2023-05-10
Il Pd apre al modello tedesco e il M5s si sfila
Giuseppe Conte (Imagoeconomica)
Opposizione divisa alle consultazioni con l’esecutivo. Giuseppe Conte: «Ci vuole una commissione». Elly Schlein: «Sì alla sfiducia costruttiva». Mentre il Terzo polo dà credito al centrodestra. Anche la Lega pone delle condizioni: «Chiediamo garanzie per il Parlamento».Il capo del governo incassa l’apertura dei dem: «Non abbiamo un modello predefinito». Sul tavolo presidenzialismo, semipresidenzialismo e premierato. Ma pure l’autonomia.Lo speciale contiene due articoli.Stavolta potrebbe non essere un fuoco di paglia. Se è vero che ogni inizio di legislatura ha vissuto, negli ultimi 35 anni, un momento che sembrava propizio alle riforme e che poi è rapidamente svanito, è altrettanto vero che stavolta ci sono delle novità oggettive che inducono all’ottimismo. A partire dalla cornice scelta dal premier, Giorgia Meloni, per gli incontri con l’opposizione e per le relative dichiarazioni alla stampa: la biblioteca del presidente e la Sala della Regina di Montecitorio (dove sono stati sistemati i giornalisti) che richiamano la solennità delle consultazioni per la formazione del governo. Poi c’è il metodo, col tentativo del governo di non partire da una proposta preconfezionata ma di arrivare a un testo quanto più condiviso possibile da parte di quello che una volta si sarebbe chiamato «arco costituzionale». Ma è proprio sul merito delle ricette proposte dalle varie forze politiche, che hanno sfilato ieri alla Camera per tutta la giornata, che sta la complessità della questione. Tra distinguo (anche all’interno della maggioranza) paletti e veti camuffati, è difficile discernere la reale volontà di qualcuno (vedi l’accoppiata Pd-M5s) di lavorare per un accordo da quella di buttare la palla in tribuna. Non ignorando il rischio ostruzionismo da parte dei giallorossi, il premier anche ieri - prima e durante gli incontri - ha tenuto a ribadire la propria apertura su più di una soluzione che garantisca maggiore stabilità dei governi e rappresentanza dei cittadini, purché non ci siano «intenti dilatori». Nel perimetro del centrodestra, come detto, per ora non c’è piena identità di vedute, e lo ha fatto notare in modo chiaro il capogruppo alla Camera della Lega, Riccardo Molinari, commentando le indiscrezioni secondo cui Palazzo Chigi stia spingendo per il premierato, in luogo del presidenzialismo, cosa che potrebbe raccogliere maggiori adesioni nel campo dell’opposizione ma che evidentemente va verificata dentro la maggioranza: «Nel programma del centrodestra», ha detto Molinari, «c’era l’elezione diretta del presidente della Repubblica e quindi quello è l’accordo che c’è. Se il premier Meloni vuol proporre altro, la Lega chiede garanzie per il ruolo del Parlamento». Se a ciò si aggiunge il fatto che il leader del Carroccio, Matteo Salvini, ha sottolineato attraverso un’apposita «velina» il proprio impegno per essere presente nella delegazione governativa agli incontri, si intuisce che la partita delle riforme si sta giocando anche nel campo della maggioranza. Dall’altra parte, tra i maggiori indiziati per una possibile strategia ostruzionistica c’è sicuramente Giuseppe Conte, che è stato il primo ad essere incontrato da Meloni. Nel merito, Conte ha dichiarato la propria contrarietà sia al presidenzialismo che al premierato, mentre nel metodo ha indicato una via che non brilla per snellezza: «Siamo disponibili», ha detto Conte, «al dialogo in una commissione parlamentare costituita ad hoc». Il presidente del M5s ha poi consegnato al premier «undici proposte specifiche, volte a evitare cambi di casacca, a promuovere anche una maggiore partecipazione dei cittadini grazie al rafforzamento degli istituti referendari propositivi». La segretaria dem, Elly Schlein, che è stata l’ultima a confrontarsi con Meloni, ha premesso che per lei le riforme non sono la priorità e come previsto ha opposto un fermo «niet» al presidenzialismo. Poi è entrata più nello specifico rispetto al suo compagno d’opposizione, partendo dalla legge elettorale e prospettando un modello «alla tedesca» con la sfiducia costruttiva: «Per prima cosa», ha detto, «dobbiamo cambiare questa legge elettorale e poi per rafforzare la stabilità ed evitare crisi al buio, guardiamo al modello tedesco e si può ragionare della sfiducia costruttiva ad esempio». Quanto allo strumento legislativo, per Schlein «saranno loro a stabilirlo», ma «sarebbe difficile discutere di riforme costituzionali impegnative se loro continuassero ad andare dritti su alcune riforme altrettanto importanti a cui noi siamo contrari come l’autonomia differenziata».Più morbidi e dialoganti, come si attendeva, gli esponenti del Terzo polo, la cui delegazione - dopo il burrascoso divorzio tra Azione e Iv - si è presentata «bicefala» con relative doppie dichiarazioni di Carlo Calenda e Maria Elena Boschi. Relativamente pochi i paletti posti da Calenda al premier: ok al premierato anche se «modello sindaco d’Italia» (il che presuppone una preferenza per il doppio turno alla francese, che comunque è nel novero delle opzioni offerte dal governo) no al presidenzialismo per non inficiare il ruolo super partes del capo dello Stato. Sia Calenda che Boschi hanno insistito sulla necessità di superare l’attuale bicameralismo paritario, e in particolare l’ex ministro dello Sviluppo economico ha voluto mettere in evidenza sia la propria disponibilità che quella del presidente del Consiglio, definita «in ascolto e aperta al dialogo». A completare il quadro, +Europa e l’Alleanza Verdi-Sinistra: il partito di Riccardo Magi ha chiesto una Bicamerale per le riforme basata su un principio strettamente proporzionale, mentre Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli hanno respinto al mittente tutte le ipotesi sul tavolo chiamando a raccolta le opposizioni per una grande Union Sacrée a difesa della Costituzione.