2023-02-03
Cospito, Nordio mette a cuccia il Pd
Carlo Nordio (Imagoeconomica)
Per il Guardasigilli il contenuto dei colloqui tra i detenuti non è risultato di intercettazioni «ma di mera attività di vigilanza» e come tale non classificato. Va a vuoto il tentativo di processare il vicepresidente di Fdi e Andrea Delmastro Delle Vedove, restano le ombre sulla sinistra.Erano passate le 20 e 30 quando il ministro Carlo Nordio, dopo una lunghissima gestazione, ha riscritto la storia del cosiddetto caso Donzelli. E attraverso un comunicato molto più incisivo del suo intervento in Parlamento sulla presunta fuga di notizie legata alle conversazioni in carcere dell’anarco-insurrezionalista Alfredo Cospito, ha fatto sapere che «conclusa rapidamente la ricostruzione dei fatti richiesta dopo il dibattito parlamentare del 31 gennaio 2023» è arrivato a queste conclusioni: che Donzelli avrebbe citato in aula «una scheda di sintesi» del Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria «non coperta da segreto» e che sull’atto «non risultano apposizioni formali di segretezza e neppure ulteriori diverse classificazioni sulla scheda». Inoltre i colloqui tra Cospito e altri detenuti citati dal parlamentare «non sono stati oggetto di un’attività di intercettazione, ma frutto di mera attività di vigilanza amministrativa» e quindi «la natura del documento non rileva e disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati». Il comunicato precisa anche che «la rilevata apposizione della dicitura “limitata divulgazione”, presente sulla nota di trasmissione della scheda, rappresenta una formulazione che esula dalla materia del segreto di Stato e dalle classifiche di segretezza […] ed esclude che la trasmissione sia assimilabile ad un atto classificato, trattandosi di una mera prassi amministrativa interna in uso al Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ndr) a partire dall’anno 2019». Insomma tanto rumore per nulla. E già ieri sera Donzelli, massacrato per giorni dall’opposizione e dai media, esultava: «Adesso mi aspetto delle scuse», sebbene ancora ieri alcuni giornali abbiano provato a insistere sulla presunta segretezza delle carte.I documenti, due relazioni dei poliziotti della penitenziaria, sono stati pubblicati ieri sul sito Repubblica. Nel carcere di Bancali (Sassari) Cospito condivideva gli spazi di socialità con il boss dei Casalesi Francesco Di Maio, il sicario della ‘ndrangheta Francesco Presta e il mafioso Pietro Rampulla. Secondo gli agenti «Di Maio affermava di aver sentito alla televisione delle proteste su tutto il territorio nazionale di Cospito. Dichiarava che mai per nessuno aveva visto tali manifestazioni di solidarietà. Esortava Cospito a continuare tale battaglia, perché pezzettino dopo pezzettino si arriverà al risultato». Per i poliziotti «il detenuto, quasi a prendere le distanze dai manifestanti, riferiva: “Questi stanno facendo casino in tutta Italia, me lo ha riferito anche il mio avvocato. Ci sono presidi e interviste in tutte le piazze d’Italia. Questi vengono a rompermi il cazzo, ma deve essere una lotta contro il regime 41 bis e contro l’ergastolo ostativo, non deve essere una lotta solo per me. Per me noi 41 bis siamo tutti uguali». Il camorrista avrebbe pronunciato frasi come «questa miccia non deve essere spenta», «noi ti siamo solidali» e «nel caso anche noi faremo lo sciopero della fame». Cospito avrebbe risposto: «Non voglio che sia una lotta per me. Per vedere qualche risultato ci vorranno altri due mesi. il mio avvocato, nella telefonata di oggi, mi ha riferito che l’intenzione è di trasferirmi al più presto possibile presso l’istituto penitenziario di Parma».La seconda relazione riguarderebbe il colloquio tra Cospito e il calabrese Presta, avvenuto il 23 dicembre scorso. «Bisogna creare conflitti, serve un movimento sociale progressista» avrebbe detto l’anarco-insurrezionalista. «Bisogna cambiare la società tanto a livello politico non si fa nulla e il Parlamento non serve». E ancora: «Fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Adesso vediamo che succede a Roma tra qualche giorno. In televisione non ne stanno parlando ancora molto». Presta avrebbe replicato: «Devi mantenere sempre l’andamento, altrimenti poi si dimenticano. Bisogna sempre attirare l’attenzione, non è più come negli anni Ottanta, la gente adesso ha conosciuto il benessere... sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e magari ci levassero l’ergastolo ostativo». In realtà la saldatura tra estremismo di matrice politica e la criminalità organizzata non è una novità e si realizza soprattutto in carcere o quando i terroristi cercano armi. Il sito d’area Soccorso rosso internazionale, nato oltre vent’anni fa proprio per sostenere la lotta dei compagni sottoposti al carcere duro, il Fies il Spagna e il 41bis in Italia, organizza da tempo manifestazioni a favore di Cospito, unico anarco-insurrezionalista sottoposto in Italia a questo tipo di regime, mentre Nadia Lioce e altri due militanti delle Br-Pcc vivono questa condizione da 15 anni. Ebbene Soccorso rosso, che tra i suoi animatori ha estremisti come Andrea Stauffacher (arrestata più volte e finita sotto indagine nell’inchiesta sulle Nuove Brigate rosse), ha messo nero su bianco questa santa alleanza in un comunicato intitolato «41bis è tortura! Solidarietà ad Alfredo Cospito». Ecco che cosa si legge: «Lo Stato, la classe dominante, usano l’arma degli “stati d’emergenza” (oggi pandemia e guerre) per aumentare ed estendere repressione antiproletaria. Dalle leggi e carceri speciali degli anni 70 non sono più tornati indietro, anzi! Il regime 41bis è stato inizialmente giustificato con la lotta alla mafia, in realtà è uno strumento apicale di governo del sistema carcerario, che grava e informa, a cascata, tutto il resto. E grava sul più generale sistema di controllo e repressione delle regioni del sud, dove l’illegalità economica è spesso l’unica possibilità di vita. La vera mafia non sta certo in carcere, ma nei consigli d’amministrazione capitalistici e nelle strutture statali, nella più oscena impunità». Più chiaro di così.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco