
Vietati sistemi di connessione web e strumenti di navigazione prodotti da Pechino. Altra bastonata su un’economia piegata dal mattone. Il Pil a +5% è un miraggio.La trappola cinese rischia di ingabbiare l’economia mondiale. Nonostante gli sforzi del governo ben difficilmente sarà raggiunto l’obiettivo di far crescere il Pil del 5%. La crisi del settore immobiliare sta condizionando l’intera economia del Paese costringendo il governo a intervenire per sostenere la domanda. Infatti il deficit pubblico è salito al 7% del Pil e il debito è passato dal 90 al 110%. Gli analisti del colosso olandese Ing ricordano che ad agosto gli investimenti nel mattone sono diminuiti del 10,2% rispetto ad un anno fa mentre le nuove costruzioni sono diminuite del 22,5%. In molti stabili i lavori restano incompiuti. Gli alloggi completati sono diminuiti del 23,6% nel corso dell’ultimo anno lasciando le città cinesi sfregiate da questi scheletri in cemento armato. Le Borse sono il termometro della crisi: negli ultimi tre anni, mentre i listini occidentali galoppavano, Hong Kong ha perso il 30% circa, Shangai il 25% e Shenzen il 44%. L’economia cinese si sta polarizzando verso un settore ad alta tecnologia, dove ci sono risultati decisamente apprezzabili, e il resto della produzione segna il passo. Tuttavia anche sul fronte dell’innovazione le cattive notizie non mancano. Il Dipartimento del commercio statunitense, infatti, è pronto a presentare una proposta per vietare l’uso di software e hardware cinesi sulle auto per ragioni di sicurezza nazionale. Una mossa che si inserisce nelle ultime iniziative dell’amministrazione Biden per ridurre i rischi legati alla presenza di dispositivi «made in China» nelle infrastrutture critiche.Le autorità statunitensi, secondo fonti di Reuters, sono allarmate dalla possibilità che le aziende cinesi raccolgano dati su conducenti e infrastrutture americane. Vi è inoltre il timore di manipolazioni esterne nei veicoli connessi a internet e nei sistemi di navigazione. La proposta del Dipartimento del commercio prevede il divieto di importazione e vendita di veicoli provenienti dalla Cina che contengano software o hardware per comunicazioni e sistemi di guida automatizzata.Gina Raimondo, segretaria del Commercio, aveva già evidenziato i rischi associati all’uso di tecnologia cinese nel trasporto americano, affermando che l’interruzione del software potrebbe causare incidenti catastrofici. «Si può immaginare il risultato più catastrofico in teoria se ci fossero un paio di milioni di auto in strada e il software venisse disabilitato» spiega la Raimondo.Le preoccupazioni si sono intensificate da quando il presidente Biden ha ordinato, a febbraio, un’indagine sui rischi per la sicurezza nazionale legati ai veicoli cinesi, sottolineando che la maggior parte delle auto moderne è connessa, come smartphone su ruote, e interagisce con telefoni, sistemi di navigazione, infrastrutture critiche e le aziende produttrici. Il divieto interesserà tutti i i sistemi di connessione, come Bluetooth e capacità di guida autonoma. Lo stop entrerà in vigore con i modelli del 2027, mentre quello sull’hardware dovrebbe partire nel 2029 o nel 2030.Le case automobilistiche, tra cui General Motors, Toyota e Volkswagen, hanno avvertito che l’adattamento ai nuovi requisiti di hardware e software richiederà tempo e risorse considerevoli, poiché i loro sistemi sono sottoposti a rigorosi processi di ingegneria e validazione.Lo stop degli Usa impatta su un settore che, nonostante gli impulsi del governo cinese registra successi inferiori alle aspettative. Sempre da report di Ing emerge che il valore aggiunto dell’industria delle quattro ruote è stato sostanzialmente stabile ad agosto mentre il volume della produzione automobilistica è sceso del 2,3% su base annua.
Stadio di San Siro (Imagoeconomica)
Ieri il Meazza è diventato, per 197 milioni, ufficialmente di proprietà di Milan e Inter. Una compravendita sulla quale i pm ipotizzano una turbativa d’asta: nel mirino c’è il bando, contestato da un potenziale acquirente per le tempistiche troppo strette.
Azione-reazione, come il martelletto sul ginocchio. Il riflesso rotuleo della Procura di Milano indica un’ottima salute del sistema nervoso, sembra quello di Jannik Sinner. Erano trascorsi pochi minuti dalla firma del rogito con il quale lo stadio di San Siro è passato dal Comune ai club Inter e Milan che dal quarto piano del tribunale è ufficialmente partita un’inchiesta per turbativa d’asta. Se le Montblanc di Paolo Scaroni e Beppe Marotta fossero state scariche, il siluro giudiziario sarebbe arrivato anche prima delle firme, quindi prima dell’ipotetica fattispecie di reato. Il rito ambrosiano funziona così.
Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.
Mario Venditti (Ansa)
Dopo lo scoop di «Panorama», per l’ex procuratore di Pavia è normale annunciare al gip la stesura di «misure coercitive», poi sparite con l’istanza di archiviazione. Giovanni Bombardieri, Raffaele Cantone, Nicola Gratteri e Antonio Rinaudo lo sconfessano.
L’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, è inciampato nei ricordi. Infatti, non corrisponde al vero quanto da lui affermato a proposito di quella che appare come un’inversione a «u» sulla posizione di Andrea Sempio, per cui aveva prima annunciato «misure coercitive» e, subito dopo, aveva chiesto l’archiviazione. Ieri, l’ex magistrato ha definito una prassi scrivere in un’istanza di ritardato deposito delle intercettazioni (in questo caso, quelle che riguardavano Andrea Sempio e famiglia) che la motivazione alla base della richiesta sia il fatto che «devono essere ancora completate le richieste di misura coercitiva». Ma non è così. Anche perché, nel caso di specie, ci troviamo di fronte a un annuncio al giudice per le indagini preliminari di arresti imminenti che non arriveranno mai.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.






