
Da oggi niente più obbligo di vaccino: le multe verranno annullate, medici e infermieri tornano al lavoro. Resta la precauzione della mascherina in ospedali e Rsa. Ma gli «scienziati» violentano ancora la scienza e si scagliano contro i colleghi reintegrati.L’apartheid vaccinale è finito. Da oggi scatta il reintegro dei sanitari sospesi, privati dello stipendio, trattati da untori, negazionisti, terroristi. Però quest’atto di giustizia, il primo del governo Meloni, manda ai matti tutti quelli che, su menzogne e vessazioni, hanno lucrato bocconi di potere e spazi di visibilità.Davvero la persecuzione è archiviata? Non se ne capacitano. E schiumano di rabbia. Michele Emiliano, presidente della Puglia, si rivolta contro il governo: «Esiste una legge regionale che obbliga i sanitari alla vaccinazione», spiega su Rai 2. Quindi, niente reintegro. «I non vaccinati, irresponsabili, non torneranno in contatto con i pazienti». Chi non ha il coraggio di fare la secessione, si rassegna al ritorno in corsia dei reprobi. Ma sogna di marchiarli: portano malattie, ignorano l’epidemiologia, sono un cattivo esempio.Gli orfani della pandemia, ovviamente, brandiscono il grimaldello della scienza. Dove la parola «scienza» serve a imbellettare l’orrida strategia del bispensiero. Guardate come cambiano registro e narrazione, a seconda delle esigenze: 1984 l’hanno scritto loro. Dopo l’audizione di Pfizer al Parlamento Ue, quand’è venuto fuori che la casa farmaceutica non aveva testato la capacità dei vaccini di bloccare il contagio, essi giuravano: non vi abbiamo mai garantito che quei farmaci fossero sterilizzanti. Ed erano così assertivi da sembrare sinceri. Solo che, adesso, pur di coprire di fango dottori e infermieri refrattari all’iniezione, riesumano la vecchia balla dei no vax superdiffusori del virus. Leggete Giuseppe Remuzzi: non immunizzarsi significa essere più a rischio di contrarre il Covid. Gustatevi Walter Ricciardi: per chi non si vaccina, la trasmissione del Sars-Cov-2 è un’ipotesi certa. Poi controllate i dati dell’Iss: tranne che tra gli over 80, l’incidenza dei contagi è più alta tra i vaccinati che tra i non vaccinati. Quella di lorsignori è scienza? No: è una gherminella. Una svergognata operazione revisionistica.Tra i finalisti del premio faccia di tolla, figura Roberto Burioni. A Che tempo che fa, ha avuto il coraggio di dichiarare: «Nel momento in cui è stato imposto l’obbligo, noi avevamo un vaccino molto efficace nel bloccare il contagio». Ah sì? L’obbligo per i medici risale ad aprile 2021. Quando le verifiche sul campo, in Israele, stavano evidenziando le falle del farmaco. Ma ammettiamo che a Palazzo Chigi nessuno lo sapesse. D’estate, però, era comparsa la variante Delta. Quella che bucava l’immunità in modo formidabile. Le misure vigenti non si potevano ritirare? Manco per idea: le hanno inasprite. Finché, a gennaio 2022, la puntura è stata imposta a tutti gli over 50. In pieno scenario Omicron, il ceppo più elusivo. Non c’è che dire: provvedimenti fondati su solide basi scientifiche…Perciò farebbe tenerezza, se non facesse rabbia, sentire Antonio Ferro, della Società italiana d’igiene, che si lamenta con il Corsera: «Ci deve essere l’evidenza che chi ritorna al lavoro non mette a rischio gli altri». Gli sarebbe sufficiente scorrere, appunto, i bollettini dell’Istituto superiore di sanità. Li pubblicano su Internet da un paio d’anni. Dottore, dobbiamo spedirle il link? Ferro è stizzito: «I rapporti tra i sospesi e quelli che hanno continuato a lavorare, sobbarcandosi molte ore di straordinario a vantaggio di colleghi rimasti a casa, sono tesi». Quale vantaggio? Erano andati in vacanza, o era lo Stato ad averli cacciati senza una giustificazione plausibile? Tra l’altro, lo sdegno per il «perdono» concesso ai ribelli squarcia il velo sulle reali motivazioni di obblighi e punizioni. Domenica, da Lucia Annunziata, il viropiddino Andrea Crisanti blaterava di «diritto di chi ha fatto il buon cittadino», di «paradosso» per cui, «se leviamo la multa a quelli che non si sono vaccinati, dovremmo premiare quelli che si sono vaccinati». La presunta scienza dietro i decreti Draghi era questa: trasformare i diritti costituzionali in una concessione agli obbedienti. Grazie per la chiarezza. Ci voleva.Si resta di stucco dinanzi al lessico che i biliosi del Covid riservano ai dottori che, in teoria, sono loro colleghi. La Fondazione Gimbe, di Nino Cartabellotta, su Quotidiano sanità implora: la discontinuità non sia una «amnistia» antiscientifica e diseducativa. Amnistia? E per quale reato? Omissione di puntura? Vilipendio di Pfizer? «Va ricordato», aggiunge la nota in modo agghiacciante, «che a livello locale possono essere stabilite disposizioni per affidare ai professionisti