2020-01-04
Se al governo ci sono i buoni, i morti in mare non contano
Le tragedie del Mediterraneo venivano usate per attaccare Matteo Salvini: andato via lui, sparite le polemiche. Ma non le stragi. Il 2020 ha appena iniziato a respirare, ma sembra di essere nel 2017. Gli sbarchi di stranieri sulle nostre coste sono ricominciati alla grande, nel Mediterraneo non si esaurisce la conta dei morti, ci sono pure rivolte nei centri d'accoglienza come nei giorni drammatici dell'invasione più spinta. Il caos è scoppiato nella tarda serata di giovedì nell'hotspot di contrada Milo di Trapani, dove i gentili ospiti hanno pensato bene di dare fuoco a qualche materasso, forse per creare un diversivo e consentire la fuga di alcuni loro compari. E come se non bastasse, è tornato pure il terrore islamico a Villejuif, vicino a Parigi, dove un uomo ha aggredito 4 persone urlando «Allah Akbar», uccidendone una a coltellate. A leggere queste notizie sembra d'essere tornati indietro nel tempo, in un passato recentissimo di cui non si ha alcuna nostalgia. Eppure, sembra che non importi a nessuno o quasi. Di immigrazione, ormai, non si parla praticamente più. O, meglio, i giornali ne parlano soltanto per ricordare le malefatte del perfido Matteo Salvini, colpevole di aver lasciato alcune decine di poveri migranti in balia dei flutti sulla nave Gregoretti. Di come questo governo stia gestendo la pratica, però, si discute pochissimo e superficialmente. Anche se la situazione non è esattamente rosea. Luciana Lamorgese, inquilina del Viminale solitamente muta come un pesce, ha aperto bocca nelle scorse settimane per vantarsi degli ottimi risultati ottenuti, in particolare riguardo al calo degli sbarchi. Peccato che i dati ufficiali forniti dal suo stesso ministero la smentiscano, dipingendo ben altro quadro. Nei primi giorni del 2019, gli immigrati sbarcati sul territorio italiano erano pari a zero. Quest'anno, invece, stando al ministero dell'Interno, siamo già a 87 arrivi in appena tre giorni. Se guardiamo i numeri relativi agli ultimi mesi del 2019, ci rendiamo conto che qualcosa è cambiato. Da quando il governo giallorosso si è insediato, gli arrivi sono in aumento costante. A settembre 2019 sono stati 2.498 contro i 947 dell'anno precedente. Ma consideriamo pure settembre un mese di passaggio e osserviamo ciò che è accaduto dopo. A ottobre abbiamo avuto 2.017 sbarchi contro i 1.007 dell'anno prima; a novembre 1.232 contro i 980 dell'anno precedente; a dicembre 589 contro i 359 del 2018. Le percentuali parlano chiaro. A ferragosto - cioè nei giorni fatali della rottura di Salvini con i pentastellati - gli sbarchi calavano del 77,86% rispetto all'anno precedente. Il 15 ottobre già era visibile la frenata: -61,14% rispetto al 2018. Al 15 novembre eravamo già a -55,85%. Al 31 dicembre i dati dicevano -50,92%. Tradotto, significa che gli sbarchi continuano a diminuire, ma sempre meno. Di più: da quando al Viminale c'è la Lamorgese sono aumentati e non di poco. Ci sono gli stranieri che arrivano a bordo delle navi delle Ong, ovviamente. Ma ci sono, sempre più numerosi, quelli che giungono su imbarcazioni di fortuna. Ieri mattina, tanto per fare un esempio, 54 persone di etnia curdo-iraniana sono arrivate a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce. Nella notte tra il 2 e il 3 gennaio, nel Sud della Sardegna, sono sbarcati in 80. Spesso questi arrivi alla spicciolata non sono nemmeno inseriti nei conteggi ministeriali, ma come vedete parliamo di centinaia di persone. E centinaia sono pure i morti nel Mediterraneo. Come sempre quando si parla di decessi in mare bisogna fare molta attenzione: non sempre i dati sono attendibili, anche perché a fornirli sono soprattutto le stesse Ong, che hanno tutto l'interesse a spingere sul dramma. Però, ai tempi di Salvini, tutti questi numeri venivano presi terribilmente sul serio. Se valevano allora, dovrebbero valere anche oggi, no? Secondo la Ong Alarm Phone, come riportava ieri Avvenire, «sono oltre 300 le persone morte solo negli ultimi due mesi (dal 28 ottobre al 22 dicembre)». Un poco più attendibili sono i dati forniti dall'Oim, ovvero l'Organizzazione internazionale per le migrazioni legata all'Onu. Nel 2019 ha registrato in totale 743 decessi, persone morte lungo la rotta che va dalla Libia all'Italia (quella del Mediterraneo centrale). Certo, fortunatamente parliamo di meno morti rispetto all'anno prima, a ulteriore dimostrazione del fatto che meno partenze causano meno decessi. Il punto è che la tendenza potrebbe invertirsi. Da ottobre a oggi, infatti, il numero delle morti è aumentato: 83 contro le 54 registrate alla fine del 2018. Eppure nessuno si scandalizza. Alarm Phone ha segnalato la sparizione, il 29 dicembre, di una barca proveniente dalla Libia con 45 persone a bordo. Ma nessuno ha gridato alla strage. Nessuno ha inveito contro Luciana Lamorgese accusandola di essere «il ministro dell'Inferno» o di essere un'assassina di massa. Sapete com'è, adesso al governo ci sono i buoni, quelli con il cuore grande che hanno messo fine alla stagione dell'odio. Poi, certo, gli sbarchi aumentano, i morti si contano ancora, così come i guai e le violenze a sfondo migratorio. Però va tutto bene. In fondo, chi se ne importa dei numeri: è il pensiero che conta, no?
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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