Gli economisti di Francoforte scoprono ora che la produzione si è ridotta del 20% dal 2018 anche per le scelte della Lagarde.
Gli economisti di Francoforte scoprono ora che la produzione si è ridotta del 20% dal 2018 anche per le scelte della Lagarde.I banchieri centrali dovrebbero prevenire prima che curare. Il condizionale è voluto perché spesso le analisi arrivano a guai già iniziati e il risveglio spesso è tardivo. È successo con l’inflazione: Christine Lagarde non l’aveva vista arrivare, e ha comunque temporeggiato facendo diventare la lotta sanguinosa e ancora più lunga. Il problema è che ancora oggi la traiettoria tracciata dai vertici della Bce è prudente ma non chiara e che i dati cui si aggrappa Lagarde (mantra ripetuto anche lo scorso 6 giugno) riflettono il passato ma è come rinunciare a dare una guida per il futuro e a dare una prospettiva. Il copione purtroppo sembra simile per un’industria, quella dell’automotive, che non è il core business della banca centrale ma del cui impatto Francoforte non può non tenere conto perché contribuisce con una quota significativa al valore aggiunto dell’economia dell’area dell’euro. Il settore automobilistico dell’area euro si riprenderà? È questa la domanda che si sono posti gli economisti della Bce, Roberto A. De Santis, Virginia Di Nino, Nina Furbach, Ulla Neumann e Pedro Neves. Le risposte, illustrate in uno studio pubblicato dall’istituto di Francoforte, non ci sorprendono perché ne scriviamo ormai dai mesi. Anzi, ci conforta che gli allarmi siano finalmente suonati anche nelle stanze dell’Eurotower. Cosa si legge nel «paper»? Gli esperti partono ricordando che la quota dell’industria automobilistica nel valore aggiunto reale del settore manifatturiero ammonta al 10% e la quota nel Pil reale è leggermente inferiore al 2%. Il comparto rappresenta l’1% dell’occupazione totale dell’area dell’euro e il 4% delle esportazioni dell’area extra-euro. «Quando si prendono in considerazione i collegamenti intersettoriali, il valore aggiunto quasi raddoppia, evidenziando l’ampia portata del settore all’interno dell’economia», viene aggiunto.Dopo il picco raggiunto all’inizio del 2018, però, l’industria automobilistica dell’area euro ha dovuto affrontare sfide significative, con la produzione e le esportazioni in netto calo e rimaste al di sotto dei livelli pre-Covid. I volumi di produzione ed esportazione hanno faticato a riprendersi e sono rimasti indietro rispetto a quelli dei concorrenti internazionali, attestandosi a circa un decimo al di sotto dei livelli pre-Covid e a un quinto rispetto ai picchi raggiunti all’inizio del 2018. I concorrenti – prosegue lo studio - se la sono cavata molto meglio: l’industria automobilistica in Paesi come Cina, Giappone, Stati Uniti e Corea ha registrato risultati più robusti, con la Cina che sta gradualmente emergendo come un importante esportatore verso l’area dell’euro. Ed eccoci, al punto. Anche gli economisti della Bce hanno realizzato che «questo calo dell’attività è stato innescato da un calo delle vendite di auto con motore a combustione, solo in parte compensato dalla crescente domanda di auto ibride ed elettriche». E che «gli standard normativi dell’Ue per i veicoli a motore sono cambiati a metà del 2018, imponendo standard più severi sulle emissioni di anidride carbonica (CO2) e test sulle emissioni più severi, che hanno disincentivato l’acquisto di auto a combustione». Per gli esperti della banca centrale il problema riguarda però tutte le auto. Nel primo trimestre del 2024 le immatricolazioni di automobili nell’area dell’euro sono state inferiori di circa il 20% rispetto all’inizio del 2018. Colpa anche degli «aumenti dei prezzi innescati dalle interruzioni della catena di approvvigionamento, dell’aumento dei costi energetici e delle rigide condizioni di finanziamento». «Inoltre, da settembre 2021 i picchi dei prezzi dell’energia si sono trasmessi ai prezzi alla produzione e ai prezzi finali delle automobili. Infine, l’aumento dei tassi di interesse derivante dall’inasprimento della politica monetaria ha scoraggiato il leasing e il credito per l’acquisto di automobili, riducendo così la domanda di automobili sia nazionali che straniere». Colpa anche della politica della Bce sui tassi, dunque. Ma gli economisti di Francoforte sono ottimisti e parlando di «resilienza» delle case automobilistiche dell’area euro che «si sono storicamente specializzate nel segmento di mercato di fascia alta, beneficiando di una domanda relativamente anelastica rispetto ai prezzi». Tuttavia, le imprese dell’area dell’euro sono in ritardo nella registrazione dei brevetti per la comunicazione digitale. E si profilano «rischi significativi». Sarà fondamentale «integrare i processi digitali con quelli tradizionali, nell’accelerare l’innovazione e nel lanciare tecnologie che ottengano il favore del mercato». Inoltre, «la forte dipendenza delle case automobilistiche dell’area dell’euro da fornitori concentrati in poche località (ad esempio, semiconduttori e batterie prodotti in un piccolo numero di paesi asiatici) pone rischi per la catena di approvvigionamento, soprattutto in tempi di accresciuta tensione geopolitica». Poi, ecco la conclusione dello studio: «Anche le politiche industriali, in particolare quelle legate alla transizione verde, come le infrastrutture di ricarica, determineranno le prospettive del settore automobilistico dell’area euro». Il problema è che sarebbe stato meglio realizzarlo prima di arrivare a questo punto. Come dimostra anche la recente raccomandazione della Corte dei Conti europea sul ritardo dell’industria europea delle batterie rispetto ai concorrenti asiatici che rischia di non far raggiungere i target al 2035 fissati da Bruxelles in termini di utilizzo di auto elettriche.
