2021-08-22
Confindustria parte lancia in resta per imporre i vaccini in fabbrica
Carlo Bonomi: «Legge sull'obbligo o nuovi protocolli. Dai sindacati grave errore, non c'è tempo da perdere». Stefano Bonaccini promuove il green pass sul lavoro ma frena sul diktat. Sempre più tensione in vista di settembre.Al Meeting di Rimini, il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha scelto di andare all'attacco e di aprire le ostilità con il sindacato. Sulle tasse? A difesa delle imprese schiacciate dall'oppressione fiscale e da quella regolatoria? No: su green pass e obbligo vaccinale. «I sindacati hanno fatto un grande errore», ha detto tra l'altro il leader di Viale dell'Astronomia. Quanto al «tema della legge» sulla vaccinazione obbligatoria, «è troppo facile rimandare la lattina alla politica. C'è una differenza di posizione tra i partiti che difficilmente potrà farci arrivare a una legge. Ma possiamo sederci a un tavolo oggi stesso e aggiornare i protocolli di sicurezza. Io sono pronto anche oggi se i sindacati vogliono. Siamo una comunità». E ancora, quasi dando vita a una nuova versione dell'indimenticabile «fate presto» del 2011: «Sui vaccini non abbiamo tempo da perdere. La situazione è analoga a quella che avemmo per la polio negli anni Sessanta. Dobbiamo sederci a un tavolo, discutere. Io sono pronto. Come corpi intermedi abbiamo una grande responsabilità. Anche in Confindustria forse non tutti sono d'accordo, ma io preferisco un associato in meno». Il passaggio più positivo e condivisibile (questo giornale lo ha ripetutamente auspicato) è quello relativo ai protocolli. Non ha senso insistere con la pretesa di normare tutto con leggi e decreti: molto meglio affidarsi il più possibile a intese e protocolli tra imprese e lavoratori come già accadde nel 2020 durante la prima fase dell'emergenza Covid. Su questo non ci sono dubbi: ripartire dai protocolli sarebbe un segno di saggezza, lasciando il maggiore spazio possibile all'intelligenza degli imprenditori e dei dipendenti. Quel che invece non si comprende è il tono divisivo. Per carità: non c'è dubbio sul fatto che il sindacato corra il rischio di agire solo da sindacato dei non vaccinati. Così come la costante e retorica evocazione, da parte del capo della Cgil Maurizio Landini, di una legge per introdurre l'obbligo vaccinale rischia di essere un modo per gettare solo la palla in tribuna. O magari - peggio ancora - per produrre quell'esito, rifiutato da tutti i Paesi dell'Occidente avanzato e adottato dal Turkmenistan (che speriamo non sia diventato un punto di riferimento per nessuno). Simmetricamente, però, non si comprende perché Confindustria, anziché proporre un'agenda sviluppista e anti tasse, sembri compiacersi in una sorta di «virtue signalling», l'atteggiamento di chi esibisce comportamenti buoni e (pandemicamente) corretti, addirittura cercando scontri non necessari. Pare quasi, ed è un paradosso di cui non si sentiva il bisogno, che il green pass e le altre restrizioni presenti e future, anziché essere solo dei mezzi (discutibili), siano divenuti quasi dei fini (non discutibili), degli obiettivi in sé per stabilire chi sta dalla parte giusta e chi da quella sbagliata del dibattito pubblico. Al contrario, la soluzione sarebbe a portata di mano. Nel metodo, i protocolli. Nel merito, l'adozione su larga scala (anche a livello aziendale) dei tamponi salivari: è lo strumento che concilia il massimo dello screening con il massimo della tolleranza reciproca, in un bilanciamento ragionevole e rispettoso dei valori della libertà e della sicurezza. Mettendo le cose in questi termini, imprese e sindacati potrebbero agevolmente aiutare il Paese a riconquistare un po' di normalità. E dunque ad affrontare la vera emergenza di quest'autunno: l'economia, il lavoro, e una ripresa che rischia di essere asimmetrica e disuguale, percepibile e sostenuta in alcuni settori, e assolutamente assente in altri. Eppure, nella prima uscita post Ferragosto di Bonomi, pur essendoci stato spazio per molti temi (le delocalizzazioni, la scuola, perfino quelli che il leader di Confindustria ha definito «i distinguo dei partiti»), proprio la questione fiscale è parsa la più sacrificata. Alla ripresa, il governo dovrà presentare una bozza di legge delega sul fisco, dopo il lavoro svolto (per una volta in modo non dannoso attraverso un'indagine conoscitiva) dalle commissioni Finanze dei due rami del Parlamento. A maggior ragione, sarebbe questo il momento, per le forze pro impresa, per insistere su robusti tagli fiscali, per mettere in agenda interventi a favore del settore privato (anziché confidare solo nei piani pubblici legati al Recovery), e per scoraggiare il governo rispetto all'annunciata ripresa a pieno regime delle attività di riscossione da parte dell'Agenzia delle entrate, che rischia, con il ritorno in grande stile delle cartelle, di togliere liquidità a famiglie e imprese in un momento delicatissimo. Sarebbe forse più utile dedicarsi a questo, anziché al green pass.Ieri sul tema è intervenuto anche Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna, che ha detto di essere favorevole al green pass «anche nei luoghi di lavoro» ma ha frenato su misure più draconiane, ricordano che nessun Paese ha reso il vaccino obbligatorio.
Operazioni di soccorso dopo il crollo ai Fori Imperiali (Getty Images)
Una donna in preghiera in una chiesa nei pressi di Lagos, Nigeria (Getty Images)