2021-08-04
Concentrare i 18 miliardi sul fisco. Lo spezzatino è soltanto un danno
Mario Draghi ha promesso la riforma. I partiti ingolositi studiano di spendere i soldi pure per le pensioni.Al Mef (ministero per l'Economia e le finanze), in effetti, sono un po' nei guai e in questo caso specifico non è neanche colpa loro. Non ci si sono infilati da soli ma ce li stanno infilando i partiti, un po' tutti, almeno per ora. La questione è che ci sono dei soldi da spendere, circa 18 miliardi che dovrebbero andare per la riforma fiscale che Mario Draghi ha promesso agli italiani me che, soprattutto, si è impegnato formalmente con la Commissione europea portare a compimento entro dicembre di quest'anno. Come dicevamo i partiti hanno cominciato a discutere sul come spenderli e che, forse, nella convinzione di racimolare un po' di consenso in più, sia meglio non spenderli solo per la riforma del fisco ma anche - è la voce che circola di più, da destra a sinistra - per le pensioni. E, quindi, fare il solito spezzatino in mille voci che non serve a nulla e a nessuno, perché, soprattutto in un momento di crisi economica, la politica economica, cioè le decisioni economiche che assume un governo, più si concentrano su un obiettivo, magari anche unico e più c'è qualche probabilità che servano a qualcosa. Invece è assolutamente certo che disperdendo pochi soldi in mille rivoli non si ottiene alcun risultato importante per nessuno. Il problema è che questa legge elementare dell'economia (pubblica) sembra non fare breccia nella testa dei politici. Vediamo di provare a fare un po' di chiarezza sul perché sarebbe meglio concentrare i soldi, ed anzi aumentarne la quantità, per la riforma del fisco e il conseguente abbassamento della pressione fiscale che è una delle più alte dell'Ocse.Primo. Chi paga le pensioni in Italia? Per la maggior parte i contribuenti, cioè coloro che pagano le tasse. Il 52 per cento delle pensioni, 8,55 milioni di persone su un totale di 16,39 milioni di beneficiari di vari trattamenti previdenziali (compresi quelli per i superstiti, quelli per le invalidità oltre a quelle sociali che sono veramente irrisorie quanto a soldi percepiti, tra le più basse d'Europa). Dunque la maggior parte delle pensioni non sono pagate dai contributi versati ma dalla cosiddetta fiscalità generale cioè dalle tasse che paghiamo tutti per un totale di 90 miliardi di euro, quasi il 6 per cento del Pil. Tra l'altro a dicembre scadrà Quota cento che, se come pare sarà trasformata in quota 41, costerà il prossimo anno 4,33 miliardi di euro per arrivare a costarne circa 9 una volta che sarà entrata a regime negli anni a venire. Capite bene che sparsa così la spesa - e certissimamente spunteranno altre voci di spese corrispondenti con i vari potenziali elettorati di riferimento dei diversi partiti - non servirà a nulla. Una riforma radicale del fisco e un abbassamento delle tasse sul lavoro richiederebbe ben altre cifre che 18 miliardi ma non c'è dubbio che tutti e 18 concentrati lì, e solo lì, qualche effetto potrebbero produrlo.Secondo. Qualcuno potrebbe obiettare. Ve bene diminuire le tasse sul lavoro ma così lo Stato avrà ancora meno soldi per pagare le pensioni e la speranza di vederle aumentare, soprattutto per le fasce più deboli, svanirà definitivamente. Il ragionamento, all'apparenza non fa una grinza, ma solo all'apparenza. Infatti, se a pagare le pensioni sono i lavoratori è chiaro che più essi aumentano, e conseguentemente diminuisce la disoccupazione e più lo Stato incasserà tasse dai lavoratori stessi. E certamente con un incremento significativo dell'occupazione i soldi che incasserà lo Stato saranno maggiori: più lavoratori meno gravati di tasse faranno guadagnare ingrasseranno di più le casse dello Stato. Inoltre, i lavoratori si troveranno in tasca più soldi che spenderanno, nella maggior parte dei casi, e non risparmieranno, facendo aumentare i consumi e quindi, ancora una volta, il gettito fiscale dello Stato attraverso l'Iva che incasserà da tutte le merci e i servizi acquistati dai contribuenti-cittadini-lavoratori.Quindi, in conclusione, in questo caso non c'è da capire se sia nato prima l'uovo o la gallina perché le uova delle pensioni le fanno le galline che lavorano e i contribuenti che pagano le tasse. L'importante - come si dice in Toscana - è non voler mangiare l'uovo quando ancora sta attraversando lo stretto canale che lo porterà nella paglia sottostante. Speriamo che non lo facciano anche questa volta.