2019-05-29
Corsa a censurare la rockstar «sovranista»
I negozi mettono al bando i suoi dischi, i suoi manifesti vengono rimossi dalle stazioni, deve annullare i concerti per evitare violenze. Steven Morrissey, genio del pop, osa criticare immigrazione, Ue e islam. E infatti da qualche tempo provano a farlo tacere.Una quarantina d'anni fa i musicisti rock più pericolosi d'Europa- almeno secondo i giornali e qualche politico - erano alcuni ragazzini bruttissimi e piuttosto sporchi chiamati Sex Pistols, che con i loro inni all'anarchia e le canzoni contro sua maestà la regina fecero esplodere a livello commerciale il genere punk. Ora, invece, il nemico numero uno è un elegantissimo signore britannico, decisamente belloccio, che ha compiuto 60 anni pochi giorni fa e si chiama Steven Morrissey. Noto ai più solo come Morrissey, è stato il deus ex machina degli Smiths ed è un pezzo parecchio importante di storia della musica contemporanea. Ha venduto milioni di dischi in tutto il mondo, nel 2006 un sondaggio commissionato dalla Bbc lo vedeva al secondo posto tra le più importanti personalità culturali inglesi viventi. Capite bene che qui non si tratta semplicemente di un cantante, ma di uno di quei rari personaggi capaci di influenzare in profondità la cultura popolare di una nazione e di un intero continente. Da pochi giorni il nostro ha dato alle stampe un nuovo album intitolato California Son. Lo potete acquistare anche nei negozi italiani, ma di sicuro non lo troverete da Spillers Records, a Cardiff, nel Galles. Direte: e chi se ne frega. E invece che il disco lì non si trovi è importante, poiché Spillers è il più antico rivenditore musicale del mondo. Il gestore, pochi giorni fa, ha deciso di mettere al bando tutta la produzione musicale di Morrissey. Motivo? Le «posizioni razziste» espresse dal cantante. E non è finita. Merseyrail, azienda di trasporti britannica con sede a Liverpool, che gestisce una settantina di stazioni della metropolitana, ha stabilito che i manifesti promozionali del nuovo album di Morrissey non potranno essere affissi sulle pareti delle varie fermate. La ragione è sempre la stessa: l'ex Smiths è un razzista e un fascista. C'è di più. Numerose testate, a partire dal Guardian, hanno stroncato il disco in uscita, sovrapponendo il giudizio politico a quello musicale. Sempre il Guardian, un anno fa, pubblicò un articolo di Stewart Lee intitolato: «Come trattare Morrissey? Smettete di ascoltarlo». Un esplicito invito al boicottaggio. Nell'aprile del 2018, invece, fu il musicista medesimo a scegliere di cancellare alcune date del tour, in patria e in altri Stati europei. A Manchester, città natale della rockstar, erano in programma due esibizioni, e alcuni gruppi di attivisti antirazzisti hanno annunciato che avrebbero presidiato l'evento onde protestare contro il vecchio Steven. Il clima che si era creato era piuttosto teso, e il management dell'artista ha preferito evitare problemi e possibili violenze. Come dicevamo, questo signore piacente e romantico è diventato nel giro di poco tempo una specie di mostro: fascista, razzista, nazista, intollerante, islamofobo, misogino. Viene da chiedersi che abbia mai fatto di così orribile. La risposta è semplice: ha osato pensare con la sua testa ed esprimersi di conseguenza. A metà maggio, tanto per fare un esempio, ha partecipato a The tonight show starring Jimmy Fallon, trasmissione americana tra le più influenti del pianeta. Per l'occasione, Morrissey ha sfoggiato la spilletta di un partito inglese chiamato For Britain. Il quale si propone - pensate un po' - di controllare l'immigrazione e di combattere le derive estremiste dell'islam. In realtà, già un anno fa il cantante aveva espresso apprezzamento per il piccolo movimento politico e per la sua leader Anne Marie Waters. «Per la prima volta nella mia vita voterò per un partito politico», disse. Sacrilegio: Morrissey è diventato di destra! Anzi, di «estrema destra», anti islamico, nemico dei migranti e sovranista. Il peggio del peggio. In effetti, il caro Steven - negli ultimi anni - ha violato uno dopo l'altro praticamente tutti i tabù del politicamente corretto. Si è schierato a favore della Brexit, definendola «magnifica». Ha criticato le vestali del Me too, dicendo che sono impegnate e denunciare le molestie, ma «se tutto fosse andato bene e se Weinstein avesse dato loro una grande carriera, non ne parlerebbero». Parlando dell'accusa di razzismo ha detto: «È solo un modo per cambiare argomento. Quando qualcuno ti chiama razzista, quello che stanno dicendo è “hmm, in realtà hai una posizione, e non so come