2024-06-17
«Contro l’Eliseo ostilità irreversibile»
L’intellettuale francese Alain de Benoist: «Bardella è già pronto a governare? Più di quanto pensi la classe dominante Il fatto di non collocarsi sull’asse destra-sinistra è stato vincente. Zemmour? Non capisce i lavoratori».Da sempre fuori dalla politica attiva, Alain de Benoist è non di meno un attento osservatore di ciò che accade nel suo Paese e in Europa. E del Rassemblement national che ha trionfato alle Europee e che si appresta a vincere le legislative, l’intellettuale dice: «È più pronto a governare di quanto non creda la classe dominante».Quali sono, secondo lei, le ragioni della sconfitta di Emmanuel Macron alle recenti elezioni europee?«La causa principale, al di là del discredito complessivo della classe politica dominante, è il vero e proprio scisma che sta contrapponendo un numero sempre maggiore di cittadini ai “piani alti”. Sarebbe un grave errore considerare il risultato delle elezioni europee come una semplice ondata di rabbia passeggera. La diagnosi è stata fatta molto tempo fa. Dalla rivolta dei gilet gialli, Emmanuel Macron ha cristallizzato intorno alla sua persona un’ostilità di dimensioni mai viste prima. Con un’industria che rappresenta ormai solo il 10% del Prodotto interno lordo, un debito di 3.000 miliardi, un flusso di cassa a servizio del debito che supera i 55 miliardi l’anno, 5 milioni di disoccupati e 9 milioni di poveri, per non parlare dell’immigrazione di massa voluta dal grande capitale che viene percepita ovunque come sinonimo di insicurezza, la gente comune si rende conto che il sistema è entrato in una fase terminale». Come si inserisce il partito di Marine Le Pen in questa crisi di sistema?«Il Rassemblement national, grazie alla sua determinazione a non posizionarsi fondamentalmente sullo spartiacque destra-sinistra, è diventato inizialmente il principale partito operaio francese. In seguito ha attirato gli agricoltori e una parte sempre più ampia della classe media, che ora è in fase di declassamento, diventando il principale partito delle classi lavoratrici (nel senso più ampio del termine). Ora attrae anche una parte dei dipendenti pubblici e persino una parte dei pensionati, che un tempo erano la colonna portante del voto a Macron (con il 29% dei voti, Jordan Bardella è arrivato per la prima volta in testa a questa categoria). Si tratta di una situazione la cui posta in gioco è esistenziale: le fratture in atto in tutta Europa, ma ancor più in Francia, fanno sì che la maggioranza dei cittadini non parli più la stessa lingua dei dirigenti integrati o delle categorie superiori. Superando il 30%, Bardella ha ottenuto il doppio dei voti della “maggioranza presidenziale”, che oggi rappresenta solo il 15% dei voti (e solo l’8% degli elettori registrati)! Si è imposto in ogni regione, nel 94% dei Comuni e in ogni fascia d’età. Possiamo quindi parlare di una generalizzazione sociologica. Affermare, come fa Emmanuel Macron, che tutti coloro che non condividono le sue idee appartengono alle “estreme” è semplicemente poco credibile. “Estremizzare” le richieste di oltre il 50% dei francesi significa di fatto legittimare l’estrema destra! In realtà, il “blocco di centro” ha perso ogni credibilità a causa della sua incapacità di mantenere le promesse e di affrontare la realtà. Il motore principale del voto è stato il sentimento di declino sociale».Le posizioni di Macron sulla guerra in Ucraina hanno influito sull’esito del voto, per lui poco felice?«No. L’elettorato francese è tradizionalmente poco interessato alla politica estera (cosa che del resto va biasimata). L’appoggio incondizionato di Macron all’Ucraina e al campo “occidentale” non suscita praticamente critiche, salvo quando egli prende iniziative tali da far entrare la Francia in uno stato di vera belligeranza con la Russia, per esempio con l’invio di truppe sul suolo ucraino. Nessuno in Francia è pronto a morire per Kiev, una città che d’altronde la maggior parte dei francesi non saprebbe individuare su una cartina».Secondo lei, Jordan Bardella è pronto a governare? È vero, come ritengono molti analisti, che Macron abbia convocato le elezioni anticipate nella speranza di logorarlo in un governo di coabitazione? Secondo lei si tratta di un calcolo ben ponderato?