Nel riquadro Francesco Morcavallo (iStock)
Francesco Morcavallo: «Le autorità non possono intervenire sullo stile di vita se non limita la libertà altrui, altrimenti è Stato etico. Le strutture che ospitano bimbi hanno un giro di miliardi».
Lei ora è avvocato dopo essersi occupato di minori in quanto magistrato, giusto?
«Ho lasciato la magistratura nel 2013».
Si fa un gran parlare di riforma della giustizia, lei che idea si è fatto?
«La riforma della giustizia sul tema della giustizia dei minori è marginale. In Italia la riforma della giustizia civile avrebbe bisogno di scelte coraggiose, tipo decongestionare l’attività dei tribunali».
(Ansa)
Il ministro degli Esteri: «Stiamo lavorando per riportare a casa lui e gli altri detenuti politici. L’altro giorno il nostro ambasciatore ha avuto la possibilità di incontrare Alberto Trentini e un altro italiano detenuto in Venezuela, e ha parlato con loro. Trentini è sì detenuto, ma è stato trovato in condizioni migliori rispetto all’ultima volta in cui era stato visto». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, parlando dell’attivista trattenuto in Venezuela, a margine dell’assemblea di Noi Moderati in corso a Roma. «La famiglia è stata informata – ha aggiunto – e questo dimostra che stiamo seguendo la vicenda con la massima attenzione. Il ministero degli Esteri, come tutto il governo, se ne occupa con grande scrupolo. Stiamo lavorando per riportarlo a casa. Non è un’impresa facile: basta guardare la situazione internazionale».
Uno scatto della famiglia anglo-australiana, che viveva nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti (Ansa)
La maggioranza degli italiani sta con i Trevallion, i cui figli sono stati strappati al bosco e al padre, ma i media cattolici o sono tiepidi o difendono i giudici. «Avvenire», il quotidiano dei vescovi, preferisce promuovere l’educazione affettiva nelle scuole.
Secondo il sondaggio realizzato da Alessandra Ghisleri per La Stampa, la metà degli italiani solidarizza con la famiglia del bosco. Il 44% degli interpellati nella rilevazione sostiene che i giudici del Tribunale dei minori dell’Aquila siano intervenuti andando oltre i limiti, il 49,8% ritiene che sia stato un errore allontanare i figli dal padre e il 49,7% pensa che i genitori debbano essere parzialmente liberi di scegliere uno stile di vita alternativo per i figli. In buona sostanza, sembra di capire che anche chi non condivide del tutto le scelte radicali dei genitori Trevallion sia comunque convinto che l’allontanamento dei bambini sia stato un atto violento che si poteva e doveva evitare.
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La denuncia di Fdi, che raccoglie le proteste dei genitori: «Nessuno ci ha coinvolti».
«Ai nostri bambini all’asilo hanno dato delle Scosse: sono gli attivisti di un’associazione che così si chiama che illustrano a bambini quasi neonati libretti che parlano di genitori omosessuali, di utero in affitto. L’educatrice è entrata ha fatto una lezione su questi temi incomprensibili per i nostri figli che frequentano il nido. Abbiamo chiesto spiegazioni, ma niente: un muro di gomma». Accade a Roma, ma purtroppo in tutta Italia. E poi ci si chiede perché la famiglia nel bosco è finita sotto la lente della giustizia e le «cure» (si fa molto per dire) delle assistenti sociali.