rispondere, quindi forse se ti distraggo chiamandoti bigotto dimenticheremo entrambi quanto fosse illuminante il tuo commento».Ancora Morrissey, tra le altre cose, ha attaccato frontalmente Sadiq Khan, sindaco musulmano e multiculturale di Londra: «Londra è seconda solo al Bangladesh per gli attacchi con l'acido», ha spiegato. «Tutti gli attacchi sono compiuti da non bianchi, e quindi non possono essere affrontati seriamente dal governo britannico o dalla polizia o dalla Bbc a causa della correttezza politica». Nel 2017, in un'intervista a Der Spiegel, il musicista se l'è presa anche con Angela Merkel, spiegando che Berlino è divenuta la «capitale degli stupri a causa delle frontiere aperte». Poi ha aggiunto: «Voglio che la Germania sia tedesca. Voglio che la Francia sia francese», ha dichiarato. «Se cerchi di rendere tutto multiculturale, alla fine non avrai alcuna cultura». Nei giorni scorsi, ha attaccato i giornali britannici che vietano la libertà di espressione contribuendo a creare una «Inghilterra sovietica».Morale della storia: poiché il gigante rock ha idee conservatrici va censurato e insultato. Se invece, per dire, fa ricorso all'utero in affitto onde fabbricarsi dei pargoli, nessuno si scandalizza. Anzi, come avviene nel caso di Elton John, tutti si precipitano a vedere Rocketman, il film celebrativo appena uscito anche qui da noi. Silenziare il coraggioso Steven, tuttavia, non sarà così semplice: le sue idee sono più forti della censura. Lo dice anche una sua fortunata canzone: «Stai perdendo tempo/ Più mi ignori/ più io mi avvicino».
Il generale Salvatore Luongo e l'ad del Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma (Arma dei Carabinieri)
L’accordo prevede, in aderenza alle rispettive competenze ed attribuzioni, una collaborazione volta a prevenire e contrastare le infiltrazioni criminali e i reati contro la pubblica amministrazione, le violazioni ambientali, a vigilare sul rispetto della normativa in materia di collocamento della manodopera, previdenza e sicurezza nei luoghi di lavoro, ed a prevenire rischi, eventi o azioni che possano compromettere l’incolumità delle persone e l’integrità delle infrastrutture.
L’intesa rinnova e rafforza una collaborazione già avviata, con l’obiettivo di diffondere e promuovere la cultura della legalità, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della società e di sviluppare ulteriori sinergie per assicurare la protezione delle risorse e dei servizi pubblici affidati alla gestione del Gruppo FS Italiane, nonché la sicurezza dei trasporti e la gestione delle emergenze.
Nell’ambito del protocollo, il Gruppo FS Italiane potrà promuovere e organizzare, con la collaborazione di rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, incontri, seminari e corsi di formazione a favore dei propri dipendenti.
Il Generale Salvatore Luongo, a margine dell’incontro, ha sottolineato che: «Quella di oggi rappresenta la firma di un protocollo di grande valore, perfettamente in linea con le strategie comuni dell’Arma dei Carabinieri e delle Ferrovie dello Stato Italiane», ricordando poi che tra le due istituzioni «Esiste una lunga tradizione di lavoro congiunto e che entrambe sono presenti in modo capillare su tutto il territorio nazionale, e in parte anche all’estero».
Concludendo, Luongo ha evidenziato che «Innovare questa intesa, fondata sulla condivisione di valori e ideali, significa compiere un ulteriore passo avanti per continuare a operare sempre meglio e con maggior efficienza, ognuno nei rispettivi compiti, grazie a un’integrazione sempre più stretta».
L'Amministratore Delegato del Gruppo FS Italiane, Stefano Antonio Donnarumma, ha dichiarato che «La firma di questo protocollo rappresenta un passo importante per rafforzare il presidio della legalità e la tutela della sicurezza nei nostri cantieri, nelle stazioni e lungo le infrastrutture che gestiamo. Lavorare accanto all’Arma dei Carabinieri significa poter contare su un presidio autorevole ed efficace, a garanzia di trasparenza, correttezza e rispetto delle regole. È un impegno che portiamo avanti con responsabilità, nella consapevolezza che solo attraverso la legalità si costruiscono infrastrutture solide, sicure e capaci di generare valore per l’intero Paese».
Nell’ambito della piena attuazione al protocollo, l’Arma dei Carabinieri opererà anche mediante il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, il Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, i Reparti territoriali e il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari.
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