2023-02-08
Un corso Ue insegnò come usare il terrore in caso di pandemia
Pier Luigi Lopalco (Getty Images)
Punire i no vax, nascondere gli effetti avversi, distanziamento: tutto era già anticipato nel 2013. Il ruolo di Walter Ricciardi e Pier Luigi Lopalco.Spesso ci siamo sentiti ripetere che il Covid ci ha colto alla sprovvista e che alcuni dei madornali errori di gestione della pandemia sono da attribuirsi proprio all’imprevedibilità dell’evento. In realtà, però, svolgendo qualche indagine appena più accurata si scopre che le cose non stanno esattamente in questo modo. Sui modelli di gestione delle pandemie gli esperti italiani hanno frequentato, negli anni, fior di corsi, e dall’esame di alcuni di questi emergono dettagli particolarmente interessanti, che in larga parte spiegano quanto accaduto negli ultimi tre anni. Un caso particolarmente interessante è quello del progetto Tell Me, sostenuto finanziariamente dalla Commissione europea e svoltosi dal 2013 al 2016. Si tratta – come si apprende dal sito ufficiale ancora attivo – di «un progetto collaborativo di 36 mesi che mira a fornire prove e sviluppare modelli per una migliore comunicazione del rischio durante le crisi di malattie infettive».In pratica, parliamo di un imponente corso di formazione per spiegare ai professionisti della salute come rivolgersi alla popolazione durante una pandemia, basandosi sulle lezioni apprese nel 2009 quando si diffuse la H1n1. Dato interessante: nel board di Tell Me sedeva un personaggio che conosciamo bene, cioè Pier Luigi Lopalco, virostar convertita alla politica da Michele Emiliano e poi candidato non eletto del Pd in Puglia. Altro particolare: tra i partner del progetto europeo, assieme a vari altri organismi internazionali, c’era il Centro Nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) facente capo all’Istituto superiore di sanità. Un centro che fu chiuso dopo che, nel 2015, Walter Ricciardi divenne commissario dell’Iss. Come noto, la chiusura suscitò parecchie polemiche e per impedirla alcune centinaia di medici e docenti firmarono un appello che però rimase lettera morta. A quanto pare, tuttavia, le lezioni apprese nei tre anni di svolgimento di Tell Me sono comunque arrivate ai medici italiani, i quali hanno messo in pratica molti dei comportamenti suggeriti dai documenti prodotti nel corso del progetto. Anzi, a ben vedere i nostri esperti hanno agito in alcune circostanze con uno zelo molto maggiore di quello richiesto. Esaminando a fondo le parole d’ordine e le indicazioni fornite da Tell Me ai gestori della cosa pubblica e ai medici troviamo tutti i presupposti di quanto sarebbe accaduto dopo: dall’insistenza sui vaccini come unica soluzione fino al controllo dell’informazione e dei social. Qualche piccolo esempio tratto dai vari documenti prodotti dal gruppo di lavoro dopo tre anni di intenso confronto. Quali sono le migliori strategie per indurre la popolazione a vaccinarsi? Il report elaborato da Tell Me prende in considerazione l’eliminazione delle esenzioni religiose, riportando tuttavia il parere contrario di Paul Offit (oggi consulente esperto della commissione vaccini di Fda, quella che alla fine ha raccomandato la vaccinazione anche per i bambini): «Proposta fantasiosa, i Tribunali statunitensi non hanno soppresso neanche le esenzioni religiose ai medicinali salvavita, figuriamoci queste». Ma, secondo Tell Me, la «lunga storia di vaccinazioni obbligatorie in America, dall’antivaiolosa al vaccino contro l’antrace, avalla il ricorso all’obbligo». Poco importa che, per stessa ammissione di Tell Me, abbia dato vita, negli Usa, ai movimenti no vax: «Gli obblighi comportano una sanzione, di solito la negazione di un privilegio sociale (sic!, ndr) come frequentare la scuola o lavorare in un ospedale», si legge nel report, «ma portano a una migliore diffusione del vaccino, conferendo benefici significativi alla popolazione». Come esempio di best practice c’è la Slovenia: «Ha uno dei programmi di vaccinazione più aggressivi al mondo, che