2025-09-07
La magia di Velasco è senza fine: le azzurre vincono anche i Mondiali
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
Dopo il trionfo alle Olimpiadi, le italiane del volley riportano a casa il prestigioso trofeo a 23 anni dal successo di Berlino. Il re Mida argentino è il terzo coach nella storia del nostro sport a detenere insieme entrambi gli ori.«Basta pallonetti, dobbiamo menareee». Nel momento più difficile della finale, quando la Turchia usava la clava e l’Italia «sfiorettava» da settimana della moda, Julio Velasco ha preso da parte le sue ragazze e ha gridato loro in faccia, con gli occhi della tigre, la verità. Loro hanno capito - i guru si seguono senza discutere -, la partita è cambiata e le martellate azzurre hanno cominciato a sgretolare il muro della mezzaluna: 3-2 al tie break (25-23, 13-25, 26-24, 18-25, 15-8). E dopo oltre due ore di battaglia, nella notte di Bangkok è sventolato il tricolore. «Campionesse del mondo!», ha urlato la capitana Anna Danesi calcando sul suffisso, perché è bello essere e sentirsi donne. Campionesse del mondo per la seconda volta nella storia, 23 anni dopo il trionfo di Berlino contro gli Stati Uniti, quando Ekaterina Antropova, oggi protagonista, non era ancora nata. Campionesse del mondo un anno dopo avere conquistato l’oro ai Giochi di Parigi. Regine assolute dello sport italiano. Grida, champagne, abbracci, lacrime per celebrare un’impresa storica laggiù in fondo all’Asia, quel trionfo solo sfiorato nel 2018 nella finale contro la Serbia. E poi l’inno di Mameli a pervadere il palazzetto davanti ai thailandesi travolti come noi dall’emozione. Quell’inno che avremmo voluto ascoltare a Monza per la Ferrari (Charles Leclerc anonimo quarto) e invece, qualche minuto dopo la fine del Gp d’Italia, abbiamo cantato grazie a 12 donne bellissime e toste, rese immortali nel volley dallo sciamano delle imprese e delle resurrezioni, quello che «gli schiacciatori non parlano dell’alzata, la risolvono», sua maestà Julio Velasco.Perché dietro all’impresa c’è ancora una volta lui, il re Mida argentino di 73 anni capace di trasformare un pallone in una pepita e una rete in un trampolino di lancio. Velasco che ancora si rammarica per aver dovuto smettere con il tango quando ha cominciato ad allenare e che ha il terrore della pensione (prima o poi). Con il trionfo nel mondiale thailandese ha aggiunto un’altra perla alla sua straordinaria carriera: ora è il terzo tecnico nella storia dello sport italiano a essere contemporaneamente campione del mondo e campione olimpico in carica. Prima di lui c’erano riusciti solo due giganti degli sport di squadra: Vittorio Pozzo nel calcio e Ratko Rudic nella pallanuoto. Senza contare le medaglie sul petto con la Nazionale di volley maschile, roba da sembrare un generale sovietico alla parata in piazza Rossa: due titoli mondiali e tre europei con la «generazione dei fenomeni di nome Andrea», Lucchetta, Giani, Zorzi, Gardini, Anastasi.«Se perdiamo la lucidità è un casino», gridava Velasco mentre Melissa Vargas ci faceva male nel secondo set, perso 25-13: un massacro. L’Italia, che aveva battuto le brasiliane dopo un torneo superlativo, sembrava al capolinea. Stanca, forse appagata contro la corazzata turca guidata dall’italiano Daniele Santarelli che, conoscendo perfettamente le azzurre (è pure il marito di Monica De Gennaro, surreale finale in famiglia), prima ha provato a sorprenderle, poi a confonderle. E stava riuscendo a chiuderci all’angolo perché dopo una partenza fulminante Paola Egonu cominciava a sbagliare e la regista Alessia Orro a tirare il fiato. «Non dobbiamo perdere l’iniziativa», gridava Velasco, come il sergente in Black Hawk Down. Oggi la chiamano resilienza perché fa moda, ma quella delle guerriere italiane è stata un impasto di carattere e spirito di sacrificio, un’opposizione granitica destinata a sfinire chi attaccava. Ed ecco il muro di Antropova, poi ancora il muro di Myriam Sylla ad arginare e infine a spezzare le velleità turche. Alla fine tutte eroiche, tutte sorridenti, tutte vincenti con la bandiera italiana sulle spalle. «È stato il trionfo della maturità», ha sottolineato Velasco riferendosi alla capacità delle sue artiste (soprattutto Egonu) di disciplinarsi e mettersi a disposizione della squadra. E il capo dello Stato, Sergio Mattarella, tifosissimo delle girls, le ha già invitate al Quirinale.Questa non è una Nazionale ma la Decima legione di Giulio Cesare; non perde dal primo giugno 2024 (prima fase di Nations League) e in tre anni ha infilato due Nations League, un’Olimpiade e un Mondiale. Nessuno prima, forse nessuno dopo, semplicemente il team italiano femminile più forte di tutti i tempi. Quando il telecronista chiede ad Alessia Orro da Oristano, mvp della finale, cosa si prova ad essere campionesse del mondo, lei spara una schiacciata poco fair: «Caz… è una bomba!». Lui sbianca, lei lo guarda e chiede: «Si può dire caz… in tv?». Per questa volta si può dire, via libera. Lei esulta ancora di più, facendo sobbalzare la coda di cavallo.
Rod Dreher (Getty Images)