2024-10-16
Conte & c. vogliono l’immunità
Giuseppe Conte (Imagoeconomica)
L’ex premier e Cafiero De Raho intralciano i lavori delle commissioni parlamentari. E sulle carte di Caltanissetta invocano la privacy.In Italia c’è una giustizia che funziona ed è quella amministrata dalla legge del contrappasso. Una legge che non risponde al Codice penale ma che prima o poi si incarica di comminare la pena necessaria anche a chi per anni proprio del diritto si è fatto scudo. A chi mi riferisco? Ma ai campioni dell’antimafia, ovvio. Ammetto, ho provato un piacere infinito a scorrere la nota con cui il Movimento 5 stelle ha diffidato l’onorevole Chiara Colosimo, presidente della commissione parlamentare sulle associazioni a delinquere, dal diffondere le conversazioni fra un ex pm antimafia indagato per mafia e il senatore grillino e a sua volta ex pm Roberto Scarpinato. I dialoghi, captati dalla Procura di Caltanissetta, sono stati inviati per competenza in Parlamento. Ma alla sola notizia che la commissione d’inchiesta aveva ricevuto la trascrizione dei colloqui, i pentastellati hanno sentito l’urgenza di mettere nero su bianco la richiesta di segretazione degli atti. «Le conversazioni private tenute da Scarpinato e Gioacchino Natoli, collega antimafia per decenni, non hanno nessuna rilevanza penale, e nemmeno potevano uscire dall’archivio digitale del procuratore capo di Caltanissetta». Di più: «La presidente Colosimo può garantire pubblicamente che nessun esponente politico della Commissione ha avuto accesso a queste carte, che nulla è uscito dal suo ufficio e nulla uscirà in futuro?». Il finale della nota grillina è da applausi: «La diffusione colpisce anche il corretto svolgimento della Giustizia, dal momento che sono state diffuse informazioni idonee a compromettere il segreto delle indagini». La vicenda rivelata dalla Verità deve aver messo una paura incredibile a Scarpinato e allo stato maggiore pentastellato per spingerli a diffondere un comunicato che è una contorsione politica e linguistica. Infatti, invocare il segreto mentre si protesta per la segretazione delle intercettazioni è a dir poco contraddittorio. Non solo: come fanno i vertici grillini a sostenere che le conversazioni ascoltate dai pm siciliani «non hanno rilevanza penale» se non le hanno mai ascoltate? E poi, come si fa a dire che la diffusione di frasi che non hanno alcuna rilevanza compromettono il segreto delle indagini? Viene il sospetto che quelle parole scambiate fra un esponente della Commissione antimafia che deve sentire un ex pm indagato per mafia siano in realtà importanti e i 5 stelle non vogliano renderle pubbliche perché temono che possano danneggiare l’immagine di un loro senatore, ossia il campione dell’antimafia Roberto Scarpinato. Se fossero davvero conversazioni prive di valore, e non tentativi di «aggiustare» un’audizione, lo stesso ex pm oggi tribuno grillino che si scaglia contro lo stop alle intercettazioni dovrebbe invocarne la pubblicazione. Altro che segretazione. Invece, con la scusa della privacy Scarpinato, che pure critica i tempi stretti imposti agli investigatori con la nuova riforma sulle captazioni, si avvale della facoltà di non rispondere, facendosi scudo con una specie di immunità dovuta al proprio ruolo di commissario. Una nemesi per chi non si è arrestato di fronte ad alcuna privacy e per chi contro la Casta ha invocato la fine di ogni privilegio, compreso quello che prevede la riservatezza delle conversazioni degli onorevoli.Ma Scarpinato non è solo. Un suo ex collega e oggi al suo fianco in Parlamento, ossia Federico Cafiero De Raho, proprio grazie alla sua presenza in commissione non si sottoporrà alle domande dei colleghi. Da procuratore nazionale antimafia aveva la supervisione dell’ufficio in cui lavorava il tenente Pasquale Striano, l’uomo che nel corso degli anni alla Dna ha avuto accesso a migliaia di file, scaricando abusivamente informazioni riservate. Perché nessuno si è mai accorto di tutto ciò? Come mai l’ufficiale si muoveva autonomamente? A chi servivano e quale uso è stato fatto di quei dossier? Domande che i colleghi parlamentari non potranno rivolgere all’onorevole, pure lui grillino, Cafiero De Raho, perché questi è commissario e un commissario non si può mettere sul banco dei testimoni. Lo stesso dicasi per Giuseppe Conte, il quale all’ultimo ha deciso di far parte della Commissione sulla gestione del Covid dopo averla avversata in ogni modo. Chissà perché l’avvocato di Volturara Appula, il quale dice di non aver nulla da rimproverarsi perché l’Italia durante la pandemia è stata un esempio nel mondo, ora ha deciso di passare dalla parte di chi fa le domande, divenendo a sua volta commissario. Forse proprio per non rispondere a qualche quesito imbarazzante? Ah, saperlo…
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)