2022-09-24
Con le pedine grilline D’Alema fa il re di Roma
Fabrizio Palermo (Imagoeconomica)
Roberto Gualtieri, fedelissimo del leader Maximo, è pronto a piazzare al vertice di Acea Fabrizio Palermo. Già capo di Cdp ai tempi del Conte uno. Il manager è il punto d’incontro tra l’ex premier e il M5s, che a differenza del Pd si prepara a fare il pieno di voti.I corridoi romani raccontano di grandi fibrillazioni dentro il partito guidato dal segretario Enrico Letta. Si teme che il voto nei collegi della Capitale vada male. Soprattutto negli uninominali. Ed è in questi frangenti di indecisione che uno dei politici più navigati d’Italia e forse d’Europa, Massimo D’Alema, riesce a dare il suo massimo. Al di là del gioco di parole, l’ex diessino è pronto a muovere le pedine finanziarie di Roma e abbracciare una filosofia che lo vede ancora vicino al mondo grillino. Così nel caos del post elezioni, il Comune di Roma, guidato dall’ex ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, nonché storico membro di Italianieuropei (fondazione dalemiana per antonomasia), si prepara al ribaltone dentro Acea, società quotata in Borsa, multiutility controllata al 51% dal Roma Capitale e che si occupa di acqua, energia, distribuzione e rifiuti. È pronto a uscire di scena l’attuale amministratore delegato Giuseppe Gola e a entrare, già la prossima settimana, Fabrizio Palermo. Che spiegazioni verranno date al mercato e a chi investe in Borsa? O scivolerà tutto sotto il peso del nome? Palermo è stato nominato al vertice di Cassa depositi e prestiti nel 2018, ai tempi del Conte uno, e ha salutato via Goito, dove ha sede la Cassa, lo scorso anno. Quando Mario Draghi al suo posto ha voluto Dario Scannapieco. Da allora Palermo è rimasto dietro le scene e lontano dalle partecipate. Si è dedicato a fare il consulente per il gruppo Caltagirone impegnato a battagliare su Generali contro Mediobanca. Da qui sicuramente il silenzio assenso dell’immobiliarista romano che di Acea possiede circa il 5% del capitale. L’ex ad di Cassa depositi e prestiti ha sicuramente rappresentato un elemento di contatto tra D’Alema e il Movimento 5 stelle. E il suo ritorno sulla scena industriale adesso può coincidere con l’exploit politico di Giuseppe Conte, di cui non è estraneo D’Alema. Di fronte a un Partito democratico indebolito dalle scelte pre elettorali di Letta, osservare da vicino una azienda come Acea per il premier della bicamerale significa (politicamente parlando) candidarsi a diventare uno dei re di Roma. Tanto più che Massimo D’Alema è anche un grande conoscitore del mondo dell’energia. Basta spulciare i bilanci abbreviati di esercizio dove si scopre che Dl & M (socio e amministratore unico è D’Alema) nel 2020 ha avuto ricavi per 426.816 euro. Si tratta del secondo bilancio con un aumento significativo rispetto ai 172.000 dell’esercizio precedente. L’utile è di 202.000 euro. Da dove provengono? Sono ricavi relativi al «ritiro dedicato» dell’energia elettrica da parte del Gse, il gestore dei servizi energetici. Cessione al Gse dell’energia elettrica immessa in rete dagli impianti fotovoltaici «su richiesta del produttore e in alternativa al libero mercato, secondo principi di semplicità procedurale e applicando condizioni economiche di mercato». Il business energetico è chiaramente in crescita. Un concetto chiaro probabilmente anche a Rodolfo Errore, manager dalemiano che ora guida l’azienda campana del comparto petrolifero, ma che per più di due anni è stato in Sace. Che a quel tempo qualcuno definiva il ministero degli Esteri dell’ex premier. La deduzione derivava dalla tornata di nomine nelle aziende partecipate del 2019, quando durante il governo Pd-M5s di Giuseppe Conte, Max caldeggiò con una zampata la nomina di Errore come presidente e Pierfrancesco Latini come amministratore delegato (quest’ultimo spinto anche dall’ex amministratore delegato di Cdp Fabrizio Palermo). L’operazione non fu difficile. A ratificare i desiderata di D’Alema toccò all’attuale sindaco di Roma, all’epoca ministro dell’Economia. Errore fu una delle diverse nomine dalemiane di quel periodo, cresciute intorno a Ernst & Young, network mondiale di servizi professionali di consulenza e revisore contabile dove l’ex ministro degli Esteri è stato presidente dell’advisory board. Dettagli utili per comprendere i corsi e i ricorsi storici, ma anche il peculiare momento. Ben sintetizzato tra l’altro da una cena avvenuta pochi giorni fa da Checco dello Scapicollo. Attorno ai tavoli gli esponenti del Pd hanno provato a studiare alcune exit strategy in caso di debacle. Una delle ipotesi avrebbe riguardato Patrizia Prestipino in corsa al collegio Eur. La deputata riformista, ex rutelliana, renziana e ora possibile dalemiana di ritorno in caso di esito negativo alle urne, potrebbe in futuro concorrere per un posto di peso dentro Eur Spa. Si chiama via di fuga, ma si scrive occupazione democratica della poltrone. E per democratica si intende dem. Certo, elementi in più che non sono certo fondamentali per definire Roma una città sotto la totale supervisione della sinistra. È bene ricordare che lo stesso D’Alema ha avuto modo di dire la sua sullo stadio e consigliare gli attuali vertici della As Roma. È stato visto partecipare almeno a una riunione sul tema. E pure quando non arriva direttamente c’è sempre Francesca Bria a studiare nuove tematiche di sviluppo innovativo. L’economista vicina ad Andrea Orlando è stata consigliera del Campidoglio. Conosce bene Roma, dunque. Così come ha conosciuto bene Barcellona e studia l’Albania. D’altronde tutte le strade portano alla Capitale.
Marta Cartabia (Imagoeconomica)