2022-10-11
«Dopo aver reciso le radici cristiane l’Europa è incapace di risposte comuni»
Il vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi: «La guerra ha dato il colpo di grazia all’idea di solidarietà Ue. Berlino guida la corsa agli interessi nazionali».Eccellenza, è in corso quella che papa Francesco ha chiamato «terza guerra mondiale a pezzi» e il mondo è sul baratro del conflitto nucleare. Dalla sua esperienza di vescovo di Trieste, secondo lei come è potuto succedere che l’Unione europea, nata da un progetto di pace, si sia lasciata trascinare in questa situazione?«È una situazione tragica e dalle conseguenze imprevedibili. Sono rimasto molto colpito dall’Angelus di domenica 2 ottobre, quando il Papa ha eccezionalmente interrotto il commento al Vangelo per parlare della guerra, chiamando per nome i responsabili: Putin e Zelenski. Anche se è chiaro che siamo davanti a una guerra di aggressione, dalle cause molteplici, è vero che si poteva fare di più sul fronte diplomatico e politico, come chiede il Papa: questa carta andava giocata meglio, proprio per essere fedeli ai presupposti valoriali su cui è nata l’Europa». Ignorata ogni via di soluzione, si ha l’impressione che questa guerra sia diventata il mezzo per realizzare qualcos’altro. Crede che si voglia davvero la pace?«Nell’Angelus di papa Francesco ho sentito l’eco dell’intervento di Benedetto XV durante la prima guerra mondiale, quando rivolgendosi alle potenze belligeranti parlò di “inutile strage”. Non fu ascoltato. Ma penso anche agli appelli di Pio XII e di Giovanni Paolo II: la strada che tutti i pontefici indicano, seppur difficile e dolorosa, è quella del dialogo, della capacità di mettersi attorno a un tavolo, di far tacere le armi e far parlare i cuori e le intelligenze. Questo chiede anche Francesco ma non so se lo ascolteranno…».Si accusa questa posizione della Chiesa di essere utopista«È una definizione riduttiva ma certamente c’è una debolezza delle chiese sul tema della pace: manca quella unità - ripetutamente invocata dal Papa - tra Chiesa cattolica, chiese ortodosse e chiese protestanti. Penso che un incontro tra papa Francesco e il Patriarca di Mosca, per la forza profetica che comportava, avrebbe potuto avere effetti dirompenti».Lei tempo fa disse che la variegata gestione della pandemia stava decretando «la fine, per Coronavirus, dell’Unione europea»: ora questa guerra sembra averle dato il colpo di grazia…«Effettivamente durante la pandemia c’è stata una fragilità dell’Europa che persiste tuttora: attanagliati dalla crisi energetica, i Paesi hanno cominciato a muoversi singolarmente, Germania in testa. E qui bisogna tornare a un punto, già evidenziato da Giovanni Paolo II dopo il grande Sinodo sull’Europa del 2003 e molto presente nel magistero di papa Francesco: l’Europa manca di quei valori fondanti che hanno dato spessore al suo progetto. In questo senso è un’opera ancora incompiuta. Resta un continente privo di una prospettiva unitaria, dove si giocano interessi divergenti e confliggenti. Rinunciando alle proprie radici, come diceva Benedetto XVI, si è sciolto il matrimonio fra Europa e Cristianesimo, ed è un divorzio che non fa bene a nessuno. Situazioni di fatica e processi disgreganti che vive il Cristianesimo europeo impongono di dare più vigore alla testimonianza cristiana. Gli sforzi fatti dai papi dopo il Concilio Vaticano II nella prospettiva pastorale dell’evangelizzazione rispondono proprio a questa esigenza».A proposito: mentre la Chiesa propone l’evangelizzazione, oggi siamo davanti alla colonizzazione (ideologica, citazione di papa Francesco). Due idee dell’uomo che si scontrano: quello a immagine di Dio e quello che, spogliato di questa dignità, è alla mercé dei più forti…«Questo è il cuore di tutto: la questione antropologica. La Chiesa sostiene che l’uomo è capace di capire sé stesso e di dare una prospettiva di senso al suo vivere se lega la sua vita a Dio. La modernità dice esattamente il contrario. Ma dopo anni di secolarizzazione, oggi emerge la verità: il senso del tutto l’uomo non può darselo da solo».Lei ha detto che i cattolici in politica hanno fatto molti danni. Perché politici che si dicono cattolici propugnano leggi in aperto contrasto con la Dottrina?«Un motivo è che pensano la fede come una fruizione individuale priva di impatto sulle scelte che compiono come politici. Un’altra, più profonda, chiama in causa la secolarizzazione della politica avvenuta in Italia, a partire dalle leggi su divorzio e aborto. Va riconosciuto che c’è un silenzio crescente del Magistero di fronte alle grandi questioni, su cui sarebbe opportuno dire una parola, e dirla chiara. La Chiesa non ha certo cambiato posizione sui “principi non negoziabili”, ma ha abbassato un po’ la voce. Su questi temi, peraltro, papa Francesco interviene spesso e con un vigore che lascia sbalorditi se confrontato con i pronunciamenti dei suoi predecessori. Il problema è che se parla di ecologia e migranti finisce in prima pagina, mentre se affronta altri argomenti i media lo ignorano: c’è una grave responsabilità dei mezzi di comunicazione nel trasmettere il messaggio della Chiesa in modo selettivo e manipolatorio».L’uomo ha il diritto e il dovere di gestire il creato: questo paradigma è oggi sovvertito in nome di un ambientalismo ideologico. Come parlarne, specialmente ai giovani, che ne sono il target?«Promuovendo l’ecologia integrale, che tiene insieme il dato ambientale e quello sociale, personale, spirituale. Ci si preoccupa, giustamente, dell’alberello ma poi non ci si cura se i giovani si drogano, la famiglia si sfascia, la società si disgrega ed è teatro di ingiustizie enormi. Neanche l’ambiente naturale reggerà se non regge l’uomo nei suoi valori. Vogliamo consegnare un ambiente sano alle nuove generazioni ma non ci chiediamo: quali giovani vogliamo consegnare al futuro? Le contrapposizioni ideologiche, fuori da questa prospettiva che il Papa chiama «integrale», non ci permettono una visione autentica e buona per l’uomo».Come può la Chiesa intervenire per fermare le polarizzazioni viste in atto durante la pandemia, con la tendenza a disumanizzare l’altro?«È stato un capitolo molto doloroso: la pandemia ha creato un campo di battaglia, con la gente sconcertata che si è aggrappata a chi urlava più forte, laddove servivano ragionevolezza e argomenti veri. La Chiesa ha un po’ perso il senso della sua presenza, tanto che molti dicono di non prenderla più in considerazione. Dovrebbe recuperare il suo ruolo in maniera originale, senza appiattirsi. Facendo tesoro del grande messaggio del Vangelo e dello straordinario patrimonio legato alla sua dottrina sociale, la Chiesa può dire una parola di luce in tante tenebre e di speranza a una società che non sa più dove deve andare».
Jose Mourinho (Getty Images)