no vax reintegrati attività diverse da quelle clinico assistenziali, senza configurare demansionamento». Sappiamo chi siete, non la passerete liscia. Modello Puglia.Quanto alle preoccupazioni di ordine morale, è sempre la Società d’igiene a spremere l’ingegno: si costringano i camici bianchi non inoculati a frequentare «un corso di aggiornamento incentrato sul valore etico, sociale e preventivo dei vaccini». «Educazione sanitaria e civile», l’ha chiamata Andrea Vianello, perché lavaggio del cervello pareva brutto. Ma se proprio Giorgia Meloni è tanto misericordiosa, c’è il lodo Giancarlo Loquenzi, giornalista Rai: reintegrate i sanitari sospesi, ma «chiedete loro di indossare una spilletta “no vax”». Gialla può andare? Allora, è questione di scienza o di ideologia? Il «cuore rivelatore», per citare Edgar Allan Poe, è il livore dei siparietti tv. Nei quali, dietro il paravento positivista, affiora il dogmatismo della parareligione. «Se mi viene a curare un medico che era contro il vaccino, lo vorrei sapere», diceva Giovanni Floris nel salottino di Fabio Fazio. Che rincarava: «Vorrei sapere se il medico che mi cura crede nella scienza». Ecco. La Cattedrale sanitaria si è retta su questo pilastro: mostrateci chi è fedele alla linea e chi merita il fuoco della Geenna. O una class action, come da delirio di Furio Colombo. Altro che scienza. È comunismo pandemico.
Guerra aperta tra cartelli della droga pakistani, marocchini e albanesi. E i clan cinesi si contendono la prostituzione.
A Prato la Procura guidata da Luca Tescaroli sta fissando su una mappa i gruppi di stranieri che si fronteggiano a colpi di machete, spedizioni punitive, regolamenti di conti e tafferugli. Non sono episodi isolati, ma tasselli di «una più ampia contrapposizione tra gruppi criminali». Su questa cartina geografica i magistrati ieri hanno puntellato un altro caso: pakistani, marocchini e albanesi si sono scontrati in «una vera e propria faida urbana». Che ha prodotto quattro arresti: due marocchini di 22 e 25 anni, un pakistano di 34 e un albanese di 38, accusati di aver partecipato alle spedizioni punitive. E che sembra confermare l’esistenza di due blocchi distinti (uno pakistano e uno composto da marocchini e albanesi) in lotta per il controllo di un pezzo della città, in particolare dei quartieri in cui circolano droga e denaro.
L’aumento dei tassi reali giapponesi azzoppa il meccanismo del «carry trade», la divisa indiana non è più difesa dalla Banca centrale: ignorare l’effetto oscillazioni significa fare metà analisi del proprio portafoglio.
Il rischio di cambio resta il grande convitato di pietra per chi investe fuori dall’euro, mentre l’attenzione è spesso concentrata solo su azioni e bond. Gli ultimi scossoni su yen giapponese e rupia indiana ricordano che la valuta può amplificare o azzerare i rendimenti di fondi ed Etf in valuta estera, trasformando un portafoglio «conservativo» in qualcosa di molto più volatile di quanto l’investitore percepisca.
Per Ursula von der Leyen è «inaccettabile» che gli europei siano i soli a sborsare per il Paese invaso. Perciò rilancia la confisca degli asset russi. Belgio e Ungheria però si oppongono. Così la Commissione pensa al piano B: l’ennesimo prestito, nonostante lo scandalo mazzette.
Per un attimo, Ursula von der Leyen è sembrata illuminata dal buon senso: «È inaccettabile», ha tuonato ieri, di fronte alla plenaria del Parlamento Ue a Strasburgo, pensare che «i contribuenti europei pagheranno da soli il conto» per il «fabbisogno finanziario dell’Ucraina», nel biennio 2026/2027. Ma è stato solo un attimo, appunto. La presidente della Commissione non aveva in mente i famigerati cessi d’oro dei corrotti ucraini, che si sono pappati gli aiuti occidentali. E nemmeno i funzionari lambiti dallo scandalo mazzette (Andrij Yermak), o addirittura coinvolti nell’inchiesta (Rustem Umerov), ai quali Volodymyr Zelensky ha rinnovato lo stesso la fiducia, tanto da mandarli a negoziare con gli americani a Ginevra. La tedesca non pretende che i nostri beneficati facciano pulizia. Piuttosto, vuole costringere Mosca a sborsare il necessario per Kiev. «Nell’ultimo Consiglio europeo», ha ricordato ai deputati riuniti, «abbiamo presentato un documento di opzioni» per sostenere il Paese sotto attacco. «Questo include un’opzione sui beni russi immobilizzati. Il passo successivo», ha dunque annunciato, sarà «un testo giuridico», che l’esecutivo è pronto a presentare.
Luis de Guindos (Ansa)
Nel «Rapporto stabilità finanziaria» il vice di Christine Lagarde parla di «vulnerabilità» e «bruschi aggiustamenti». Debito in crescita, deficit fuori controllo e spese militari in aumento fanno di Parigi l’anello debole dell’Unione.
A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.




