2023-10-20
Cortocircuito dem: più spesa e sì ai diktat Ue
Elly Schlein e Maurizio Landini (Ansa)
Le opposizioni e il Pd in particolare fanno propaganda sul salario minimo e criticano la legge di bilancio perché non avrebbe messo risorse sulla sanità, salvo gridare all’allarme se si sfora l’austerità europea. Intanto la Cisl si dissocia dalle critiche di Cgil e Uil.Se la strada per aumentare le buste paga degli italiani era quella individuata in piena estate dalla Meloni, quanto successo nelle ultime ore in Parlamento è la sua logica conseguenza. Il premier aveva chiesto al Cnel di studiare la pratica e di arrivare a un documento finale che suggerisse i punti sui quali intervenire. Salario minimo? Non è necessario. Secondo il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro è fondamentale insistere sulla contrattazione per estenderla a quei settori dove oggi gli stipendi sono ancora troppo bassi. Uno dei problemi principali è il ritardo nel rinnovo dei contratti che con un’inflazione galoppante riduce il potere di acquisto delle famiglie italiane. Quindi anziché insistere su una legge che impone una retribuzione minima oraria e che potrebbe avere l’effetto di incrementare il lavoro nero, sarebbe il caso di insistere su strumenti che «spingano» la firma dei contratti che in alcuni casi aspettano il rinnovo da più di un decennio. Sintetizziamo, ma il succo è questo. Logico quindi che a Montecitorio ci sia stata, nelle scorse ore, la richiesta della maggioranza di rinviare la discussione sul salario minimo proposto dall’opposizione in Commissione lavoro. L’idea è quella di iniziare con le audizioni tra un paio di settimane, chiamando in primis a parlare il presidente del Cnel, Renato Brunetta. Così il Pd, per una volta accompagnato da tutti i partiti di minoranza, ha deciso di abbandonare i lavori, in segno di protesta per la mancata calendarizzazione di esame e voto del provvedimento.La Schlein parla di governo in difficoltà sul tema e spera di cavalcare l’onda lunga di questa polemica per dare un po’ di mordente alla manifestazione dem dell’11 novembre («Scendiamo in piazza. Per l’Europa che vogliamo, per l’Italia che meritiamo») che resta a rischio flop. Del resto ormai la linea del segretario è chiara: andare a rimorchio della deriva movimentista del leader in pectore dei democratici, Maurizio Landini. Senza se e senza ma. E anche sulla manovra il Pd non si è smentito. Che Landini invochi lo sciopero generale ormai è un esercizio retorico. Lo aveva fatto quando ancora non si conoscevano i contenuti della legge di bilancio figurarsi adesso. La novità è che nonostante il richiamo alle armi, ieri l’ex leader della Fiom si sia preso un secco rifiuto dalla Cisl. In una lettera dai toni garbati quanto fermi, il segretario Luigi Sbarra ha rispedito al mittente l’invito della Cgil a programmare delle forme di protesta (lo sciopero ovviamente) unitarie. «Ho letto con interesse i contenuti degli ordini del giorno votati dagli organismi di Cgil e Uil», si legge nella missiva, «la Cisl resta in attesa di analizzare il testo definitivo della legge di Bilancio e dei provvedimenti collegati per poter effettuare una disamina sindacale compiuta e avanzare un giudizio complessivo. Peraltro, guardando alle anticipazioni rese dall’esecutivo nell’incontro con le parti sociali si evidenziano non pochi interventi coerenti con le rivendicazioni su cui ci siamo battuti in questi mesi in modo unitario, sia nei momenti di mobilitazione comune, sia ai tavoli di negoziato con il Governo. Misure che, se confermate, sarebbero motivo di un nostro giudizio articolato e non privo di luci. È quindi ancora più importante ragionare sui contenuti definitivi della manovra...». Insomma prima di prendere una deriva barricadera sarebbe forse il caso di valutare i dettagli della legge di bilancio e continuare a tenere aperto il dialogo con l’esecutivo. Non la pensa allo stesso modo il Pd che oltre a criticare l’impianto generale della Finanziaria va avanti come un disco rotto sui tagli alla sanità. Puntando il dito sul dissesto che ha creato negli ultimi 10 anni e passa di governo. Insomma lì dove sarebbe il caso di fare un mea culpa, i democratici accusano. «Servono almeno 4 miliardi l’anno in più per i prossimi cinque anni per raggiungere il 7,5% di spesa sanitaria rispetto al Pil e portare l’Italia alla media europea», ripete come avesse imparato la lezioncina a memoria la Schlein, «Fondi necessari per sbloccare le assunzioni e chiudere la stagione dei gettonisti ed anche per attuare la riforma della medicina territoriale e di prossimità, che è il tassello fondamentale per decongestionare gli ospedali e dare cure appropriate».Bene. Peccato che si tratti della stessa Schlein che invoca sempre a mo’ di cantilena la necessità di tenere in ordine in conti pubblici, perché ce lo chiede l’Europa, e che a ogni minimo aumento del differenziale dei nostri titoli di Stato rispetto a quelli tedeschi finge spavento e chiede rigore perché ci sono alle porte i giudizi delle temutissime agenzie di rating che potrebbero trasformare i Btp in spazzatura. Un po’ di coerenza, anche nelle critiche, non guasterebbe.
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