2020-08-12
Con lo stesso metro sugli altri bonus dovrebbe lasciare mezzo Parlamento
Auto, bebè, babysitter e monopattini: il governo non ha mai escluso ricchi e politici.La vicenda è ormai nota a tutti. Cinque deputati avrebbero chiesto il bonus da 600 previsto dal governo Conte per aiutare i professionisti e le partite Iva che a causa della pandemia globale hanno visto precipitare le proprie entrate. E sembrerebbe che tra i richiedenti, tre parlamentari siano riusciti a incassare l'aiutino dell'Inps. Ora, che richiedere l'agevolazione sia stato un gesto di cattivo gusto, oltre che moralmente inaccettabile, è fuori discussione. Ma se si mette da parte, per un attimo, la morale e si considerano i fatti, la richiesta avanzata dai parlamentari è del tutto legale. Il problema è infatti la norma. Il governo Conte ha dato il via a un bonus lacunoso fin dal principio. Non sono infatti stati stabiliti limiti, a livello di Isee, per il quale non poteva essere chiesta e dunque erogata l'agevolazione. Fin dal primo mese diversi commercialisti avevano infatti segnalato come molti loro clienti, che di certo non avevano necessità di intascare 600 euro, avessero richiesto il bonus. L'aspetto incredibile di questa questione è che adesso ci si indigna perché qualcuno (parlamentare o meno) ha richiesto questo contributo, anche se non ne avesse realmente bisogno. Forse, lasciare al buon cuore della gente la decisione di richiedere o meno un'agevolazione non è stata una mossa molto intelligente e lungimirante da parte dell'esecutivo. Altro aspetto che risulta bizzarro è la tempistica. A distanza di tre o quattro mesi dal lancio del primo bonus, l'Inps ha fatto uscire la notizia che dei parlamentari avrebbero richiesto il sussidio. Ora, passi che ad aprile l'Istituto nazionale della previdenza sociale non abbia detto nulla, ma a maggio (a distanza di due mesi dal lancio del primo bonus) perché l'Inps non ha comunicato «l'anomalia» al governo, in modo che con il decreto Rilancio potesse porre rimedio all'agevolazione messa in campo con il precedente atto normativo? Perché si è voluto aspettare agosto per far scoppiare il caso? Sembrerebbe che il tutto sia stato studiato a tavolino per mettere a segno un attacco politico ad hoc. Ma lasciamo da parte i possibili retroscena politici del caso e guardiamo l'oggetto dello scandalo. Si parla di un bonus. Uno dei tanti che in questi anni è stato messo a disposizione dei cittadini. E chissà «quanti mariti, mogli e parenti hanno usufruito del bonus bebè, incentivi auto e quant'altro. A quel punto, la questione si allargherebbe», ha dichiarato Gianluca Forcolin, vicepresidente della Regione Veneto (che in questa vicenda ha ammesso di aver fatto richiesta di bonus senza ottenerlo), in un'intervista dell'11 agosto al Corriere della Sera. E non bisognerebbe andare nemmeno tanto indietro nel tempo per trovare un esempio. Danilo Toninelli, ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, durante la sua permanenza al governo aveva dato il via all'ecotassa (norma contenuta all'interno del progetto green e auto meno inquinanti) e la sua stessa famiglia ne aveva usufruito, legittimamente, comprando un Suv che stava nei limiti della norma. Se poi si vanno a guardare le miriadi di agevolazione concesse dai vari governi in questi anni, oltre a rimanere allibiti, ci si chiede anche quanti politici, mariti, mogli o figli abbiano chiesto questi aiuti. Si pensi ad esempio al bonus asilo nido (per chi ha figli di meno di tre anni che frequentano il nido), o ancora al bonus bebè (viene dato, previa richiesta, alla nascita del bambini. Per chi ha un'Isee superiore ai 40.000 lo Stato da 80 euro). E quello per «mamma domani»? (incentivo dato alle donne in gravidanza dal settimo mese in poi. Sono 800 euro). O il bonus babysitter, che consiste in un voucher di 600 euro dato alle famiglie con figli di età inferiore ai 12 anni, costretti a stare a casa per l'emergenza sanitaria. E dunque, seguendo il ragionamento della massa, le deputate non dovrebbero né chiedere né ottenere nessuno di questi bonus. E se l'avessero fatto? Si dovrebbero dimettere anche loro? Ma andiamo avanti, perché l'elenco dei bonus non è ancora finito. L'agevolazione per i mobili prevede una detrazione Irpef del 50 per cento se si acquistano mobili o elettrodomestici di classe A+ fino a un massimo di 10.000. C'è un reddito Isee? No. L'avranno chiesto parlamentari o affini a questi? Può essere. E ancora, il bonus studenti. I 300 euro riservati agli studenti che compiono 18 anni. Chissà quanti figli di parlamentari hanno preso questi soldi. Eppure nessuno ha detto nulla. Poi c'è il bonus condizionatori (e più in generale tutti gli aspetti che rientrano nell'econobus). E infine, come non ricordare l'agevolazione concessa per chi compra bici e monopattini? Chissà quanti politici ne hanno usufruito (per i figli ovviamente). E dunque, visto che si richiedono le dimissioni dei cinque parlamentari che hanno chiesto (o dei tre che hanno incassato) i 600 euro, perché non facciamo dimettere anche tutti gli altri che hanno preso un qualsiasi bonus mai esistito?