2022-12-17
Con il nuovo tamponificio gli ospedali del Veneto rischiano di andare in tilt
Altro che convivere col virus: la Regione ora impone test molecolari ogni cinque giorni al personale. Così si moltiplicheranno dottori e infermieri da isolare. Nemmeno in Cina.Secondo Giorgio Palù, la pandemia è finita: «Smettiamo di utilizzare, da un punto di vista virologico e semantico, questo termine», ha intimato ieri al Corriere della Sera. «Significa elevare una malattia infettiva a emblema di urgenza sociale costante a dispetto di altre patologie più impattanti», quando il Covid è «meno letale dell’influenza». In Veneto, forse, non si fidano fino in fondo del presidente dell’Aifa, peraltro nato nel Trevigiano. L’emergenza è finita, è cambiato il governo, eppure la Giunta regionale, lo scorso 29 novembre, ha deliberato un aggiornamento del Piano di sanità pubblica, che modifica le «strategie di gestione della pandemia Covid-19» (quella che, secondo il virologo di Oderzo, è ormai superata). E in questi giorni, dirigenti delle Asl si stanno adeguando alle nuove disposizioni. Il documento introduce linee guida per lo screening del «personale sanitario e non sanitario», che rischiano davvero di portare gli ospedali al collasso.Secondo la Dgr numero 1502, a dottori e infermieri, «che svolgono assistenza diretta al paziente nei reparti in cui è stata riscontrata la positività» tra i dipendenti «negli ultimi dieci giorni», è «raccomandato un test ogni cinque giorni». O, addirittura, «con frequenza maggiore, su valutazione del medico competente in relazione al rischio». Sapete cosa significa? Che con il grado di circolazione del Sars-Cov-2, è praticamente certo che gli esami diagnostici pizzicheranno qualche positivo, sia pure asintomatico. Costui sarà spedito in quarantena per cinque giorni. Al termine dei quali, finché la Camera non confermerà gli emendamenti al dl Rave che aboliscono il tampone di fine isolamento, dovrà ricevere almeno un test rapido negativo. Intanto, chi coprirà i turni di quel camice bianco o verde? In una situazione di cronica penuria degli organici? Il pericolo è serio: tampona e tampona, con cadenza di cinque giorni, e svuoti le corsie.Facciamo un rapido calcolo: nell’ultima settimana, in Italia, sono stati registrati 174.652 contagi, intorno ai 25.000 al giorno. Nel solo Veneto, se ne sono verificati quasi 22.000, ovvero oltre 3.000 ogni 24 ore. Parliamo, ovviamente, dei casi scoperti; ma le persone che si denunciano sono una minoranza. I più, se sospettano di essere infetti, optano per il kit domestico. Chi non ha sintomi, se non fa il medico nella Regione di Luca Zaia, di sicuro non corre in farmacia a farsi infilare un bastoncino nel naso. Sarà vero, come ha sottolineato Palù, che la stagionale «ha un’incidenza cinque volte superiore al Covid-19». Ma è indubbio che Omicron e le sue sottovarianti, oltre al ceppo Cerberus, continuano a girare, per fortuna senza conseguenze drammatiche, nella popolazione. Inclusa quella che lavora negli ospedali - o soprattutto in quegli ambienti. Andare a cercare con il lanternino brandelli di coronavirus significa dover allontanare dai reparti decine di medici, specialisti e infermieri.Con le altre categorie di operatori sanitari, Palazzo Baldi è più elastico: vuole almeno un test ogni dieci giorni «per chi svolge attività in contesti a maggior rischio»; e almeno un test ogni 20 giorni per quanti lavorano nell’«assistenza diretta» ai pazienti non affetti dal Sars-Cov-2. Resta però il fatto che, in via prioritaria, «per le attività di sorveglianza del personale», bisognerà privilegiare l’uso dei tamponi molecolari. E, solo in seconda battuta, degli antigenici di quarta o terza generazione. I test rapidi di seconda sono ammessi esclusivamente «in caso di urgenza oppure ove» le altre tipologie di esame «non siano disponibili». Questo comporta che la probabilità di trovare casi di positività aumenta esponenzialmente: con i cicli di amplificazione, si rileva anche materiale genetico del virus inerte. Inoltre, un recente studio uscito su Nature ricordava che «non esistono test diagnostici che determinino in modo affidabile la presenza di virus infettivi». In assenza di sintomi, dal tampone non si può determinare se il positivo sia anche capace di trasmettere il Covid.Ecco in virtù di quali granitiche evidenze si confineranno professionisti altrimenti in grado di lavorare. Aggravando le difficoltà degli ospedali. Alle strutture venete, mentre scriviamo, stanno arrivando le circolari dei direttori sanitari, con la richiesta di conformare le procedure di screening alle istruzioni della Regione. Il tutto, dopo che la maggioranza che sostiene Giorgia Meloni ha votato per cancellare l’obbligo di tampone a chi entra in pronto soccorso. Si sta verificando ciò che La Verità paventava l’altro giorno? I vertici delle Asl vorranno pararsi le spalle da potenziali conseguenze penali degli allentamenti dei protocolli? Se è così, il tamponificio continuerà a funzionare a pieno regime, se non a ritmi accelerati.Ed è abbastanza disarmante che la risoluzione sia stata adottata in un territorio amministrato dalla Lega. D’altronde, un anno fa, furono i governatori del Nord a pressare Mario Draghi, affinché inasprisse la disciplina sul green pass. E i sindacati medici che dicono? Sono scesi in piazza a chiedere il ricorso al Mes sanitario: sperano si assuma personale. Geniale: dovremmo legarci al collo l’ennesimo eurocappio, mentre teniamo a casa dottori e infermieri sani, neppure infettivi e, comunque, impiegabili con semplici accorgimenti igienici. Come ormai fa persino la Cina. Possibile che nell’ex patria del Covid zero siano meno rigidi che sulle colline del prosecco?