamo nella fede cristiana, a sperimentare che cosa voglia dire avere un significato e che cosa sia il senso della presenza di Dio. Tutte cose che non arrivano attraverso la politica. Il grande teorico dei media cattolico, Marshall McLuhan, ha detto che quando la religione diventa concetto, cioè quando prendiamo l’esperienza di Dio e la trasformiamo in idee e dottrine, allora questa inizia a morire. Dobbiamo utilizzare dei concetti per poter parlare di religione. Ma l’essenza della religione è ciò che McLuhan chiamava percezione, l’esperienza diretta di Dio che, di solito, otteniamo attraverso la preghiera. Quindi, in questo caso, abbiamo anche cristiani fedeli che hanno tutti i pensieri corretti in testa ma sentono ancora una certa aridità spirituale. Vogliono sentire la presenza di Dio in modo mistico. È di questo che parla il mio libro. Questo è ciò che intendo per disincanto cristiano».A parlare di disincanto della società moderna è stato Max Weber. E da allora la religione sembra essere sempre più espulsa non solo dalla vita politica ma, in generale, dalla scena pubblica. «La mia fede è più importante della mia politica e la mia politica viene dopo la mia fede. Se la nostra fede è qualcosa che vive solo nella nostra testa e non è piena d’azione nella nostra vita, allora è morta. La Bibbia dice questo, la vita di San Francesco d’Assisi dice proprio questo, quindi penso che una delle cose di cui l’Europa abbia più bisogno oggi sia una vigorosa cultura cristiana. Non si tratta solo di andare in chiesa la domenica, ma di andarci durante tutta la settimana. E, in effetti, penso che i fondatori dell’Unione europea, Robert Schuman e Alcide De Gasperi, si aspettassero qualcosa del genere. Ma oggi si guarda Bruxelles e sembra che lì siano terrorizzati dalle persone che credono davvero».In effetti... «Lei ha menzionato Max Weber, che ha notoriamente parlato del disincanto del mondo moderno. Fin dall’Illuminismo, è stato privilegiato il modo di conoscere le cose scientificamente e analiticamente, abbiamo dimenticato di bilanciarlo con la conoscenza delle cose attraverso la poesia, la religione, l’arte, la musica. E penso che questa sia una delle ragioni per cui oggi, in Occidente, stiamo impazzendo con così tante malattie mentali e viviamo questa crisi di senso. È perché siamo bloccati nella parte del nostro cervello che può vedere la verità solo se è scientifica». Questo è stato un grosso problema, soprattutto durante il Covid, dove abbiamo visto gli scienziati diventare come dei nuovi sacerdoti. E forse su questo anche la Chiesa ha qualche responsabilità. «Negli Stati Uniti avevamo regole diverse per ogni Stato. Quelli più severi hanno chiuso completamente tutte le chiese. Penso che in tutti gli Stati in cui le chiese erano chiuse, i credenti avrebbero dovuto incontrarsi comunque, perché non c’è diritto più fondamentale del diritto di lodare Dio. Penso che, inchinandosi alle autorità sanitarie, la Chiesa abbia capitolato in modo pessimo. Ora, per essere onesti, quando è scoppiato il Covid, andava bene chiudere le chiese, c’era incertezza. Ma dopo, quando è diventato chiaro cosa stava succedendo, la Chiesa avrebbe dovuto disobbedire. Non so cosa sia successo in Italia, ma in America tutte le Chiese, cattoliche e protestanti, hanno perso molti fedeli. Persone che non sono mai tornate dopo la fine del Covid. Ma abbiamo anche visto alcuni giovani diventare molto più seri riguardo alla fede a causa del Covid. Nella mia chiesa in Louisiana, una chiesa ortodossa, abbiamo visto protestanti evangelici arrivare durante il Covid perché avevano così tanta paura che tutto stesse crollando nella nostra civiltà che volevano una fede molto più profonda di quella che avevano nella loro chiesa».Il disincanto di cui lei parla non riguarda, però, soltanto i cristiani. «Papa Benedetto ha detto che il modo migliore per evangelizzare le persone oggi non è attraverso argomenti razionali, ma andando prima verso la bellezza che viene dalla Chiesa e dai Santi perché, in questo modo, si parla al cuore della singola persona e la conversione del cuore avviene attraverso la