2023-12-02
I milioni per l’accoglienza col cibo putrido
Il cpr di via Corelli a Milano (Ansa)
Ispezione nel Cpr di via Corelli a Milano: la srl che lo dirige è al centro di un’inchiesta per frode in pubbliche forniture. Nonostante il ricco appalto, rifila alimenti avariati e non offre alcun servizio sanitario ai migranti. I titolari già nei guai per altre strutture simili.Fornivano cibo maleodorante e scaduto. Non pulivano neppure i bagni. Non fornivano alcun tipo di servizio sanitario o legale ai migranti. Non c’erano neppure i medicinali a disposizione, mentre ospiti affetti da epilessia o tumori, tossicodipendenti o affetti da gravi patologie psichiatriche, erano considerati lo stesso idonei alla vita in comunità ristretta. Non solo.Per aggiudicarsi l’appalto presso la prefettura di Milano - in modo da svolgere servizi e attività all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di via Corelli -, avevano contraffatto protocolli siglati con le parrocchie di San Martino in Lambrate e SS Nome di Maria o persino con il Centro islamico italiano. Erano riusciti ad allegare anche il decreto di nomina di don Stefano Venturini, allora parroco delle due parrocchie, emesso dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini. O nel caso di un accordo con la società sportiva Scarioni, avevano inserito anche la firma dell’ ex presidente morto però nel 2020. I funzionari della prefettura non si sono accorti di nulla.È una fotografia disarmante e drammatica su come funziona il business della gestione immigrati, uno spreco di soldi pubblici (40 euro al giorno per ogni migrante e 132 euro per i vestiti) che emerge dal decreto di ispezione effettuato ieri al Cpr di Milano dopo l’avvio dell’inchiesta per frodi nelle pubbliche forniture e turbata libertà di incanti a carico della società Martinina srl, società che nel 2021 e nel 2022 si era aggiudicata due gare d’appalto da quasi 5 milioni di euro per la gestione della struttura. I sostituti procuratori Giovanna Cavalleri e Paolo Storari hanno sequestrato video, ma anche le cartelle cliniche di chi è stato ospitato nel Cpr negli ultimi 3 anni. Nel registro degli indagati sono finiti Alessandro Forlenza e Consiglia Caruso, il primo gestore del centro di permanenza in via Corelli mentre la seconda è amministratrice della società incriminata. I due sono nomi già noti nel settore, dal momento che anche in passato avevano già avuto problemi con la giustizia per la gestione di strutture di questo tipo. Possibile che in questi anni nessuno se ne sia accorto? Forlenza, infatti, aveva creato nel 2012 la società Engel Italia srl, ex gestore del vecchio centro Corelli di Milano, poi ceduta alla moglie Paola Cianciulli. Anche questa impresa si occupava di assistenza e gestione di migranti, ma aveva anche interessi nelle case di riposo e persino nella gestione di alberghi. A causa di un debito superiore ai 2 milioni di euro, la famiglia Forlenza aveva pensato bene, negli scorsi anni, di creare una nuova società, la Martinina srl appunto, con socia al 90% la stessa Cianciulli e amministratore unico Consiglia Caruso, madre di Forlenza e suocera di Cianciulli. A quanto risulta alla Verità, Martinina, solo per la gestione dei Cpr (di Palazzo San Gervasio prima e di Milano poi) dal 2018 ad oggi ha percepito oltre 8 milioni e mezzo di euro.La tecnica per vincere le gare d’appalto era quella di applicare fortissimi ribassi sulle basi d’asta. Ad esempio, per il Cpr di Palazzo San Gervasio a Potenza nel 2018, Martinina propose alla prefettura uno «sconto» del 28,6%; per quello di Milano, invec,e la percentuale è dell’11%. Già nel 2016 c’era stato il sequestro di alcuni centri di accoglienza gestiti da Engel per «gravi inadempienze» (come il sovraffollamento, la mancanza di igiene, somministrazione di alimenti scaduti).Anche nel 2018, sul Cpr di Palazzo San Gervasio era stato stilato un rapporto del Garante nazionale dei diritti delle persone perché c’era una totale assenza di spazi comuni. I detenuti erano costretti a mangiare in piedi, tra gli scarafaggi. La situazione del Cpr di Milano è la stessa, se non peggiore. Caruso e Florenza, infatti, con espedienti di ogni tipo facevano finta di fornire i servizi che avevano assicurato. Le prestazioni sanitarie specialistiche non venivano effettuate per mancanza di fondi.C’è chi non ha potuto effettuare una gastroscopia perché il gestore non aveva pagato il ticket o chi, avendo il piede fratturato, non ha potuto effettuare la visita per il rifiuto del gestore di pagare. Il servizio di ausilio psicologico/psichiatrico era largamente insufficiente e fornito da personale che non conosceva neppure le lingue parlate dagli ospiti. Il cibo, che in teoria, secondo l’offerta tecnica, doveva consistere in prodotti e materie prime provenienti da produzione biologica, Dop e Igp, in realtà era maleodorante, avariato e scaduto. «L’informazione legale, a detta del direttore, veniva fornita direttamente da lui», si legge nel decreto di ispezione. In più non venivano neppure mostrati gli opuscoli di rito, né la carta dei diritti né quello sulla protezione internazionale. Non c’erano luoghi di culto e non veniva fatto alcun tipo di attività ricreativa. La pulizia è uno dei capitoli più drammatici. Come ha potuto constatare l’autorità giudiziaria, «i bagni erano in condizioni vergognose e le camerate erano sporche. L’unica pulizia che veniva fatta era per le parti comuni e anche un po’ all’acqua di rose».A questo si aggiunge che quasi la totalità dei dipendenti del Cpr ha riferito di mancati pagamenti del Tfr o di parte della retribuzione. Avevano persino aggiunto nell’offerta tecnica un contratto di acquisto con Laser video srl di un distributore automatico con istruzioni operative in cinque lingue, in grado di erogare tabacchi e ricariche telefoniche: non è mai esistito. Oppure c’era anche un altro contratto, con la Orasesta spa, per la fornitura di distributori automatici che consentono agli ospiti di consumare snack e bevande a prezzi «sociali».
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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