2022-01-13
«Il virus lo diffondono i vaccinati»
Andrea Crisanti smonta le affermazioni di Mario Draghi, Pierpaolo Sileri e virologi tv di complemento e finalmente conferma quel che noi diciamo da mesi: «Il governo sbaglia comunicazione». Intanto Oms ed Ema demoliscono il modello Roberto Speranza: «Non si può andare avanti a richiami».Non so da quanto tempo scrivo che prendersela con chi non si è vaccinato, definendolo un untore, non solo è sbagliato, ma è anche pericoloso, perché il virus non si diffonde solo attraverso chi non ha fatto alcuna iniezione, ma anche tramite chi ha fatto prima, seconda e perfino terza dose.Probabilmente da quando è entrato in vigore il green pass, cioè dal luglio scorso, lo avrò scritto almeno cento volte, rischiando di annoiare i lettori. Ma ripeterlo mi sembrava importante, soprattutto dopo che il presidente del Consiglio, presentando il certificato verde, aveva detto in conferenza stampa che il pezzo di carta dava la certezza di trovarsi tra persone non contagiate e che non contagiano. In realtà, come già all’epoca grazie ad alcuni studi si iniziava a capire, il lasciapassare per ristoranti e locali al chiuso testimoniava esclusivamente di essere vaccinati e nulla di più, in quanto, nonostante la puntura, si poteva essere contagiosi. Peggio di Mario Draghi, tuttavia, ha fatto Pierpaolo Sileri, che oltre a essere sottosegretario alla Salute è anche medico. In Parlamento l’onorevole grillino disse senza ammettere repliche che i vaccinati non solo non si prendevano il virus, ma neppure lo trasmettevano: «È una bugia, una falsità». Altri, come Fabrizio Pregliasco, in tv si sono dati da fare per sostenere che le persone che si erano sottoposte al ciclo vaccinale erano meno pericolose, perché se positivi potevano infettarne altre ma «debolmente». Inutile citare ricerche israeliane, inglesi o svedesi: esperti e politici, governanti e virologi rimanevano granitici nelle loro certezze. Il vaccino è per sempre e protegge sempre.Oggi, 2 milioni di infetti dopo e alcune migliaia di morti in più, le certezze vacillano e uno come Bruno Tabacci, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, può andare in trasmissione da Giovanni Floris a sostenere, pur avendo al suo fianco Pierpaolo Sileri, che nessuno aveva mai detto che i vaccini proteggessero al 100% e che dunque i vaccinati non fossero contagiosi. Sì, oggi qualche timida ammissione c’è, anche perché ora che un virologo del calibro e dell’arroganza di Massimo Galli è stato contagiato in maniera grave da un «immunizzato» nonostante la terza dose, non si può più sostenere che i vaccinati contagiano «debolmente». Eh, no: tocca ammettere che anche chi ha ricevuto la puntura può diventare positivo e a sua volta far diventare positive le persone che incontra. Andrea Crisanti, che spesso ha il torto di dire cose non proprio allineate (per essersi permesso di dubitare della necessità di vaccinare i bambini ha rischiato di essere estromesso dal ristretto circolo dei virologi da salotto), ieri in un’intervista a un sito online ha messo in chiaro ciò che si sa ma che nessuno ha il coraggio di dire: «Non sono i no vax a diffondere il virus, ma i vaccinati». O meglio: «Come misura per bloccare la trasmissione dei contagi (le restrizioni a carico di chi non è immunizzato, ndr) hanno un contributo marginale. Perché la maggior parte dei casi, di questi 120.000 o di più, si registra tra i vaccinati. Sono loro che contribuiscono in maniera elevata a diffondere il virus. Per me c’è stato un cortocircuito di comunicazione da parte del governo, che ha sbagliato. È pure vero che i non vaccinati si ammalano e occupano posti in terapia intensiva, ma non sono loro la maggior causa di trasmissione del virus, bensì i vaccinati». Ovviamente la scienza ufficiale, il governo e la stampa faranno di tutto per far passar sotto silenzio le osservazioni del professore. Magari proveranno anche a fargli rimangiare le dichiarazioni, inducendolo a una retromarcia. Perché se è vero ciò che dice Crisanti, e se sono fondati gli studi stranieri e anche i dati sui contagi fra chi si è vaccinato, va a pallino l’impianto che regge il green pass e il super green pass. Cioè, il Qr code torna quello che è: un quadratino pixellato che dimostra una sola cosa, e cioè di essersi sottoposti alla vaccinazione e niente altro. L’iniezione è una sicurezza per chi l’ha fatta, una tranquillità di avere minori rischi di finire in ospedale, in terapia intensiva o al camposanto. Ma garanzie di non contagiarsi e di non contagiare quel codice non ne dà proprio nessuna. Quando Crisanti parla di comunicazione sbagliata allude proprio a questo. Un governo serio dovrebbe dire le cose come stanno. E cioè che il vaccino aiuta, ma non trasforma chi si è vaccinato in una persona che non si contagia e dunque tutte le precauzioni sono dovute. Altro che dirsi, come fanno tutti grazie a Pierpaolo Sileri, giù la maschera, tanto siamo vaccinati. E altro che, come ha fatto il presidente del Consiglio, dire che i problemi sono tutti colpa di chi non si è immunizzato. I problemi sono dovuti alle false sicurezze e soprattutto a ciò che non si è fatto finora. Ma di questo parleremo domani.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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