2024-04-23
La Corte Ue spegne l’elettrico: costa troppo
Secondo i magistrati contabili, per rendere le auto «verdi» alla portata di tutti i prezzi dovrebbero dimezzarsi. Il vero problema è nelle batterie e nel mercato dominato dalla Cina: «L’industria Ue non sta al passo senza sussidi e Pechino è pronta a invaderci».Chery può diventare il secondo produttore. Contratti di solidarietà a Mirafiori fino a settembre.Lo speciale contiene due articoli.Ridurre le emissioni delle auto? È più facile a dirsi che a farsi perché l’industria europea delle batterie è in ritardo rispetto ai concorrenti mondiali, soprattutto cinesi, e questo rischia di non far raggiungere i target al 2035 fissati da Bruxelles in termini di utilizzo di auto elettriche. La raccomandazione arriva dalla Corte dei Conti europea il cui compito è fare da cane da guardia a come viene speso il budget della Ue, ovvero controllare che il denaro dei contribuenti europei sia speso bene e adottando le strategie giuste. Ebbene, in una conferenza stampa ieri è stato spiegato il parere della Corte sul futuro del mercato delle quattro ruote. La premessa è che per azzerare le emissioni nette entro il 2050 è necessario diminuire le emissioni di carbonio prodotte dalle auto a motore endotermico, esplorare le opzioni di combustibili alternativi e favorire la diffusione dei veicoli elettrici sul mercato di massa. Il Green deal va però conciliato con la sovranità industriale e con l’accessibilità economica per i consumatori. Ebbene, il primo punto non si è finora concretizzato, il secondo risulta non sostenibile su vasta scala e il terzo rischia di essere costoso sia per l’industria che per i consumatori della Ue. Quello dei veicoli elettrici sta infatti diventando un «rompicapo per la Ue», come l’hanno definito gli auditor della Corte che hanno riscontrato come l’industria europea delle batterie sia in ritardo rispetto ai concorrenti mondiali, mettendo potenzialmente in crisi la capacità interna prima che questa sia al massimo regime. Meno del 10% della produzione mondiale di batterie è localizzata in Europa e per la stragrande maggioranza è in mano ad imprese non europee. A livello mondiale, la Cina rappresenta un impressionante 76%. «Le auto elettriche possono davvero trasformarsi in un doppio dilemma per l’Ue: da un lato, tra le priorità verdi e la politica industriale e, dall’altro, tra le ambizioni ambientali e il portafoglio dei consumatori», ha sottolineato Annemie Turtelboom, membro della Corte. Il divieto di circolazione delle auto a benzina e diesel previsto per il 2035 significa che nella Ue dovranno essere vendute molte più auto elettriche in poco più di un decennio. Ma la strada è piena di buche, lunga e tortuosa. «La Cina domina il mercato, con oltre tre quarti della capacità produttiva globale. Il tallone d’Achille dell’Europa sono le materie prime necessarie per la produzione di batterie: litio, manganese, cobalto e grafite naturale. La Ue è fortemente dipendente dalle importazioni insicure, ovvero da un numero ristretto di Paesi con i quali non ha accordi commerciali, come l’Australia, il Gabon, la Repubblica Democratica del Congo e la stessa Cina». E poi c’è il problema della domanda. «Allo stato attuale, i prezzi dovrebbero dimezzarsi. Né i sussidi pubblici sembrano essere uno strumento politico praticabile per ottenere l’adozione di massa delle auto elettriche. Prendiamo ad esempio il costo delle batterie della Ue, che nel 2020 era di circa 200 euro/kWh, più del doppio dell’obiettivo di 90 euro per il 2022. Ciò significa che la sola industria di produzione costa già una media di 15.000 euro quando viene prodotta in Europa. Di conseguenza, le auto elettriche sono semplicemente inaccessibili per la popolazione», aggiunge Turtelboom. Ricordando che nel 2026 la Commissione europea rivaluterà la situazione come previsto dalla clausola di revisione. Se necessario, potrà modificare il calendario del divieto di vendita delle nuove auto a benzina e diesel. Dovrà stabilire se l'obiettivo del 2025 di 13 milioni di auto elettriche nella Ue è stato raggiunto, dovrà esaminare l’efficacia e l’impatto della regolamentazione sulle emissioni di CO2, ma anche gli sviluppi tecnologici e la fattibilità economica delle auto elettriche. «Ciò significa che il 2026 sarà un anno cruciale».La Corte dei Conti Ue sottolinea anche che, nonostante un significativo sostegno pubblico, il costo delle batterie prodotte nell’Unione resta molto superiore al previsto. Ciò le rende inevitabilmente meno competitive rispetto a quelle di altri produttori mondiali e potrebbe anche rendere proibitivi i veicoli elettrici europei per una larga parte della popolazione (spoiler: in Italia lo sta già facendo). Le vendite hanno beneficiato di sovvenzioni pubbliche e hanno riguardato per lo più il segmento dai 30.000 euro in su. Una quota significativa di questo prezzo è rappresentata dalle batterie. C’è poi il problema dei punti di ricarica che sono ancora troppo pochi e troppo distanti. Al momento dell’audit, risultava estremamente difficile raggiungere l’obiettivo di 1 milione di unità entro il 2025. La disponibilità di stazioni di ricarica varia notevolmente da un Paese all’altro: sono particolarmente rare ad est, mentre il 70% è situato in Francia, Germania e Paesi Bassi. Insomma, conclude Annemie Turtelboom, «l’Unione europea deve trovare una risposta convincente se vuole raggiungere i suoi obiettivi e fare della sua politica un successo».