
Il «Washington Post» pubblica l’audio della telefonata di un agente di Gerusalemme a un generale sciita: «Hai 12 ore per fuggire, siamo più vicini di quanto immagini».«Hai 12 ore per fuggire con tua moglie e tuo figlio. Altrimenti, sei sulla nostra lista». Al telefono ci sono un agente del Mossad israeliano e un generale iraniano. Non è una scena di un film di spionaggio ma è quanto è realmente accaduto una decina di giorni fa. Uno dei tanti episodi segreti di questa guerra che cominciano a venire a galla. La demolizione della cabina di comando del regime di Khamenei non passa solo attraverso l’eliminazione fisica dei generali e degli scienziati impiegati per costruire gli ordigni nucleari, ma anche tramite strategie più sofisticate. Minacce e avvertimenti accompagnati da abiure pubbliche del regime. È il 13 giugno ed è appena iniziata l’operazione Rising Lion, che prevede la distruzione del programma nucleare iraniano e l’ annientamento della leadership militare, inclusi gli alti comandanti dei Guardiani della Rivoluzione. Alle prime ore del giorno un agente del Mossad, la spietata organizzazione di spionaggio israeliana che ha la regia dell’operazione bellica, fa una chiamata, in perfetto persiano, a un generale iraniano. L’audio è stato reso noto ieri dal Washington Post che lo ha divulgato nel dettaglio. «Posso avvertirti ora, hai 12 ore per fuggire con tua moglie e tuo figlio», dice l’agente all’interlocutore, che forse per un momento deve aver pensato alla soffiata di un amico. Poi l’ avvertimento: «In caso contrario, sei sulla nostra lista. Siamo più vicini a te di quanto lo sia la tua giugulare. Mettitelo in testa, Dio ti protegga», il messaggio duro. «Te lo spiegherò», si sente dire , «ascolta con attenzione». E qui arrivano le minacce, qualora prima non fosse stato abbastanza esplicito. «Chiamo da un Paese che due ore fa ha spedito all’inferno, uno dopo l’altro, Bagheri, Salami, Shamkhani», dice l’agente snocciolando nomi di figure apicali eliminate nell’operazione. Ma non è finita qui. Al generale viene chiesto non solo di togliersi di mezzo, ma di inviare prima un video in cui si dissocia dal regime di Teheran e lo condanna. «Hai 12 ore per fare un video in cui dici che hai abbandonato questo governo e che non vuoi sacrificare la tua vita per chi distrugge il Paese da 46 anni», intima l’agente. Il generale quindi chiede istruzioni: «Come dovrei mandarlo?». E proprio come accade nei film di genere, riceve le indicazioni dettagliate. «Ti invierò un Id Telegram. Mandalo». A questo punto il generale forse avrebbe esitato, chissà se per la sorpresa della telefonata o perché pensa alle conseguenze di un’azione che non consente alternative se non la morte. O probabilmente l’agente vuole essere ancora più pervasivo e lo ammonisce in modo perentorio: «Sembra che tu non abbia capito: abbiamo tutto su di te. Abbiamo eliminato i leader. Ti faccio questa proposta per salvare tua moglie e tuo figlio e tu esiti». Non è chiaro se il video sia stato effettivamente inviato. Secondo il Washington Post, si ritiene che il generale sia ancora vivo in Iran. Proprio come un thriller di spionaggio, il finale resta aperto.
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