bellezza estetica o la santità, che apre la mente a considerare gli insegnamenti razionali del Vangelo. Penso che questo sia vero perché è così che sono diventato cristiano. Viviamo in una condizione che è stata chiamata modernità liquida, perché tutto è in continuo cambiamento. Niente è fisso. Penso che la risposta a questo, come cristiani ma non solo, sia quella di riabitare i nostri corpi e vivere in un mondo di cose concrete, non solo dentro le nostre teste o dentro Internet, lo spazio digitale. Perché la cultura digitale è una cultura spirituale, in fondo».In che senso? «In due modi: primo, ci insegna a cosa prestare attenzione; secondo, ci allena a pensare che sia reale ciò che è virtuale, cioè le cose che vediamo su Internet. Non credo sia una coincidenza che la prima generazione cresciuta su Internet sia anche la generazione che ha avuto i maggiori problemi con il transgenderismo: sono totalmente distaccati dal loro corpo. Voglio raccontare una storia sul vero effetto che vivere troppo dentro la propria testa ha avuto su di me».Prego. «Ho iniziato il mio cammino per diventare cristiano quando avevo 17 anni e sono andato alla cattedrale di Chartres, in Francia. Ero così sopraffatto dalla gloria di Dio in quella cattedrale medievale che non avrei mai immaginato che il cristianesimo potesse essere così. Sono cresciuto in una piccola città americana nel XX secolo, dopo tutto. Sono uscito da quella cattedrale in cerca di Dio. E qualche anno dopo ho deciso che volevo diventare cattolico. Avevo un impiego come giornalista, avevo poco più di 20 anni, quando una donna che lavorava al mio giornale mi disse: “Oh, ho sentito che vuoi diventare cattolico. Beh, io sono cattolica. Vuoi venire a lavorare con me questo sabato come volontario alla mensa dei poveri delle Missionarie della Carità?”. E ricordo di aver pensato: “Ah, Madre Teresa. Verrò”, ho detto, così mi sono unito a lei alla mensa dei poveri. Così ho lavorato il sabato pomeriggio alla mensa dei poveri, ho sbucciato patate, ho strofinato pentole e alla fine ho pensato: beh, è stato bello. Ma in realtà sono più un intellettuale, il mio tempo sarebbe meglio speso leggendo libri di teologia. Non sono mai più tornato alla mensa dei poveri. Sono diventato cattolico e sono stato un cattolico intellettuale molto convinto, molto fervente per 13 anni».E poi? «E poi, come giornalista a New York, ho iniziato a scrivere dello scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa. Ed ero convinto che, poiché avevo tutti gli argomenti a favore della fede cattolica nella mia testa, la mia fede avrebbe potuto resistere a qualsiasi cosa. Un prete mi disse: “Sarà molto, molto buio il cammino che stai percorrendo”. Ma pensavo di essere al sicuro perché la mia fede era salda».E non lo era? «No, mi sbagliavo. Ero così orgoglioso intellettualmente... Dopo quattro anni di immersione in questa storia satanica, ho perso la mia capacità di credere. In seguito sono diventato cristiano ortodosso, non perché pensassi di sfuggire al peccato, non c’è via di fuga dal peccato. Ma ero così esausto come cattolico che sentivo di non avere altra scelta. Quando sono diventato ortodosso, sapevo che dovevo essere un tipo di cristiano molto diverso. Se fossi andato alla mensa dei poveri come cattolico e avessi lavorato con le mani, per praticare la mia fede con le mani e il corpo, non solo con la mente, beh forse la mia fede cattolica avrebbe potuto sopravvivere».Quale è la morale della storia? «La lezione è questa e lo dico agli ortodossi, ai cattolici, ai protestanti: la vostra fede deve essere incarnata nel vostro corpo. È importante studiare la dottrina, ma mettete sempre la preghiera al primo posto. Dio mi ha umiliato nel mio orgoglio intellettuale. È stata colpa mia essere così orgoglioso, non è stata colpa della Chiesa cattolica. Ma potrebbe succedere a chiunque se non si vive una vita di profonda preghiera e adorazione con i nostri corpi, non solo con le nostre menti».Tutto questo colpisce molto perché la Chiesa cattolica, gli intellettuali cattolici, hanno passato anni a dimostrare che il cristianesimo è ragionevole, che la fede è ragionevole. Si è andati troppo oltre in questa direzione? Tanto da rischiare un distacco dalla realtà concreta? «Attenzione, no, non voglio essere mal interpretato come qualcuno che nega l’importanza della razionalità. Dio ci ha dato la ragione. Sto semplicemente chiedendo più equilibrio. Non possiamo pensare a una via d’uscita dalla nostra crisi spirituale. Dobbiamo usare la nostra ragione, ma dobbiamo anche, e forse anche di più, dedicarci a preghiere, pellegrinaggi, devozioni e a tutte le tradizioni che la Chiesa ci ha dato per combinare mente e corpo. È importante ricordarlo. Noi, cattolici e ortodossi, proveniamo da una tradizione sacramentale che crede che materia e spirito si compenetrino, che la divisione mente-corpo di Cartesio sia falsa e, quindi, non nego la razionalità. Ci sono due modi di conoscere: puoi conoscere in modo astratto e puoi conoscere attraverso l’esperienza personale. Abbiamo bisogno di entrambi».Mi sembra che, in fondo, si possa riassumere quello che sta accadendo come una sorta di rivincita dello gnosticismo. Gli gnostici pensavano che il corpo e lo spirito fossero irrimediabilmente separati, che è più o meno quello che dicono gli attivisti transgender. Anche la tecnologia, in fondo, è una forma di gnosi. «Penso che sia decisamente vero e credo che la situazione peggiorerà man mano che l’Intelligenza artificiale diventerà una parte sempre più importante delle nostre vite. Negli Stati Uniti vediamo già persone disposte a lasciare la vita reale per immergersi in questi mondi fittizi. Il New York Times ha recentemente scritto un articolo su una donna sposata di 28 anni che trascorre 60 ore a settimana a conversare con il suo amante, un’Intelligenza artificiale di nome Leo. Lei sa che è finto, che non è reale. È una macchina, ma preferisce il modo in cui questo finto amante la fa sentire rispetto a suo marito. E a suo marito non importa perché è dipendente dalla pornografia».Se sappiamo che tutto questo non è reale e dopo tutto non è nemmeno così buono, perché continuiamo in questa direzione? «Uno dei motivi per cui le persone sono così disposte ad accettare tutto ciò è perché, a un certo punto del XX secolo, hanno deciso di preferire ciò che fa sentire bene a ciò che è vero. Hanno deciso che la sofferenza non ha senso e questo è uno dei motivi per cui si sono allontanati dal cristianesimo. E smettere di preoccuparsi della verità, smettere di essere disposti a soffrire per la verità, è un modo per consegnare la propria umanità alla tecnologia. Quando le persone capiranno cosa sta succedendo, temo che sarà troppo tardi. In America stiamo già vedendo persone che iniziano a trattare l’Ia come se fosse una specie di dio. Comunicano con essa come se fosse reale e medici e psichiatri stanno già segnalando casi di psicosi indotta dall’Ia. Credo che questo diventerà un problema molto, molto più grande. Tutto questo deriva della negazione del corpo».Sembra che siamo arrivati alla totale separazione tra reale e artificiale. In fondo, anche la cultura woke è questo: l’imposizione di una realtà artificiale. Talvolta con arresti come sta avvenendo in Inghilterra dove chi si sottrae al discorso dominante sull’immigrazione o altro rischia grosso. «In America ho sentito persone che erano arrivate negli Stati Uniti per sfuggire al comunismo sovietico e hanno iniziato a dire che le cose che accadono oggi ricordano ciò che si erano lasciate alle spalle. Sono anche andato negli ex Paesi comunisti e ho parlato con i cristiani, per lo più cattolici, che erano rimasti lì, per chiedere loro come possiamo resistere. E la risposta fondamentale che mi hanno dato è che bisogna credere nella verità ed essere disposti a soffrire per la verità. Questa è l’unica soluzione per resistere a questo totalitarismo soft. Ma qui in Occidente siamo così comodi, così molli che non riusciamo nemmeno a sopportare l’ansia, figuriamoci la vera sofferenza. Quindi penso che questo sia uno dei motivi per cui abbiamo visto un’intera società come la Gran Bretagna arrendersi al totalitarismo».
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)