«Il Rn è senza dubbio meno preparato di quando non lo sarebbe stato nel 2027, ma lo è molto di più di quanto generalmente non lo si creda all’interno della classe dominante. Ma la dissoluzione dell’Assemblea nazionale ha preso tutti di sorpresa. La tattica di Macron è chiara. Innanzitutto, per “ottimismo”, continua a credere (o finge di credere) di poter ancora vincere le legislative. Si basa sul fatto che le elezioni europee con un solo turno siano molto diverse dalle altre elezioni a due turni (con tutto quel che ciò implica in termini di contrattazioni tra i due turni). Ma ci sono buone possibilità che si sbagli, dato che le scadenze elettorali, quali che siano, si trasformano oggi di punto in bianco in referendum pro o contro qualcuno. Un nuovo tsunami è perfettamente possibile. Nel caso in cui il Rn arrivasse al potere, Bardella sarà senza dubbio nominato premier. Il calcolo di Macron si basa sul fatto che è sempre molto difficile per un primo ministro di un regime di coabitazione portare avanti la propria politica. Macron crede che, confrontato con i diversi impegni, il Rn moltiplicherà i fallimenti e si screditerà. Il suo eventuale successo alle legislative sarebbe così una garanzia di disfatta alle successive presidenziali. L’ipotesi non si può escludere, ma è per lo meno una scommessa rischiosa».Cosa pensa del risultato elettorale di Zemmour e del futuro del suo movimento?«È molto cupo. Grazie all’abile campagna di Marion Maréchal, il movimento Reconquête! è riuscito per poco a superare la soglia del 5%. Ma la campagna di Marion non è stata diretta contro il Rassemblement national, mentre Zemmour ha concentrato i suoi attacchi su di esso. Il giorno dopo le elezioni, Marion Maréchal ha dichiarato la sua intenzione di lavorare per “l’unità della destra” (che non è esattamente il progetto del Rn). Di conseguenza, è stata immediatamente espulsa da Reconquête! che ora rappresenta ben poco. Zemmour non sarà nemmeno candidato alle elezioni legislative. In queste condizioni, mi è difficile capire quale possa essere il futuro del suo movimento. Eric Zemmour ha commesso il doppio errore di dichiararsi chiaramente “di destra” e allo stesso tempo di tenere un discorso ansiogeno. È notoriamente indifferente alle classi lavoratrici, che non lo conoscono bene e non gli sono molto simpatiche, senza vedere che per loro la questione dell’immigrazione è indissociabile da quella sociale, dal momento che sono loro a subire contemporaneamente un triplice esproprio: politico (sono “invisibili” alle élite), culturale (l’immigrazione) e sociale (la diffusione dell’insicurezza). Sostenitore del liberismo economico, Zemmour ha cercato di mobilitare una “borghesia patriottica” dai contorni incerti. Le rivalità personali, a partire da quella tra la sua compagna, Sarah Knafo, e Marion Maréchal, hanno fatto il resto. A mio avviso, piuttosto che impegnarsi in politica, avrebbe fatto meglio a continuare a scrivere libri…».Queste elezioni comporteranno cambiamenti reali nell’Unione europea oppure si troveranno altre alchimie parlamentari per blindare gli equilibri e le politiche di sempre?«L’Ue esce piuttosto indebolita dai risultati delle elezioni. Le incertezze con cui si confronta sono certamente destinate ad accrescersi. Ma io non credo che i rapporti di forza saranno modificati, nell’immediato, in modo veramente sostanziale. Le cose andrebbero differentemente se ciò che sta per succedere in Francia accadesse anche in molti altri Paesi d’Europa».Giorgia Meloni è uno dei rari capi di governo a uscire rafforzato dal voto. Come viene percepita in Francia?«Giorgia Meloni ha in effetti migliorato il suo score, avendo ottenuto il 28% dei voti (apparentemente presi soprattutto alla Lega). Ma a Strasburgo difficilmente questo cambierà gli equilibri di potere, e per di più in Italia le cose cambiano sempre molto velocemente. Quanto ai francesi, non sanno quasi nulla della politica italiana! Ciò che mi sembra importante è non assimilare frettolosamente situazioni che non sono le stesse. Il partito di Giorgia Meloni è estremamente diverso da Rassemblement national (così come Reconquête! non c’entra proprio niente con la Lega). Abbiamo da un lato, con il Rn, un partito nazional-populista con un programma economico che potrebbe attrarre parte dell’elettorato di sinistra, e dall’altro, con Fratelli d’Italia, un regime di stampo liberal-conservatore e di orientamento atlantista, vale a dire largamente soggetto ai desiderata degli americani».
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.