2018-07-03
Con i droni di Trump ci riprendiamo la Libia
Gli Usa bombardano la Cirenaica per spazzare via gli ultimi combattenti dell'Isis e favorire il governo di Khalifa Haftar. L'obiettivo è quello di ridimensionare il ruolo di mediazione di Parigi nell'area. Una strategia che sostiene i nostri interessi fino al Niger.Malta ferma un'altra nave delle Ong ma la Commissione Ue rema contro. Dopo la Lifeline, La Valletta blocca anche la Sea Watch. Mentre Frontex approva la linea della fermezza Bruxelles si mette di traverso: «Le imbarcazioni con bandiera europea non riportino indietro i migranti».Lo speciale contiene due articoli.I droni americani sono gestiti dal comando Africom strategicamente posizionato a Gibuti. I velivoli in gran parte decollano dalla base di Sigonella. In questi giorni i mezzi di Donald Trump hanno bombardato Derna, una importante città a pochi chilometri da Bengasi. Le bombe americane hanno aiutato il generale Khalifa Haftar a far sloggiare gli ultimi terroristi dell'Isis. Adesso il target è cambiato e i droni stanno prendendo di mira l'area di Ras Lanuf, grosso terminal petrolifero della Cirenaica. Se l'impegno sarà il medesimo dedicato a Derna, in pochi giorni anche il grosso rubinetto di greggio tornerà nelle mani del governo di Tobruk. L'effetto sarà dirompente perché spostare gli equilibri nel Paese magrebino e di conseguenza in tutto il Sahel. La strategia di alleggerimento operata da Barack Obama aveva lasciato enormi praterie a favore della Francia. Da ultimo ad approfittarne è stato Emmanuel Macron. Prima di lui François Hollande pigiò il piede sull'acceleratore dell'occupazione del Mali, del Niger e della Repubblica Centrafricana. Il ritorno in campo della Casa Bianca inevitabilmente riavvicinerà il governo Haftar agli Usa e renderà ancora più forte l'alleanza con il presidente egiziano Al Fattah Al Sisi. La mossa successiva degli Usa dovrebbe essere quella di creare un corridoio in grado di unire le truppe (poche) presenti in Repubblica Centrafricana, in Mali e in Niger alla Libia. Si tratterà sicuramente di piccoli avamposti, ma assai strategici. Soprattutto saranno nuove opportunità per l'Italia. Trump sembra disposto ad aiutarci a fermare l'avanzata francese nel Maghreb. Il perché è molto semplice. Indebolire Parigi in Africa, significa renderla più debole in Europa e spezzare ancor più l'asse franco tedesco che continua a muoversi in maniera parallela sui temi della Difesa comune e pure dei dazi, alias industria automobilistica. Non è infatti un caso che il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, abbia rilasciato una lunga intervista a Defence News, principale magazine in lingua inglese. In sostanza la Trenta rassicura gli alleati americani sui caccia F 35. Nonostante gli strilli dei 5 stelle, Roma andrà avanti e manterrà i propri impegni (sia militari sia economici) nel più grande programma di velivoli di quinta generazione targato, più che Nato, lockheed Martin. Il ministro ha quindi ricordato l'incontro con il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, John Bolton. «Gli Stati Uniti sono il nostro storico alleato, non ne abbiamo mai dubitato», è stata ed è la premessa. All'emissario dell'Amministrazione Usa, la Trenta ha ribadito che l'Italia punta a raggiungere l'obiettivo Nato di spesa del 2% del prodotto interno lordo in Difesa. «Ma vorremmo anche che la nostra forte presenza nelle missioni militari fosse riconosciuta come valore aggiunto», ha esplicitato rassicurando gli Usa che il numero di militari italiani in Afganistan resterà stabile almeno nel breve periodo. salvo riferire di aver chiesto aiuto a Bolton per lanciare una missione militare italiana pianificata in Niger per aiutare a combattere i trafficanti di migranti che spediscono migranti attraverso il Sahara verso la Libia, dove si imbarcano su gommoni diretti verso l'Europa. Il mese prossimo il ministro italiano sarà a Tripoli incontrerà i vertici del governo di Tripoli guidato da Fayez Al Serraj, l'unico riconosciuto ufficialmente da Roma. Le diplomazie si stanno però muovendo. Stando quanto risulta alla Verità, venerdì scorso Haftar avrebbe dovuto incontrare l'ambasciatore italiano a Tripoli, quello francese e pure l'inviato speciale dell'Onu. Sarebbe stato un passo definitivo verso la riapertura delle trattative per la riunificazione della Libia. L'incontro è saltato perché non ci sono ancora le premesse. E perché nell'operazione di pacificazione del Paese dovrà essere coinvolto l'Egitto. Il nuovo governo sta cambiando posizione nei confronti di Al Sisi riportando la vicenda dell'omicidio di Giulio Regeni nella posizione diplomatica che più compete. Cioè separando il dramma dalla ragion di Stato più ampia e dalla necessità di tornare a essere partner primari per il filone economico ed energetico. C'è da scommettere che anche con Il Cairo gli Stati Uniti si muoveranno da mediatori. A quel punto sarà necessario per Roma prendere una nuova strada sulla Libia. Sostenere la pacificazione e la riunificazione della nazione africana, riagganciare i rapporti con Haftar per mettere in fuorigioco Macron e gli interessi francesi.Claudio Antonelli<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/con-i-droni-di-trump-ci-riprendiamo-la-libia-2583281241.