2022-03-27
Arriva il contrordine sulla Merkel. Da statista passa a vassalla di Putin
Vladimir Putin e Angela Merkel (Ansa)
Dopo le lodi nel giorno dell’addio al potere, in Germania piovono critiche sulla cancelliera, troppo indulgente con la Russia. Sì, il suo equilibrismo era preludio di disastri. Solo che la nostra sinistra cameriera applaudiva.«Non sapeva stare a tavola». Le critiche si fermavano a un problema di forchette e coltelli da pesce, come un giorno rivelò il suo mentore Helmut Kohl aggiungendo: «Alle cene di Stato dovevo richiamarla all’ordine». Per il resto Angela Merkel era la Madonna pellegrina del continente e i suoi 16 anni al potere sono stati definiti solo quattro mesi fa «un’età dell’oro per l’Unione europea». A novembre, quando la Kanzlerin ha lasciato la politica, non c’è stato giornale in Italia che non ne abbia celebrato l’alto magistero, la visione da statista, cominciando a rimpiangerla al minuto uno dopo il pensionamento. «La regina venuta dal freddo», «La signora d’Europa», si rincorrevano i titolisti. «Rimpiangeremo la sua visione e la sua leadership», lacrimava Enrico Letta. «Sappiamo cosa perdiamo, ma la sua eredità ci indica la via», si trasformava in evangelista apocrifo Matteo Renzi. Oggi, nel più rigoroso e imbarazzato silenzio dei corifei di allora, è cominciata la demolizione della statua.Mai cancel culture fu più rapida. La guerra in Ucraina ha cambiato la prospettiva di tutto e oggi la stessa Germania non lesina all’ex leader critiche feroci. «Come siamo arrivati a questa situazione?», si chiede il settimanale Die Zeit affondando il colpo: «L’invasione di Putin ha reso Merkel come prigioniera in una terra di nessuno politica, lost in transition per così dire». La beatificazione ha retto un solo inverno, oggi i tedeschi imputano alla cancelliera del destino la dipendenza energetica da Mosca, l’uscita affrettata dall’energia atomica, lo scarno bilancio per la Difesa (distrutta dalla sua delfina Ursula von der Leyen), la sovranità europea minata dalle mediazioni al ribasso, perfino la pandemia gestita con ambiguità. Come se i carri armati russi avessero denudato la regina, rimasta in vestaglietta di chiffon davanti al peso della Storia. Lei e i suoi eterni compromessi, Dorotea all’italiana, di (secondo) nome e di fatto.«Quanti errori, ora li paghiamo tutti», ripetono nei talk show di Berlino. Secondo Martin Koopman, della Fondazione Genshagen (un think tank che promuove il dialogo europeo), le decisioni di Merkel non derivavano da una strategia politica, ma da una tattica da mercato rionale. «Non perdere il filo del dialogo, tenere insieme l’Europa, tenere insieme tutto: questo era il suo metodo. Chi modera sempre forse dura a lungo, ma non imprime una direzione alle cose». Ieri un interessante articolo del Corriere della Sera raccontava il mood negativo dei tedeschi, strappava il sipario su un tema tabù fino a quattro mesi fa, quando nel nostro mondo mediatico provinciale e ammalato di conformismo erano ammessi solo i peana. Merkel nel frattempo è scomparsa, ha condannato nei primi giorni «l’aggressione russa, un taglio profondo nella storia d’Europa» senza mai pronunciare il nome di Putin - con il quale ha fatto affari per un quarto di secolo -, e si è dileguata. Per dirla con Francesco Alberoni, un’apparizione scomparente. Da una parte le critiche di oggi hanno senso, dall’altra nascondono una coda di paglia collettiva. La cancelliera, determinata sostenitrice del gasdotto Nord Stream 2 dal 2014 (anno dell’annessione della Crimea da parte del Cremlino), pur inneggiando al globalismo ha sempre fatto gli interessi esclusivi del suo Paese. Dal punto di vista commerciale la sua posizione era perfino vincente: gas dal costo basso, il 30% in meno di quello americano; Gazprom garante grazie a Gehrard Schroeder; pompe in funzione h24 per anni senza defezioni; nessun ecologista cervellotico nei paraggi; commesse blindate. Scenario da Merkel bifronte: il martedì riceve Greta Thunberg, il mercoledì firma per bypassare le sanzioni e stringersi ancora di più a Putin nel tango delle convenienze. La prosecuzione dell’Ostpolitik di Willy Brandt con altri mezzi, lo spostamento del centrodestra Cdu a sinistra per togliere respiro all’Spd. Tutto germanocentrico. E l’Europa? Trattata come l’intendance napoleonica: «Suivra».I camerieri della sinistra italiana hanno sempre applaudito tutto ciò con ottuso struggimento. Addirittura Renzi continua a ripetere a pappagallo (senza cogliere il senso del silenzio che lo circonda): «Il mediatore ideale per far finire la guerra sarebbe Merkel». Quella che lo derise mentre mangiava il gelatino Grom davanti a Palazzo Chigi in uno dei momenti più esilaranti del suo premierato. Che la regina fosse nuda, in Italia si vedeva benissimo anche senza binocolo e senza gas. È stata campionessa del pareggio di bilancio fino a quando ha fatto comodo a Berlino, non ha mai permesso che si toccasse il surplus commerciale tedesco, ha scatenato i cani da guardia olandesi e scandinavi contro i Pigs senza esporsi, ha inventato l’Europa a trazione tedesca facendo irritare gli americani. E ha gestito la Wilkommenskultur (la cultura dell’accoglienza) con il massimo vantaggio: gli ingegneri siriani a lei, i disperati a Lampedusa. Il capolavoro sui vaccini: dopo aver imposto la centrale per gli acquisti, se n’è accaparrate 30 milioni di dosi extra dote Ue. «Bruxelles c’est moi».La regina dei compromessi sotterranei ha sbagliato l’ultimo, quello con Putin. «È un furfante, ma di lui ci si può fidare e con lui si può dialogare», ha ripetuto a nastro nei summit. Poiché i tedeschi hanno buona memoria, adesso è scomparsa, avvolta dal silenzio, mentre i critici cominciano a dipingerla come una maestrina dalla penna rossa arrivata dalla Ddr su una Trabant. Non un bel segnale.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».