2025-08-03
Ma la Corte ha messo limiti alle toghe
Il commissario europeo per gli affari interni e la migrazione Magnus Brunner (Ansa)
Il verdetto in realtà assegna a governi e Parlamenti il compito di valutare i Paesi sicuri e indica criteri ben precisi ai magistrati per esercitare il controllo sulle designazioni.Il diavolo - inteso per tale, nella specie, dal punto di vista del governo, quello manifestatosi con la sentenza della Corte di giustizia europea in materia di «Paesi di origine sicuri» dell’altroieri - non è forse tanto brutto quanto viene dipinto e, per converso, neppure tanto bello quanto lo vedono, dall’opposto punto di vista, i suoi adoratori. Per rendersene conto occorre anzitutto ricordare che la Corte era stata interpellata dal Tribunale di Roma - investito dell’impugnazione proposta da taluni soggetti provenienti da Paesi ritenuti sicuri avverso la reiezione delle loro domande di protezione internazionale - perché (detto in estrema sintesi) fosse chiarito, con riferimento a talune norme contenute nella vigente direttiva europea n. 32 del 2013: a) se i Paesi da considerare sicuri potessero essere individuati con atti aventi forza di legge, come avvenuto in Italia con il dl n. 158/2024, poi abrogato ma sostituito con altri provvedimenti di identico contenuto; b) se la detta individuazione precludesse all’autorità giudiziaria di sindacarne la fondatezza, sulla base tanto degli elementi posti a suo fondamento quanto di quelli che la stessa autorità avesse, eventualmente, acquisito in via autonoma; c) se potesse considerarsi sicuro anche un Paese nel quale (come avveniva nel caso di specie) fosse già riconosciuto, in partenza, che la situazione di sicurezza, limitatamente a talune categorie di soggetti, non poteva dirsi sussistente. Ora, al primo dei suddetti interrogativi la Corte ha dato una risposta positiva, ponendo come sola condizione - e così rispondendo anche al secondo - quella che la designazione, con atto avente forza di legge, di un Paese di provenienza come sicuro possa essere oggetto di adeguato controllo giurisdizionale da parte del giudice cui l’interessato si sia rivolto per opporsi all’applicazione, nei propri confronti, della cosiddetta «procedura accelerata» di respingimento della richiesta di protezione internazionale, quale prevista appunto, dalla summenzionata direttiva europea, per il caso in cui il richiedente provenga da un Paese sicuro. Condizione, quella ora detta, della quale non si dubita che sia, in Italia, pienamente soddisfatta e operante. Giova però osservare, al riguardo, che nella stessa sentenza si afferma testualmente che l’anzidetta procedura «si basa su una forma di presunzione relativa di protezione sufficiente nel Paese d’origine, la quale può essere superata dal richiedente che adduca gravi motivi attinenti alla sua situazione personale, conformemente all’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2013/32». Ciò significa (se le parole hanno un senso) che, trattandosi appunto di una presunzione di legge, il giudice non è facoltizzato e men che mai tenuto a verificarne d’ufficio la fondatezza, dovendo egli verificare soltanto la fondatezza o meno dei «gravi motivi» che l’interessato ha l’onere di allegare, qualora voglia sostenere che, nel Paese d’origine, ancorché ritenuto, in generale, sicuro, la sua personale situazione lo porrebbe a rischio di persecuzioni, violenze o ingiustificate discriminazioni. Il che corrisponde esattamente a quanto appunto previsto, nell’ordinamento interno, dal vigente articolo 2 bis, comma 5, del dlgs n. 25 del 2008, secondo cui anche il richiedente asilo o protezione internazionale che provenga da un Paese qualificato come sicuro ha la possibilità di far valere «gravi motivi» per i quali quel medesimo Paese sia da considerare non sicuro con riguardo alla sua «situazione particolare». Ed è da notare, a questo punto, che nella sentenza in discorso non risulta né riprodotto né richiamato il principio affermato invece nella precedente sentenza del 4 ottobre 2024 - dalla quale il Tribunale di Roma aveva tratto spunto per chiedere l’intervento della Corte di giustizia - secondo cui il giudice investito dell’impugnazione avverso la reiezione di una richiesta di protezione internazionale avanzata da persona