2021-04-04
Con Giovannini continuano i doni ai Benetton
Il Conte bis ha prolungato fino al 2026 la concessione della Brescia-Padova ad Abertis basandosi su un progetto annullato dal Consiglio di Stato: ogni giorno Atlantia incassa più di un milione di euro. Il nuovo ministro lascia correre. Interrogazione di Lucio Malan.Aprile 2020. Esattamente un anno fa. Il premier, Giuseppe Conte, continua a sventolare davanti agli italiani la «caducazione della concessione» di Autostrade. I Benetton non avrebbero avuto scampo. L'«avvocato del popolo» promette tremenda e tardiva vendetta per il crollo del ponte Morandi, nell'estate del 2018: 43 morti, 556 sfollati. Mentre giura che giustizia sarà fatta, il suo governo prepara però l'ultimo generoso regalo ad Atlantia.Il ministero dei Trasporti, guidato all'epoca da Paola De Micheli, stipula un accordo con Abertis, società dell'impero dei magliari veneti. Potrà continuare a gestire la profittevole Brescia-Padova, già beneficiata da una generosa proroga dell'Anas. Insomma, la concessione doveva scadere nel 2013. Invece andrà avanti fino al 2026. Senza nemmeno una gara, come prescrivono le norme europee. Così, ogni giorno, 1,2 milioni di euro che dovrebbero andare allo Stato continuano a finire nelle casse di Atlantia. Considerata la durata dell'intesa, dal 6 aprile 2020 al 31 dicembre 2026, il totale arriverebbe a 2,9 miliardi. Il calcolo non è merito nostro. È opera di Lucio Malan, senatore di Forza Italia, vicepresidente degli azzurri a Palazzo Madama, sulla base degli strepitosi risultati economici della A4 holding. «È la tratta più redditizia d'Italia, al di fuori della rete di Autostrade», spiega, «Oltre 429 milioni di euro di ricavi nell'ultimo bilancio, grazie pure a un progressivo e sostanzioso aumento delle tariffe». Da qui, le proiezioni e l'iperbolico risultato: «Un incasso di quasi 3 miliardi, gentilmente concessi alle società dei Benetton».Insomma, in virtù di quell'accordo con il ministero, si va avanti altri sei anni e otto mesi. Anche se Abertis, e i precedenti proprietari, non hanno onorato la condizione essenziale che giustificava l'accordo: realizzare una nuova tratta autostradale. Ovvero, la cosiddetta Valdastico Nord. Opera strategica: doveva collegare il Veneto con il Trentino. Invece siamo ancora al progetto preliminare. Parziale, per di più. E perfino annullato nel 2019 dal Consiglio di Stato dopo il ricorso dell'eroico Comune di Besenello, 2.600 abitanti fra Trento e Rovereto: «Illogica e irrazionale la scelta di proporre e approvare solo il progetto del primo lotto funzionale» scrivono i giudici annullando la delibera del Cipe, che aveva approvato il tracciato nel 2013. Costruire solo il tratto veneto, insistono i giudici, «risulta privo di un oggettivo fondamento funzionale». Sentenza confermata a ottobre 2020 dalla Cassazione: fare «soltanto» la prima parte dell'A31 Valdastico Nord risulta «illogico e incongruente». La storia della Brescia-Padova comincia nel 1956. La maggioranza della proprietà, passa poi a Intesa Sanpaolo, Astaldi e famiglia Tabacchi. Nel 2007 l'Anas concede la proroga della concessione, che scade nel 2013, in cambio della realizzazione della nuova tratta. A maggio 2016 la società viene però ceduta ad Abertis, a sua volta acquisita dai Benetton nel 2018. Il prezzo, in cambio del 51%, è di 594 milioni. Cifra poi diventata la base della stima del danno erariale «cagionato al bilancio dello Stato». Già. Perché, dopo una serie di esposti presentati da Malan, la Corte dei conti decide di indagare sull'affare. E, a settembre 2019, calcola inizialmente in quasi 600 milioni l'ammanco pubblico. L'intero valore della concessione, quindi. L'inchiesta arriva a conclusione lo scorso febbraio. La Corte dei conti cita gli ex vertici Anas, dall'ex presidente Pietro Ciucci ai membri del cda, in carica nel 2007. Lo sperpero sarebbe di 178 milioni. «Appare solare», scrivono i magistrati contabili, «la carenza di giustificazione di una procedura di proroga». L'atto di citazione in giudizio prosegue: «Si ritiene che si siano determinati effetti patrimoniali negativi e dunque danni all'erario pubblico, discendenti dalla complessiva operazione di proroga di concessione autostradale».Insomma, l'Anas prima di pagare moneta avrebbe dovuto vedere cammello. Prima di concedere quell'ulteriore e vantaggiosissimo allungamento dell'autorizzazione, doveva avere in mano il progetto definitivo della variante. «Invece, ha dato per buono uno schizzo. Non puoi costruire nemmeno un centimetro di strada», dice Malan, che ha presentato anche un'interrogazione al nuovo ministro dei Trasporti, Enrico Giovannini, «Deve intervenire urgentemente, perché la proroga si basa su un documento annullato».E, alla fine, sempre lì si torna. A un anno fa. A quel 6 aprile 2020. Quando il dicastero decide di allungare i termini, fino a fine 2026. Nonostante la sentenza del Consiglio di Stato e l'indagine della Corte dei conti. Invece, no: mentre Conte proclama stentoreo la «caducazione della concessione», il ministero appronta l'ultima cortesia. Non c'è niente da fare. I Benetton ce l'hanno messa davvero tutta per uscire con ignominia dalla gestione delle autostrade. Il processo per il crollo del ponte Morandi però prosegue senza scossoni. Nemmeno le intercettazioni appena pubblicate da Panorama, con i manager che ridacchiavano di pericolanti gallerie, hanno ridestato dal torpore. In compenso lo Stato, tramite Cassa depositi e prestiti, si prepara a rilevare da Atlantia la rete autostradale: per 9 miliardi, o poco più. L'affare dovrebbe perfezionarsi dopo Pasqua. Nell'attesa, si provvede a un cospicuo argent de poche: 1,2 milioni al giorno.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
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