2023-08-10
Soltanto un museo espone le monete di 2.100 anni fa con la scritta «Italia»
A destra una delle monete del museo di Corfinio, in Abruzzo (IStock)
Coniate durante la «guerra sociale» tra Roma e gli alleati italici, rappresentano le testimonianze più antiche con impresso il nome del nostro Paese. Diverse istituzioni ne sono in possesso, ma le tengono in magazzino.Questa, in apparenza, potrebbe sembrare una storia per soli cultori di archeologia e numismatica. Tuttavia, il fatto che tra il profluvio di monete metalliche emesse durante la dominazione di Roma esista una serie coniata in quei cinque anni in cui l’Urbe dovette affrontare un conflitto interno, conosciuto come «guerra sociale», dichiarato dai suoi alleati italici nel 91 a.C., è rilevante per qualsiasi comune curioso di storia italiana. In vari esemplari di quelle monete, infatti, fabbricate dagli insorti in contrapposizione a quelle romane, per la prima volta apparve impressa la dicitura «Italia» mentre, in quelle di conio imperiale, figurava sempre, in legenda, «Roma».Il tormentato percorso che, dopo la caduta del Leviatano romano, condusse, attraverso i secoli, all’Italia unita, con la sua divisa monetaria sovrana pensionata nel 2002, ebbe il suo prototipo storico nel denario d’argento fatto circolare da quei popoli che, dal 91 all’87 a.C., si opposero violentemente a Roma. Il motivo del contendere di quell’evento bellico furono i diritti di cittadinanza, quelli che Roma, all’epoca repubblicana, si rifiutava di riconoscere ad Asculani, Frentani, Iapygi, Irpini, Lucani, Marrucini, Marsi, Peligni, Pompeiani, Sanniti, Venusini, Vestini. Popoli che avevano concorso, con milizie e risorse militari, all’espansione dell’impero.La scintilla che accese la belligeranza fu l’assassinio, ordinato dal console Lucio Marcio Filippo, di un tribuno romano della plebe, Marco Livio Druso, inviso per essere solidale con i soci italici che chiedevano cittadinanza e diritto al voto. Gli avversari di Roma, per propaganda, produssero una moneta sedicente sovrana, dove il capo laureato della dea Roma di monetazione repubblicana fu rimpiazzato da quello della dea che personificava l’Italia. Le tipologie furono varie, «riassumibili in circa 20, con numerose varianti» spiega Giovanni Sinimarco, neo-laureato in Lettere moderne all’università di Firenze con una tesi in tema, «Il vitello e la lupa», correlatore Alberto Campana, il maggior studioso italiano in proposito.In alcune di esse spicca l’indicazione «Italia», in alfabeto latino, prima evidenza epigrafica dell’utilizzo del termine e, in altre, l’equivalente in lingua osca, in caratteri retrogradi, ossia speculari, viteliu, ossia «vitello», a conferma dell’origine storica del nome del nostro Paese, legata a una leggenda sannita che lo descrive come «terra dei vitelli».Spesso, nell’iconografia di queste monete, il vitello diventa, in una minacciosa allegoria, un toro che affronta e abbatte la lupa, simbolo di Roma. Trascorsi oltre 2000 anni, ripensando a vicende dell’Italia contemporanea come l’autonomia dei territori nei confronti della Capitale, centro del potere politico, quello scontro tra l’Urbe e le colonie italiche ha un manifesto fil rouge col presente. Nel sanguinoso conflitto prevalse l’Urbe che, tuttavia, riconobbe i diritti di cittadinanza ai contestatori, ma requisì e fuse le loro monete, tornando a tuonare, nelle successive coniazioni, con l’iscrizione «Roma». Alcune di esse, però, sono sopravvissute, ritrovate in tesoretti sotterrati o affiorate occasionalmente dal suolo. Essendo rare, sul mercato numismatico un esemplare può valere da 3.000 euro in su. E se, vista la rilevanza storica data da quell’icastica iscrizione «Italia», s’intendessero vedere in un pubblico museo italiano? Da un audit con alcuni esperti, emerge che vari musei nazionali ne annoverano esemplari, ma solo in uno di essi se ne trova esposto stabilmente uno. Si tratta del Museo civico archeologico «Antonio De Nino», a Corfinio (L’Aquila), borgo di 1.000 abitanti che fu capitale della Confederazione o Lega italica, la coalizione dei popoli ribelli nella guerra sociale, e sede di una zecca indipendentista. Angelica Luccitti, presidente della Pro loco di Corfinio, spiega che «la moneta, con l’iscrizione “Italia”, fu ritrovata, nel giardino di casa, da un residente della zona e consegnata alle autorità». Altre istituzioni che le possiedono sono la Soprintendenza archeologica di Potenza, il Museo nazionale romano, il gabinetto numismatico del Castello Sforzesco di Milano, il Museo archeologico di Napoli, il Museo archeologico di Firenze e il Museo irpino di Avellino. Solo quest’ultimo, al momento, ne prevede l’esposizione, come sottolinea Nicola De Angelis, «nella sezione numismatica in allestimento». L’ex direttore del monetiere di Firenze e autorevole esperto di monete antiche, Fiorenzo Catalli, spiega che «nel medagliere fiorentino queste monete sono presenti, di cui cinque con l’iscrizione latina «Italia» e tre con quella osca «viteliu», inventariate nel catalogo Sylloge nummorum Graecorum, del 2018». La questione è che nei sotterranei di molti musei nazionali albergano sacchetti di monete non catalogate né fotografate, «il che genera il rischio fraudolento di sottrazione», allerta l’esperto. Questo aspetto, per nulla glorioso dell’Italia, richiederebbe un efficace intervento.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.