
Soglia superata con il 64,4% (più del primo turno): ora il garante è ufficialmente defenestrato. Si attende adesso la reazione dell’ex comico che aveva chiesto il nuovo voto. All’orizzonte lo spettro della scissione.Il quorum che ufficializza la «defenestrazione» di Beppe Grillo dal Movimento da lui fondato è stato ottenuto. Ieri sera nel quartier generale dei 5 stelle è partita la festa: «È stato raggiunto ampiamente. Non solo. Abbiamo superato il quorum dei votanti della volta scorsa che era pari a 61,23%. Adesso abbiamo votanti per un totale di 64,40%. Giuseppe Conte l’aveva detto: «Supereremo il dato dell’altra volta e alla richiesta di votare risponderemo con più democrazia. Così è stato». Un risultato in parte sorprendente, soprattutto se si considera che Grillo, il fondatore del Movimento, aveva chiesto ai suoi sostenitori di andare per funghi.La battaglia sembrava dovesse essere decisa sul filo di lana, anche se un fedelissimo dell’ex comico ci aveva confessato: «Senza la richiesta della certificazione danno tutti per superato il quorum e Beppe lo ha messo in conto». Nella votazione del 21-24 novembre il numero legale era stato raggiunto grazie alla partecipazione di 54.552 iscritti, un dato considerato deludente. La missione non era stata particolarmente ostica dal momento che quest’estate le liste erano state accuratamente ripulite: ad aprile 2024 gli aventi diritto al voto per le Europarlamentarie erano 159.908, a novembre erano diventati 88.943. Nonostante negli ultimi giorni la lista degli elettori si sia leggermente allungata (89.408 persone) e il quorum impercettibilmente alzato (44.705), a rendere incerto l’esito della ripetizione della votazione del 5-8 dicembre sulle modifiche statutarie è stato l’invito all’astensionismo di Grillo. Il quesito clou, quello sull’abolizione della figura del garante (e del suo potere di fare ripetere i voti), aveva raccolto alla prima votazione 34.438 sì, 15.840 no e 4.174 astenuti. Se questi ultimi due gruppi fossero andati nei boschi il quorum non sarebbe stato neppure avvicinato. E, invece, gli iscritti hanno deciso di partecipare. Non sappiamo se lo abbiano fatto anche i fan di Grillo, dal momento che quando il giornale è andato in stampa non era ancora stato ufficializzato il dato di chi ha votato contro l’abolizione del garante.Sabato sera sui cellulari di molti iscritti era arrivato via Whatsapp il messaggio con il link per votare, accompagnato da un ultimo appello alla mobilitazione: «È il momento di decidere! Il futuro del Movimento 5 stelle dipende anche da te. Partecipa alla votazione sulle modifiche statutarie. Il tuo voto farà la differenza!». Si tratta quasi certamente di uno dei messaggi contenuti nel pacchetto messo a disposizione dall’app, alla vigilia del voto, dopo un test di affidabilità. Un’«arma» approntata con «urgenza» dai vertici del Movimento che permette di raggiungere rapidamente gli iscritti con comunicazioni a raffica. Il responsabile tecnico della consultazione, Vito Crimi, aveva ammesso di avere a disposizione questa «cartuccera» in un’intervista con La Verità: «Adesso abbiamo la possibilità di inviare fino a 10.000 messaggi, se dovesse essere necessario», aveva detto. Salvo poi ridimensionare il numero dei «colpi» a disposizione, forse dopo essersi reso conto che la diffusione massiva delle schede di voto attraverso un nuovo strumento, a poche ore da una consultazione decisiva, potrebbe prestarsi a critiche e interpretazioni malevole.Anche perché, come ha notato un ex iscritto, nel regolamento non è prevista alcuna certificazione notarile che confermi che le mail o i numeri di telefono consegnati alla piattaforma Skyvote siano effettivamente riconducibili a iscritti con i requisiti necessari.L’avvocato Lorenzo Borrè, ex grillino e legale di dissidenti ed espulsi (ha ottenuto l’annullamento delle modifiche statutarie della prima associazione del M5s e la sospensione dell’elezione di Conte a presidente della seconda), spiega: «Sulle modalità relative all’accesso al voto tramite Whatsapp occorrerebbe verificare se accedendo al portale attraverso il link si debbano comunque seguire o meno i protocolli di verifica (inserimento delle credenziali e autenticazione a due fattori). In ogni caso, considerato che tutti questi reiterati e insistenti inviti al voto sono volti a raggiungere il quorum e quindi a ratificare la defenestrazione del garante, mi sembra che venga meno la terzietà dell’iniziativa e quindi in sostanza della stessa associazione rispetto alla questione». Ma per Borrè ci sarebbe anche un altro problema: «A proposito del quorum un inciampo potrebbe derivare dalla decisione di far votare gli iscritti che abbiano presentato domanda di iscrizione da almeno sei mesi. Il rapporto associativo ha, infatti, natura contrattuale e come tutti i contratti si perfeziona quando alla proposta segue l’accettazione». I numeri rotondi dell’affluenza sembrano, però, sufficienti a evitare sorprese.Oggi pomeriggio Conte farà una diretta sui social per parlare al suo popolo e già ieri sera, prima della pubblicazione dei dati ufficiali, aveva annunciato un post il cui senso era il seguente: questa è l’onda dirompente della nostra comunità. Ora si volta pagina, il M5s va rifondato sulle indicazioni arrivate dagli iscritti. Ci sono tante battaglie da fare tutti insieme per cambiare il Paese.Lo farà senza il limite dei due mandati, anche se nella campagna elettorale del 2022 aveva urlato da uno dei tanti palchi: «Questa è una regola che rispetteremo tutti e che vale anche per me. Per noi la politica è un servizio a favore dei cittadini e le cariche elettive devono essere temporanee».E Grillo che cosa farà? Resterà in silenzio? Oppure fonderà un nuovo soggetto politico? Nel video in cui ha indossato i panni del becchino del Movimento delle origini ha lanciato un messaggio: «Questo movimento avrà un altro decorso, meraviglioso, che ci siate voi o no». Si annunciano fuochi d’artificio.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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