proveniente da Paese qualificato come sicuro deve comunque verificare la fondatezza di tale qualificazione e disconoscerla, se del caso, anche quando, nell’atto d’impugnazione, essa non sia stata espressamente contestata. La Corte si è, infatti, limitata a riaffermare, per quanto qui interessa, l’esigenza che il diritto interno «comporti un esame, da parte del giudice, di tutti gli elementi di fatto e di diritto che gli consentano di procedere ad una valutazione aggiornata del caso di specie», tenendo conto, «se del caso, anche degli eventuali elementi sopravvenuti», senza in alcun modo lasciar intendere che la suddetta valutazione debba esulare dai limiti segnati dalla doverosa verifica dei soli «gravi motivi» sui quali l’interessato si sia basato per sostenere che nel suo Paese d’origine egli non potrebbe sentirsi, personalmente, al sicuro. Il che ben può spiegarsi considerando che la sentenza del 4 ottobre 2024 si riferiva a un caso in cui la qualificazione del Paese d’origine dell’interessato come sicuro era contenuta non in una legge ma in un provvedimento di natura amministrativa, adottato in base a quella che, nella legge, era soltanto una generica previsione (così come avveniva in Italia prima dell’emanazione del dl n. 158/2024). Escluso, quindi, per quanto finora osservato, che le risposte fornite dalla Corte europea ai due primi interrogativi pongano in evidenza contrasti tra la normativa europea e quella nazionale sui punti che ne hanno formato oggetto, rimane solo da dire che il contrasto si manifesta, invece, con la risposta data al terzo interrogativo, dal momento che tra i Paesi che nella vigente legge italiana sono indicati come sicuri ve ne sono due (l’Egitto e il Bangladesh) per i quali risulta ufficialmente riconosciuta l’assenza di sicurezza per alcune categorie di persone. Si tratta però di un contrasto che, a parte la sua scarsa incidenza rispetto al numero dei paesi indicati come totalmente sicuri, è comunque destinato a venir meno quando, il 12 giugno 2026 (se non prima, ove vi sia accordo, a livello europeo, in tal senso), entrerà in vigore la nuova direttiva n. 1348/2024 che, a differenza della precedente, prevede espressamente la possibilità di considerare come Paesi d’origine sicuri anche quelli in cui vi siano delle eccezioni per talune categorie di persone, purché chiaramente identificabili. Molto rumore per nulla, quindi? Non proprio, ma quasi, sempre che alla Corte europea non si voglia far dire quello che, invece, non ha detto o non far dire quello che, invece, ha detto. di Pietro Dubolino, Presidente di sezione emerito della Corte di Cassazione
Silvio Berlusconi e Claudio Lotito al Senato in una foto del 13 ottobre 2022 (Getty Images)
Nel giorno in cui Silvio Berlusconi avrebbe compiuto 89 anni, Claudio Lotito gli dedica una lettera affettuosa: «Il modo in cui hai amato gli italiani continua a sostenerci. Hai realizzato tutti i tuoi sogni, rendendo l’Italia riconoscibile nel mondo».
«Caro Presidente, caro Silvio, auguri. Oggi compi gli anni, e anche se non sei fisicamente presente non è un problema. Potrà sembrare poco ortodosso usare questa espressione, ma il modo e l’intensità con cui hai amato gli italiani, così tanto e così profondamente, continuano a sostenerci anche se tu non ci sei più. È una cosa che è rimasta in ognuno di coloro che hanno capito che il tuo valore, come politico e come uomo, dipendevano anzitutto dalla maniera in cui i tuoi sentimenti, i tuoi pensieri e le tue azioni contribuivano allo sviluppo dell’esistenza degli altri individui. Credo che muoia lentamente chi non vive le proprie passioni, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle ‘i’ piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi. Caro Presidente, caro Silvio, il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. E tu hai vissuto tutti i tuoi sogni: da imprenditore, da uomo di sport e da politico, tutti realizzati rendendo l’Italia riconoscibile al mondo. Auguri Presidente! Auguri Silvio!». Lo dichiara il senatore Claudio Lotito.
Continua a leggereRiduci
(Totaleu)
«Serve autonomia strategica Ue, batterie fondamentali». Lo ha dichiarato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso durante un punto stampa al Consiglio Competitività di Bruxelles.