2021-07-20
Conte deve chinare la cresta davanti a Draghi e implora un contentino sulla giustizia
Il nuovo presidente del M5s è stato costretto a tenere un atteggiamento morbido: «Incontro proficuo e cordiale». Marta Cartabia boccia ogni ipotesi di cambiare la riformaGiuseppe Conte rimette piede a Palazzo Chigi cinque mesi e sei giorni dopo esserne uscito, il 13 febbraio, passando la campanellina d'ordinanza al suo successore Mario Draghi. Addio intenti bellicosi sulla riforma della giustizia, Conte si limita a ribadire a Draghi che anche un minuscolo brandello di modifica alla riforma messa a punto da Marta Cartabia gli serve come il pane per tenere unito il M5s e placare i bollenti spiriti degli oltranzisti alla Alfonso Bonafede. Draghi ascolta, non sbatte la porta in faccia al suo interlocutore, ma gli fa capire, con garbo ma con fermezza, che l'impianto della riforma non si tocca. «Un contentino Draghi a Conte lo darà», dice una fonte di governo alla Verità, «ma si tratterà di ritocchi minimi, tecnici». Si ragiona su un ulteriore allungamento dei tempi per la prescrizione per alcuni reati, oltre a una clausola che consenta alle vittime di poter comunque procedere in sede civile anche in caso di processo penale fermato dalla prescrizione. La sostanza politica dell'incontro di ieri mattina a Palazzo Chigi tra Draghi e Conte è che il nuovo presidente del M5s ha dovuto, dopo essersi consultato anche con i big pentastellati, tenere un atteggiamento morbido, conciliante. Di andare alle elezioni anticipate, infatti, i parlamentari non ne vogliono sapere: chi credeva che si potesse passare all'opposizione si è dovuto ricredere, se il M5s uscisse dalla maggioranza si andrebbe alle urne subito dopo l'elezione del nuovo presidente della Repubblica (o la rielezione di Sergio Mattarella) all'inizio del 2022.Conte varca il portone di Palazzo Chigi alle 11 e 10 di ieri mattina e ne esce a mezzogiorno, dirigendosi verso i cronisti: «È stato un incontro proficuo», esordisce Giuseppi, «molto cordiale: ci siamo confrontati su vari temi, sulla situazione politica ed economica in generale. Ho ribadito il pieno sostegno del M5s sul completamento del piano vaccinale, sulla politica sanitaria». Sulla riforma della giustizia «ho assicurato un contributo attento e costruttivo», sottolinea Conte, «il M5s si era già distinto e aveva lavorato per l'accelerazione dei processi e anche in parlamento darà un contributo per migliorare e velocizzare i processi. Ma a Draghi ho ribadito che saremo molto vigili nello scongiurare che non si creino soglie di impunità. Si continuerà a lavorare e il M5s sarà molto attento», ripete Conte, «per miglioramenti e interventi che possano scongiurare soglie di impunità».Sul ciuffo sventola bandierina bianca: «Mettiamo da parte le bandierine», argomenta Conte, facendo il pompiere, «dobbiamo parlare agli italiani. Sui tempi mi rimetto alla dialettica parlamentare ma mi rimetto soprattutto a delle soluzioni che non devono essere ideologicamente convincenti, perché su questa base ci saranno forze politiche convinte e altre meno e ci potremmo dividere. Io sono per soluzioni che siano tecnicamente sostenibili. Ho assicurato», insiste Giuseppi, «l'atteggiamento costruttivo da parte del M5s. Anche durante i lavori parlamentari adesso daremo il nostro contributo per migliorare e velocizzare i processi. Il governo ha a cuore tempi rapidi ma c'è una dialettica parlamentare. Non abbiamo parlato di fiducia ma di eventuali interventi che possano migliorare il testo».«Soluzioni che non devono essere ideologicamente convincenti»: Conte si rivolge ai suoi parlamentari, soprattutto ai pasdaran della riforma Bonafede, spazzata via da quella targata Cartabia, mettendo le mani avanti, e ben sapendo che, se modifiche arriveranno, nei prossimi giorni, probabilmente attraverso un maxiemendamento presentato dal governo, saranno talmente minime da apparire insignificanti. A proposito della Cartabia, il guardasigilli stoppa immediatamente qualunque ipotesi di stravolgimento della sua riforma: «Quella che attualmente è all'esame del parlamento», ricorda il ministro della Giustizia, «è una riforma approvata dall'intero governo dopo mesi di dialoghi, di confronti a 360 gradi e di lunghe e pazienti trattative e mediazioni a cui hanno partecipato e dato il loro contributo tutti i protagonisti politici della maggioranza, nessuno escluso. E tutti», sottolinea la Cartabia, «lo hanno approvato nel Consiglio dei ministri, fatti salvi i necessari aggiustamenti tecnici». Tutti, compresi i ministri del M5s, Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli, Federico D'Incà e Fabiana Dadone, spinti da Beppe Grillo a non mettere i bastoni tra le ruote a Draghi. La Cartabia, come comprende chi è più avvezzo alle liturgie della politica, fa la voce grossa per poi chiudere la partita cedendo il meno possibile. Smorza i toni pure Enrico Letta: «L'incontro tra Conte e Draghi», commenta il segretario del Pd, «è stato positivo, io me ne rallegro perché sono convinto che la riforma della giustizia vada portata avanti rapidamente. Se c'è stata una capacità di trovare delle intese secondo me è una cosa positiva perché il nostro auspicio è quello di una approvazione rapida di una buona riforma della giustizia», aggiunge Letta, «quale è quella che la ministra Cartabia ha portato avanti». Mette il dito nella piaga Matteo Salvini: «Per quello che riguarda la Lega», dice Salvini, «la riforma non si tocca neanche di una virgola».