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="malta-ferma-unaltra-nave-delle-ong-ma-la-commissione-ue-rema-contro" data-post-id="2583281241" data-published-at="1758235917" data-use-pagination="False"> Malta ferma un’altra nave delle Ong ma la Commissione Ue rema contro Ce ne vorrebbe uno al giorno, di «fallimenti» così. Dopo la prova di forza del premier Giuseppe Conte al Consiglio europeo di Bruxelles, definita «fallimentare» dall'opposizione ma in realtà assai efficace, anche la missione dello scorso 25 giugno a Tripoli del vicepremier Matteo Salvini, pure etichettata come «un insuccesso» dai soliti soloni, produce risultati concreti e importantissimi sul fronte del contrasto all'invasione di immigrati. Ieri, infatti, la Commissione bilaterale italo-libica si è riunita a Tripoli e ha messo a punto un «piano di rafforzamento urgente» delle forze libiche impegnate nella lotta all'immigrazione illegale. Il programma, definito «Piano Salvini», prevede la fornitura di imbarcazioni, gommoni, equipaggiamenti, veicoli e altro materiale alla Libia. Il «Piano Salvini», concepito nel corso del colloquio che il nostro ministro dell'Interno ha avuto con il suo omologo libico, Abdulsalam Ashour, prevede inoltre di accelerare la manutenzione delle imbarcazioni libiche, di effettuare sopralluoghi nei centri per i migranti per migliorarne le condizioni e di incrementare i rimpatri. La riunione di ieri, presieduta dall'ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, è stata «il primo esito concreto della missione compiuta nella capitale libica il 25 giugno dal ministro Matteo Salvini. La Commissione italo-libica contro l'immigrazione illegale», ha dichiarato Perrone, «ha iniziato l'attuazione del Piano Salvini per il rafforzamento delle capacità libiche nei salvataggi e il monitoraggio delle frontiere sud, l'accelerazione dei rimpatri e dei ricollocamenti, il miglioramento dei centri». Sempre ieri, il preconsiglio dei ministri italiano ha esaminato la bozza del decreto legge che contiene le misure con le quali l'Italia sosterrà l'impegno delle forze libiche nel contrasto al traffico di esseri umani. L'Italia donerà alla Libia dieci motovedette Cp classe 500 della Guardia Costiera e due unità navali da 27 metri, classe Corrubia, in dotazione alla Guardia di Finanza. Il decreto prevede uno stanziamento di un milione e 150.000 euro per «il ripristino in efficienza, l'adeguamento strutturale e il trasferimento in Libia» delle navi, e un milione e 400.000 euro in due anni per la manutenzione dei mezzi e la formazione del personale della Marina e della Guardia Costiera libica. Ora che le navi delle Ong sono lontane dal tratto di mare davanti alla Libia sono i libici a soccorrere i naufraghi riportandoli indietro, e non scaricandoli in Italia come facevano invece le imbarcazioni «umanitarie». Il capo di Stato Maggiore della Marina libica, l'ammiraglio Salem Rahuma, ha spiegato che in una sola settimana, dal 21 al 28 giugno, «c'è stato un drammatico aumento degli interventi in mare da parte dei libici: 2.425 persone soccorse, 800 in un solo giorno». Ieri la Ong Sea Watch ha annunciato su Twitter che la sua omonima nave è bloccata dalle autorità di Malta. Sempre ieri, Claus-Peter Reisch, il capitano della nave Lifeline, ferma a Malta, è stato rilasciato dal giudice maltese Joe Misfud dietro il pagamento di una cauzione di 11mila dollari. Al capitano, 57 anni, viene contestata la registrazione irregolare della Lifeline. Il giudice Misfud ha vietato a Reisch di lasciare Malta. L'ennesima conferma del successo italiano al Consiglio europeo viene da Fabrice Leggeri, direttore di Frontex, agenzia europea responsabile del controllo delle frontiere dell'Ue. «L'Europa», ha detto Leggeri all'emittente CNews, «non ha l'obbligo unilaterale di effettuare i salvataggi in mare ma tutti hanno il compito di farli. Le conclusioni del Consiglio europeo segnano una svolta di fermezza», ha aggiunto Leggeri, «e la fine di una certa ingenuità rispetto allo sfruttamento da parte dei gruppi criminali della disperazione umana. Per quattro anni gli sbarchi dei migranti salvati sono avvenuti in modo sistematico in Italia. L'accordo trovato a Bruxelles propone un nuovo approccio con la creazione di piattaforme di sbarco al di fuori dell'Ue, per scoraggiare le traversate del Mediterraneo, e i 28 leader hanno invitato le Ong a non ostacolare le operazioni della guardia costiera libica. Rompere l'automatismo di dichiararsi in difficoltà per chiamare le navi che riportano i migranti in Europa», ha sottolineato il numero uno di Frontex, «è un messaggio forte nei confronti dei criminali. Se verranno create le piattaforme», ha proseguito Leggeri, «le navi Frontex o le navi private che sono chiamate ad aiutare dai centri di coordinamento saranno in grado di sbarcare le persone soccorse nel più vicino porto sicuro e potrebbero essere porti non europei». A mettersi di traverso, tentando di intorbidire le acque, arriva lesta la portavoce della Commissione europea, Natasha Bertaud: «Non ci saranno mai», ammonisce la burocrate, «dei rimpatri dell'Ue verso la Libia o navi europee che rimandano i migranti in Libia. Questo è contro i nostri valori, il diritto internazionale e quello europeo. Siamo ben al corrente della situazione inumana per molti migranti in Libia. Le navi europee o delle Ong con bandiera europea che compiono salvataggi nel mar Mediterraneo», ha concluso la Bertaud, «non possono sbarcare migranti in un Paese non sicuro». Carlo Tarallo
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco