2023-05-03
Il concertone va in tilt nel duello ucraino tra Rovelli e Crosetto
Dal palco di Piazza San Giovanni i conduttori si sono sentiti in dovere di prendere le distanze dalle parole di pace del fisico.Il sommovimento intestinale è la vera malattia senile del progressismo italiano, e il concertone del Primo maggio lo ha ampiamente confermato.Se pensate che il problema della giornata di retorica pseudo sindacale sia stata la polemica sul ministro Guido Crosetto, beh, vi sbagliate di grosso. A ben vedere, infatti, il vero dramma è stato tutto interno alla sinistra, si è consumato nelle sue viscere e in particolare sotto al variegato maglioncino esibito dalla conduttrice Ambra Angiolini. I fatti sono noti. Tra un cantante e l’altro, sul palco di pizza San Giovanni è salito il fisico Carlo Rovelli, uno che fino a qualche tempo fa aveva tutti i gradi del venerato maestro. Autorevolezza scientifica oggi di gran moda, libro edito da Adelphi in cima alle classifiche, ospitata da Fabio Fazio di rigore... Solo che a un certo punto Rovelli si è messo a parlare di politica, e in particolare si è dilettato a discutere di guerra in Ucraina. Ha detto che la guerra non gli piace, e che ancora meno gli piace la propaganda italica orchestrata da chi la guerra nemmeno la combatte. Tanto è bastato per essere etichettato quale perfido putiniano e solito stronzo, come sempre accade quando si esce dal seminato, cioè dal discorso consentito. Ebbene, gli incauti organizzatori del concertone lo hanno invitato forse sperando che si limitasse a una generica filippica sulla pace, cioè facesse esibizione del pacifismo velleitario che è l’unico tollerato a sinistra (anche se poco e male). Rovelli però si è allargato un poco e ha tirato in mezzo il ministro della Difesa. «Invece di dialogare, cercare soluzioni, i potenti del mondo vogliono essere i più potenti di tutti», ha detto. «Magari predicano la democrazia, ma poi vogliono comandare su tutti, alla faccia della democrazia. Oppure, come da noi in Italia, cercano di essere fedeli vassalli dei padroni del mondo, sperando in qualche beneficio a corto termine. Ancora miopia. Ma la guerra si fa anche per motivi più banali… perché costruire armi è un affare terribilmente lucroso. E nel fiume di denaro che producono le industrie di armi, le industrie della morte, ci sguazza la politica». Poi l’affondo su Crosetto: «È ragionevole che in Italia il ministro della Difesa sia stato per anni legato a una delle più grandi fabbriche di armi del mondo, la Leonardo?», Ha domandato Rovelli. «E sia stato presidente della Federazione dei costruttori di armi (l’Aiad). Il ministero della Difesa serve per difenderci dalla guerra, o per aiutare i piazzisti di strumenti di morte? Tutti dicono «pace», ma poi molti aggiungono che prima bisogna vincere. Volere la pace, ma dopo la vittoria, significa volere la guerra, ovviamente». A nostro modesto parere, Rovelli ha agito per un giusto scopo ma con metodo leggermente sbagliato. Cioè siamo convinti che i rapporti di Crosetto con Leonardo e le sue passate collaborazioni c’entrino davvero poco con la guerra in Ucraina, la quale risponde ad altre logiche sovranazionali. Il fatto che una nazione produca, venda e acquisti armi può essere discutibile sul piano morale finché si vuole, ma rientra nel grande gioco di potere globale da cui dipendono il peso, la sovranità e l’indipendenza dei singoli Stati. Detto questo, sulle motivazioni del conflitto in corso e sulla palese volontà di allontanarne la risoluzione Rovelli ha molte ragioni. Ed eccoci al nodo della questione. Condivisibili o meno, le opinioni del fisico dovrebbero essere tema di serio dibattito pubblico. Per altro, sono state espresse con decisione ma pure con rispetto dei ruoli e delle istituzioni. Infatti il ministro Crosetto non ha avuto problemi a rispondere altrettanto civilmente e risolutamente, e anche lui con ampio uso di affermazioni discutibili: «Io lavoro per la pace», ha detto Crosetto. «Non faccio il pacifista ma faccio il ministro. Lui faccia il fisico. Gli mando un abbraccio pacifico e lo invito a pranzo per fargli conoscere la persona. Basta che nel suo studio dell’Ucraina non sbagli la parte per cui lavorare, perché normalmente chi è pacifista poi è per i russi. Qui invece siamo tutti per la pace in Ucraina. Bisogna anche conoscere cosa si è fatto prima». A stretto giro è arrivata la controreplica di Rovelli: «Apprezzo molto la cortesia del ministro della Difesa, e il suo gentile invito a cena, e lo ringrazio. Ma la questione che ho posto nel mio intervento il Primo maggio non è personale fra lui e me. È politica, riguarda il futuro di noi tutti, e vorrei se ne discutesse nel Paese, non a cena in due». Tutto cristallino, e perfino utile ci permettiamo di pensare. Un «intellettuale» (sia detto senza offesa) ha sollevato un tema di interesse pubblico durante un evento pubblico sulla televisione pubblica, il ministro pubblicamente ha risposto, ne è scaturito uno scambio che meriterebbe senz'altro di essere ampliato ma che si è svolto come dovrebbero svolgersi le discussioni in democrazia: con la giusta franchezza e nel nome dell’interesse collettivo, non di beghe personali fra i contendenti. Ma è esattamente qui che esplode il bubbone. Nonostante Rovelli fosse stato civile e nonostante lui e Crosetto fossero perfettamente in grado di sciogliere la matassa da soli, i presentatori del concertone - Ambra e Biggio - si sono sentiti in dovere di prendere le distanze e scusarsi. «Qua non c’è censura», hanno detto imbarazzati. «Quando invitiamo i nostri ospiti lasciamo loro la libertà di esprimere la loro opinione, è importante. Dispiace che non essendo un dibattito politico, quando si attacca qualcuno, come nell’intervento del professor Rovelli, che ha espresso una sua opinione, se avessimo potuto avremmo avuto un contraddittorio. Non lo sapevamo e non è successo».Perbacco, quanta solerzia, perfino sospetta. Ma quando mai, in passato, si sono udite tante giustificazioni? E quando mai i conduttori si sono preoccupati così tanto di non ferire la sensibilità di un uomo politico, tanto più se di destra? E dire che durante il Primo maggio di insulti negli anni scorsi ne sono volati parecchi... Nel 2021, ad esempio, Fedez se la prese con il leghista Andrea Ostellari additandolo come un pericoloso omofobo poiché non impazziva di gioia all’idea di approvare il ddl Zan. Ne seguì un polverone mica male, e l’anno successivo Fedez non apparve nella scaletta della kermesse sindacale. Ambra, che si era fatta notare per il costoso e non casuale maglioncino arcobaleno, che cosa fece? Forse si affrettò a scusarsi con Ostellari? Certo che no. Nel 2022, un anno dopo il fattaccio, alla fine del concertone inviò un dolce pensiero a Fedez. Riportiamo testuali parole: «Siamo arrivati alla fine del concertone, volevamo lasciarvi con una poesia, con le parole di un amico del Primo maggio, dice così: “Buon primo maggio e buon concertone a tutti, avrei voluto essere lì ma credo che il mio invito si sia perso”, lui è Fedez, ciao Federicooooo». Mica male. Del resto, già nel 2018 Ambra si era trovata a gestire un attacco personale. Lodo Guenzi dello Stato sociale riadattò il testo del suo brano di successo per fare sapere al mondo che Elisabetta Alberti Casellati gli aveva «rotto il cazzo». La Angiolini corse a tamponare il danno? Manco per sogno: era troppo impegnata a gestire il palco assieme a Guenzi medesimo. E allora chiediamo di nuovo: come mai nel 2023 tanta rapidità nel prendere le misure alle uscite di Rovelli? Dubitiamo che si tratti di affezione per Crosetto. Forse siamo malpensanti ma sospettiamo che a creare imbarazzo sia la guerra, o meglio la posizione assunta dalla sinistra italiana a riguardo. Nel 2022 Ambra mostrava a San Giovanni un maglioncino con i colori della bandiera ucraina e presentava tra le lacrime i musicisti ucraini: bisognava schierarsi, anche perché il Pd era in prima fila tra i bellicisti. Avere un anno dopo Rovelli sul palco a sbriciolare gli slogan guerrafondai deve aver generato un certo imbarazzo e un certo timore di essere accusati di putinismo di ritorno. Dunque niente censura, ma opportuno smarcamento, in attesa di capire quale sia la linea del Pd dell’era Schlein sul conflitto. Purtroppo, lo stesso imbarazzo visto al concertone impedisce a Elly di prendere una posizione netta. Ergo ai progressisti tutti come ad Ambra non resta che barcamenarsi nella speranza di ricevere presto direttive su quale maglione indossare alla prossima uscita pubblica. Poveri: anche se non c’è la rivoluzione non sanno comunque cosa mettersi.
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