2024-06-11
Contro la guerra non avevamo volti credibili
Giuseppe Conte, Marco Tarquinio e Michele Santoro (Ansa)
Il bellicismo macroniano è stato punito dagli elettori, ma i pacifisti in Italia non sono pervenuti. Non lo erano Giuseppe Conte (votò sì alle armi), né Marco Tarquinio (candidatosi nel partito sbagliato) né Michele Santoro. Giorgia Meloni premiata per essersi smarcata sull’invio di truppe.Che ne sarà, dunque, della guerra in Ucraina? Non v'è dubbio che l'esito delle elezioni europee sia uno schiaffo in faccia - e pure piuttosto sonoro - ai leader che, come Emmanuel Macron e Olaf Scholz, hanno fatto del bellicismo sfrenato una bandiera, durante la campagna elettorale e pure prima. Le sparate sull’invio di truppe di terra, sull’utilizzo delle armi in territorio russo e più genericamente sulla opportunità di scatenare la terza guerra mondiale sono state sonoramente respinte. E sarà interessante osservare con quale faccia, e con quali posizioni, i due capoccia sconfitti si presenteranno ai prossimi appuntamenti internazionali, a partire dalla conferenza di pace in Svizzera e a seguire al G7. Viene da pensare che saranno leggermente meno sbruffoni, ma visti i personaggi nulla si può dare per scontato. Dopo essersi gustata l’umiliazione dei due euroartiglieri da tinello, tuttavia, resta sul tavolo la domanda: con la guerra che si fa? Se infatti è vero che i bellicisti hanno straperso, è altrettanto vero che i più dichiaratamente pacifisti, a casa nostra almeno, non sono pervenuti. Giuseppe Conte, che ha stampato la parola pace sui manifesti, arranca attorno al 10%. Michele Santoro è fermo dove si fermano i partiti microscopici. Gli altri movimenti del cosiddetto dissenso vanno anche peggio. Il più schierato della sinistra sul tema, Marco Tarquinio, è stato votato dai parenti e da qualche amico, e poco altro. Questi risultati scadenti rischiano di svilire e danneggiare una battaglia sacrosanta e fondamentale come quella atta a fermare il conflitto nel cuore dell’Europa. Una lotta che probabilmente meritava migliori campioni, un po’ meno di narcisismo e decisamente meno trucchetti elettorali (sotterfugi che, per altro, non hanno funzionato granché). Qualcuno, già prima del voto e immaginando il magro bottino nelle urne, ne ha approfittato per insinuare che in fondo agli italiani della guerra interessi poco, e sarebbe ben triste se l’esito elettorale fosse utilizzato per confermare questo pensiero. Sarebbe importante dunque sgombrare il campo dall’equivoco. Se il «fronte pacifista» non può cantare vittoria non è certo perché la fine del conflitto non stia a cuore all’Italia. Semmai, la pochezza dei rappresentanti e la carenza di proposte più concrete sembra aver prevalso sull’urgenza della questione bellica. Per essere più chiari: è difficile fidarsi di un Conte dopo che i 5 stelle hanno votato il decreto Ucraina nel febbraio 2022, quando il movimento sosteneva il governo Draghi. Ancora più difficile è abboccare al tentativo piddino di rimediare, tramite Tarquinio, qualche voto pacifista dopo che i dem hanno calpestato e offeso una storica tradizione di sinistra. C’è poi un altro aspetto da considerare, ovvero la capacità politica di Giorgia Meloni. Pur rimanendo fieramente schierata a fianco di Zelensky, la presidente del Consiglio ha saputo con grande lungimiranza prendere le distanze dalle esondazioni guerrafondaie di Macron e Scholz, mostrandosi parecchio più prudente. Ciò le ha consentito di smussare un poco il granitico atlantismo che, nei fatti, ancora caratterizza il governo. Ergo chi la apprezza per altre ragioni ha avuto probabilmente meno difficoltà a ribadirle una fiducia che in altri momenti è stata messa alla prova dalla devozione alla causa di Kiev (e di Washington). A ben vedere, l’intero centrodestra non si è mosso dalla collocazione euroatlantica che lo ha caratterizzato in questi primi anni di governo. Non c’è nessuno che richieda di fermare l’invio di armi senza postille e senza note a margine. C’è chi chiede di procedere sul fronte delle trattative, ad esempio Roberto Vannacci (il quale anche per questo ha fatto incetta di consensi), ma non c’è nessuno che rifiuti con decisione la narrazione binaria imposta negli ultimi anni dalle caricature occidentaliste.Si può dire dunque che convivano due fenomeni talvolta in leggera contraddizione. Da una parte c’è un netto e chiaro rifiuto della guerra a oltranza. Dall’altra un sostanziale disinteresse per il pacifismo di principio. Il punto sta nel capire come queste tendenze possano trovare una sintesi e, soprattutto, nel comprendere quale ricaduta possano avere nella realtà. Tradotto: si spingerà per trattare o per continuare a combattere ma senza esagerare? Si tenterà di impedire la guerra mondiale senza imporre però la pace europea? Le posizioni sfumate sono il cuore della politica, e sono forse meno suggestive ma appena più sostenibili. Il problema è che la politica occidentale vive da anni di divisioni manichee, per cui troppo spesso la via di mezzo rischia di apparire un modo un poco più mascherato di prendere parte.