2022-04-13
Cortocircuito di Bonomi che accusa i colleghi di speculare sull’energia
Carlo Bonomi (Imagoeconomica)
Il numero uno di Confindustria invoca pure l’autarchia e un complesso tetto per i prezzi.Per il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, imprenditore, quelle di Luigi Einaudi sulla libertà economica furono davvero delle «prediche inutili». Il capo degli industriali italiani ha, di fronte alla crisi ucraina e al caro energia, poche idee e molto confuse. Le ha dettate in un’intervista al Corriere della Sera miscelando economia di mercato e protezionismo. Non si è accorto in tanto afflato di maltrattare qualche suo potente associato. Quando Mario Draghi ha tassato gli extraprofitti energetici (10% giusto per tirare su 4 miliardi e raffreddare benzina e gasolio) tuonò: «I precedenti di tassazione degli extraprofitti hanno avuto problemi di costituzionalità, i provvedimenti del governo sono deludenti». Era d’obbligo difendere Eni ed Enel. Gli hanno ricordato dalla Corte costituzionale che la tassa è legittima e anche dal Cane a sei zampe hanno fatto sapere che quella imposizione non stravolge i conti. Ma Carlo Bonomi sa bene che Eni, Enel e tutte le ex partecipate di Stato gli hanno salvato l’associazione; senza i loro cospicui contributi di soci Confindustria farebbe fatica a stare in piedi. Se lo è ricordato il 18 marzo, ma parlando con il Corriere ieri ha avuto un’amnesia. Nell’intervista, Bonomi spiega che il caro elettricità è determinato da «chi si avvantaggia oltremodo dei rincari». E aggiunge parlando della tassa sugli extraprofitti: «Il prelievo al 10% libera secondo il governo 4 miliardi in sei mesi mentre, a questi prezzi, gli aumenti in bolletta pari a circa 40 miliardi ne vedranno 36 a carico di imprese e famiglie». Dunque a parere di Bonomi, che prima aborriva la tassa sugli extraprofitti, c’è chi fa la cresta sull’energia? Se accetta un consiglio: presidente glielo dica in privato, perché raccontato in un’intervista suona male e rischia di far salire la tensione tra lei, gli utenti e qualcuno di quelli che le pagano la foresteria, il gettone e anche il centro studi. Andando avanti il nostro leader delle forze vive ci illustra la via autarchica al tetto al prezzo del gas. Dice il difensore degli industriali oppressi dal peso energetico: l’Italia lo ha proposto, «ma se l’Europa non lo vuole fare, come sembra finora, dobbiamo farlo da soli: un price cap che valga in Italia sul prezzo del gas comprato all’ingrosso, molto sotto i livelli attuali». Questo perché l’Arera può «convoca le imprese importatrici di gas e chiede trasparenza sui loro contratti». Facile a dirsi (quasi) impossibile a farsi, ma sentire chi dovrebbe avere come faro (sempre che possa pagare la bolletta) il libero mercato affermare che ci vuole un prezzo imposto fa un po’ senso. Quando alla Bocconi hanno spiegato la legge della domanda e dell’offerta o l’ottimo parietano (un pilastro dell’economia di mercato) il buon Carlo Bonomi doveva essere assente. Facciamo così: quando gli industriali chiederanno aumenti di qualsiasi cosa siamo autorizzati, con il benestare di Confindustria, a chiedere al governo di mettere un tetto. Peraltro Bonomi quando gli chiedono dell’inflazione mangia redditi invoca un aiutino. Non da casa, ma da Palazzo Chigi. «Dobbiamo dare più soldi ai lavoratori, e la strada per questo è il taglio dei contributi». Il nostro si è scoperto anche scettico su Bruxelles. Rivendica che gli altri vogliono più bene alle imprese. Berlino mette 100 miliardi sul piatto. Ma non ha 2.740 miliardi di debito, qualcuno finito anche nelle tasche degli imprenditori. E però in Europa sono anche egoisti: la Norvegia lucra sul gas, la Germania lo compra meglio dalla Russia e blocca il tetto, insomma non ci seguono. Grazie presidente; finalmente cambierà il refrain. Da ce lo chiede l’Europa a ce lo impone Bonomi.