impone la vaccinazione sotto minaccia di pesanti sanzioni economiche, consentendo solo esenzioni mediche riviste dal comitato, ma vanta un tasso di conformità superiore al 95% per i vaccini obbligatori». Insomma, già tra il 2013 e il 2016 il programma europeo sosteneva che puntare la pistola alla tempia delle persone aumentasse il tasso di vaccinazione, in pratica è la strategia che sarebbe poi stata applicata Italia: curioso.E gli eventi avversi? Nei documenti di Tell Me si parte dal presupposto che siano «rari» e «lievi», per definizione. Altre ipotesi non sembrano essere contemplate. E dunque, «la letalità e la mortalità derivanti da malattie prevenibili con il vaccino rimarranno (sempre per definizione, ndr) superiori a quelle causate dai vaccini, fino a quando non sarà raggiunta la virtuale eradicazione dell’agente infettivo». Con buona pace dei tanti virus non eradicabili, quelli che non hanno come solo ospite l’uomo ma anche gli animali: il Covid, per esempio. Nelle righe successive, spunta la spinta ideologica a vaccinare anche chi non ne ha bisogno: «Sebbene per una fascia di popolazione il rischio di malattia è trascurabile, facendo apparire i rischi della vaccinazione inaccettabili per quell’individuo, questo piccolo rischio individuale diventa però accettabile in un contesto sociale più ampio, perché riduce significativamente il rischio per la popolazione più vulnerabile». Esporre i giovani a un «piccolo rischio» per proteggere qualcun altro: non suona familiare? Ci sarà un motivo per cui «i bambini che hanno medici in casa sono meno inclini ad adempiere a tutte le vaccinazioni obbligatorie», mentre - rileva uno dei report - «i figli delle madri single in precarie condizioni economiche le fanno fare tutte». Del resto, che viziati questi occidentali: nei Paesi ad alto reddito, la popolazione generale è così ben abituata alle campagne di vaccinazione da sviluppare una sfrontata «mancanza di familiarità con le malattie prevenibili dai vaccini, con conseguente bassa tolleranza per qualsiasi effetto avverso». I documenti, ovviamente, parlano anche dei no vax, presentati come bravissimi nel riportare soltanto storie aneddotiche di eventi avversi, «tecnica molto efficace, che non deve però essere generalizzata o direttamente correlata». Si dovrebbe, perciò, «prendere in considerazione la possibilità di fornire scenari personali di coloro che non sono stati vaccinati e hanno subito effetti avversi». Ricordate quando le terapie intensive sotto Covid erano più piene di giornalisti con telecamere che di medici? À la guerre comme à la guerre, insomma. Per altro, le informazioni sugli effetti avversi sarebbe meglio non diffonderle, come spiega l’ineffabile Pier Luigi Lopalco (all’epoca membro dell’Ecdc a capo del programma vaccini) in un video ancora presente sul sito di Tell Me. Nel filmato il medico parla degli eventi avversi da vaccinazione Fluad: «La prima regola per una comunicazione efficace», dice, «è che bisogna basarsi sull’evidenza che questi eventi avversi non erano correlati alla vaccinazione». Nessun accenno, neanche una parola, sulla necessità di implementare la farmacovigilanza attiva.Passiamo ora a un altro tema. Come fare digerire al popolo l’uso delle mascherine? Pur chiarendo che «non ne è dimostrata l’efficacia in comunità» - un’evidenza confermata anche oggi, a distanza di otto anni - il report di Tell Me suggerisce di ricorrere alla paura: gli studi dimostrano che «la gravità percepita influenza in positivo i comportamenti raccomandati». Esempio: «Coloro che ritenevano che l’influenza aviaria potesse essere più grave della Sars sono stati più inclini all’uso della mascherina e ad altri comportamenti precauzionali, come il distanziamento sociale». Toh. Potremmo portare numerosi altri esempi ma ci fermiamo qui. Quanto abbiamo raccontato basta a suggerire fin troppe riflessioni. E a farci pensare che molte delle azioni anche violente compiute dalle istituzioni durante la pandemia fossero frutto di un ben organizzato allenamento.