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/consultazioni-governo-meloni-2659987630.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-meloni-tiene-vivo-il-dialogo" data-post-id="2659987630" data-published-at="1683667779" data-use-pagination="False"> La Meloni tiene vivo il dialogo Nessuna preclusione, nessun aut aut, soddisfazione per la partecipazione di tutte le forze politiche di opposizione al confronto: fonti di governo presenti agli incontri di ieri segnalano alla Verità che la giornata dedicata ai colloqui tra il premier, Giorgia Meloni, e le delegazioni delle minoranze sul tema delle riforme è stata dedicata «innanzitutto all’ascolto». Non solo: al di là della questione della leadership, quella che attira di più l’interesse degli addetti ai lavori, ieri al tavolo si sono affrontati praticamente tutti i temi legati alla prospettiva di una riforma dell’architettura istituzionale del nostro Paese. «L’approccio che noi sosteniamo», ci viene spiegato, «è quello dell’ascolto, e negli incontri sono stati per lo più i nostri interlocutori a parlare e a esprimere le loro posizioni, che tra l’altro non sono omogenee. La cosa importante è che si è discusso di tutto: del bicameralismo, dei meccanismi per garantire la stabilità delle legislature, e quindi del vincolo di mandato, dei rapporti tra Stato centrale e autonomie. In sostanza, si punta a riformare l’architettura istituzionale nel suo complesso». La maggioranza di centrodestra non ha preclusioni sulla prospettiva di mantenere al vertice della Repubblica un capo dello Stato che abbia un ruolo di garanzia e che faccia da contrappeso, eventualmente, a un premier eletto direttamente dal popolo e con più poteri: «Né da parte della maggioranza né del presidente Meloni», aggiunge il nostro interlocutore, «c’è alcuna preclusione sul mantenimento dell’elezione del presidente della Repubblica da parte delle Camere. Siamo all’inizio di un confronto». Le ipotesi in campo, per quel che riguarda la leadership, sono tre: il presidenzialismo doc, con l’elezione diretta del presidente della Repubblica, che ha anche le funzioni di capo del governo; il semipresidenzialismo alla francese, con il capo dello Stato eletto direttamente dai cittadini che nomina il primo ministro; e infine il premierato, con il presidente del Consiglio che viene eletto direttamente dal popolo e un presidente della Repubblica che invece viene eletto dal Parlamento e mantiene un ruolo di garanzia. In questo ultimo caso, le funzioni del premier verrebbero però rafforzate, a partire dall’attribuzione del potere di nomina e di revoca dei ministri. «Nella normale dinamica democratica», ha sottolineato la Meloni prima di iniziare le consultazioni, «quando si affrontano temi che sono di interesse della Repubblica lo si deve fare con il cuore aperto, dopodiché sono scelte che si devono fare da entrambe le parti». Ho sentito dire in questa interlocuzione: voi volete rafforzare il governo ma avete già la maggioranza», ha detto la Meloni alla segretaria del Pd, Elly Schlein, nel corso della consultazione, «guardate questa non è una riforma che stiamo facendo per noi stessi: se dovesse andare bene, se dovesse andare in porto, se dovesse superare le sue articolate fasi, passare il referendum, è per entrare forse in vigore nella prossima legislatura. Forse». «Sapete che nel nostro programma», dice la Meloni al termine delle consultazioni, «ci sono le riforme istituzionali, per garantire la stabilità dei governi e delle legislature e il rispetto della volontà degli elettori. Non abbiamo proposto una nostra soluzione preconfezionata, ma cerchiamo una convergenza ampia. La giornata di dialogo è stata proficua: il nostro obiettivo è, fermo restando l’impegno preso con i cittadini, di garantire una democrazia più matura, eliminando i problemi di instabilità, e sulla base delle posizioni che sono state espresse dalle opposizioni, molto variegate tra loro, elaboreremo una nostra proposta. Non siamo innamorati di un sistema nello specifico, non ci siamo presentati con una nostra proposta perché riteniamo importante dialogare con tutte le forze politiche. Il dialogo è stato aperto», aggiunge il premier, «franco e collaborativo, e ringrazio di questo le forze politiche che hanno partecipato. È molto importante ottenere una condivisione più ampia possibile, ma non a costo di non mantenere l’impegno preso con i cittadini».
Era il più veloce di tutti gli altri aeroplani ma anche il più brutto. Il suo segreto? Che era esso stesso un segreto. E lo rimase fino agli anni Settanta