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/corte-ue-auto-elettrica-2667844527.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="niente-golden-power-su-chery-la-casa-dauto-cinese-vicina-allitalia" data-post-id="2667844527" data-published-at="1713855535" data-use-pagination="False"> Niente golden power su Chery. La casa d’auto cinese vicina all’Italia Nell’infinita trattativa tra il governo e Stellantis sulla produzione e l’occupazione dei siti italiani della multinazionale dell’auto, siamo arrivati al punto di massima divergenza. Da un lato c’è l’azienda che anche ieri ha dato un’altra brutta notizia a circa 1.000 dei 2.800 addetti di Mirafiori: l’avvio dei contratti di solidarietà per chi lavora sulla linea della 500e. Finirà il 6 di agosto, giusto in tempo per le ferie. E cosa succederà dopo nessuno è in grado di dirlo. Un sito ormai paralizzato. Da inizio anno la produzione si è dimezzata, sono appena partite due settimane di cassa integrazione e anche gli operai che lavorano sulla linea Maserati conoscono da mesi (si concluderà a dicembre) i tempi e salari ridotti della solidarietà. Dall’altro c’è il governo che tira dritto sul proposito annunciato di individuare almeno un secondo produttore d’auto che faccia concorrenza a Stellantis e al quale vadano una parte di quegli incentivi tanto anelati dalla stessa multinazionale guidata dall’ad Carlos Tavares. Tanto più il manager portoghese minaccia ripercussioni sulla produzione, tanto più l’esecutivo organizza call e incontri con nuovi player. Nomi e indiscrezioni sono circolati a iosa, ma sull’ipotesi Chery sembrano davvero esserci buone possibilità che l’affare con la casa cinese possa andare in porto, al punto che qualche giorno fa ci sarebbe stato un incontro tra il ministro delle Imprese Adolfo Urso e il numero uno della casa di Wuhan, Yin Tongyue. Vedremo. Chery nel 2023 ha aumentato del 52% le vendite (1,88 milioni di automobili) e del 50% i ricavi. E ha da poco mosso i primi passi in Europa: prima dell’estate dovrebbe iniziare la produzione delle Omoda 5 (benzina ed elettrica) nell’ex fabbrica Nissan nella zona franca di Barcellona. Ma non intende fermarsi. E l’Italia in questo momento è in pole position per diventare il suo secondo hub nel Vecchio Continente. Che le trattative siano ben avviate lo dimostra un particolare che la Verità è in grado di rivelare. In una riunione della scorsa settimana, su indicazione soprattutto del Mimit, il governo ha deciso di non esercitare più (in precedenza invece si era espresso per l’esercizio dei potersi speciali a tutela dei dati dell’utente) il golden power sulla costituzione di una società in Italia da parte del gruppo Chery. Si tratta della Omoda & Jaecoo Automotive che opererà quindi nell’assemblaggio e nella vendita di auto. Resta aperta contemporaneamente, anche la pista che porta a Dongfeng. L’altra casa automobilistica di Wuhan che ha ancora una piccolissima partecipazione in Stellantis. Ma a questo punto il sorpasso di Chery è nei fatti. Per capire il cul de sac nel quale si è infilato il mercato europeo dell’auto e in un certo senso anche Stellantis, basta vedere quello che mette nero su bianco la Corte dei Conti Ue quando certifica che nonostante i sussidi i prezzi delle batterie per le auto elettriche restano altissimi e nella sostanza fuori mercato. Per cui davanti a Bruxelles in questo momento si intravedono due scenari: il primo è continuare a insistere con la politica perdente dei sussidi alle elettriche che a furia di drogare il mercato prima o poi lo ammazzerà, il secondo è aprire le porte alle auto low cost cinesi, che rivitalizzerebbero le vendite, ma avrebbero gioco facile a fagocitare tutto il resto. In mezzo al guado c’è l’Italia e ci sono i siti italiani di Stellantis che mai come in questo momento fanno una tremenda fatica a intravedere una via d’uscita dalla crisi di vendite e occupazione. I sindacati invocano nuovi modelli, possibilmente ibridi, che sicuramente avrebbero più prospettive di quelli a batteria.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.