2021-06-26
Con Cina e Turchia però l’Europa sta a cuccia
L'Italia è uno Stato laico e non vuole interferenze, né dalla Chiesa né da altri Stati. Giusto. Anzi: giustissimo. E allora perché l'Italia e l'Europa interferiscono nella vita politica di un altro Stato, vale a dire dell'Ungheria? I due pesi e le due misure sono evidenti e la bilancia non pende certo a favore del nostro Paese.Infatti, nel caso della lettera della segreteria di Stato vaticana, consegnata nei giorni scorsi all'ambasciata presso la Santa Sede, si tratta di un evidente intervento che richiama un trattato e ne chiede il rispetto. Il Concordato è nella Costituzione e le norme internazionali, quando sono sottoscritte, prevedono delle clausole. Dunque, il Papa e i cardinali non hanno interferito in una decisione parlamentare, hanno ricordato a Palazzo Chigi che c'è un'intesa da rispettare e non si possono obbligare le scuole cattoliche a celebrare ogni anno la festa dell'orgoglio omosessuale, né si può costringere un prete a tacere sul ruolo della famiglia, composta da un padre e una madre, durante l'ora di religione. Tutto qui. Però, il fatto che il Vaticano abbia richiamato le norme del Concordato ha suscitato scandalo e reazioni indignate, perché il Pontefice è sembrato volersi impicciare in una faccenda che spetta al Parlamento italiano. Al contrario, il Parlamento di Budapest non sembra degno di altrettante tutele. Perché il fatto che uno Stato indipendente abbia fatto approvare una legge per vietare che a scuola si faccia propaganda al cambio di sesso o all'omosessualità è ritenuto discriminatorio e contro i diritti delle persone. Tanto da indurre quasi tutti i Paesi europei a schierarsi contro il premier magiaro Viktor Orbán. Secondo la Ue, le norme introdotte sarebbero omofobe e andrebbero contro il Trattato delle libertà che ispira l'Unione. E nel caso il governo di Budapest non si adeguasse al diktat di Bruxelles pare siano già pronte le sanzioni, cioè la chiusura dei rubinetti che erogano all'Ungheria fondi agevolati e, spesso, a fondo perduto. Insomma, l'indipendenza ha un prezzo e la democratica Europa ha intenzione di pagarlo, costringendo Orbán ad adeguarsi al conformismo pro gender a suon di milioni, aprendo o chiudendo il portafogli in base alle reazioni. Dunque, in questo caso, a differenza di ciò che riguarda l'Italia, l'interferenza va bene e se occorre, per tacitare le obiezioni di principio, si ricorre ai soldi. Ma quello che vale per Budapest, ovvero l'attentato ai diritti degli omosessuali, non vale per Pechino, che può fare esattamente ciò che le pare senza che nessuno si permetta di alzare la voce. Non mi sfugge, ovviamente, che l'Ungheria è un Paese della Ue e la Cina no. Né ignoro che il Paese dell'ex cortina di ferro ha accettato delle regole e la Repubblica popolare cinese no. Tuttavia, se la questione è la difesa dei diritti delle persone, il principio sacrosanto della libertà d'opinione, beh non si capisce perché l'Europa arricci il naso davanti a Orbán e non quando si trova a tu per tu con Xi Jinping. Per il leader ungherese si sono mossi i capi di Stato del Vecchio continente, ma per ciò che sta accadendo a Hong Kong, città-stato che fino a qualche anno fa era una specie di avamposto europeo in Asia, nessuno ha avuto nulla da obiettare, né quando è stato imbavagliato il Parlamento, né l'altroieri, quando le autorità di Pechino hanno deciso la chiusura di uno dei principali quotidiani, privando i cittadini della libertà di informarsi. Bruxelles non sembra nutrire un analogo desiderio di tutela dei principi neanche in Turchia, con cui fa affari e pure finanzia, dove Recep Tayyip Erdogan non pare abbia a cuore i diritti umani. Ma anche in questo caso, niente scandali, nessuna indignazione.Dunque, perché questa levata di scudi contro l'Ungheria? Che ha fatto di male? Semplice: ha osato dire che bisogna combattere la pedofilia e proteggere i minori. Sotto accusa è la frase aggiunta a una legge del 1997 che si occupa di tutela dei bambini. In essa si legge una cosa che pare ovvia, ovvero che è vietato pubblicizzare e mettere a disposizione dei minori di 18 anni «materiale pornografico e contenuti che raffigurino la sessualità in maniera decontestualizzata o che promuovano la deviazione dall'identità di genere, la riassegnazione di genere e l'omosessualità». Analogo concetto ribadito con un emendamento a una legge del 2008. Si parla sempre di minori da difendere dalla pubblicità che propone gratuiti messaggi sessuali o che propagandi l'identità sessuale, il cambio di sesso o l'omosessualità. Embè, che c'è di male? Non è giusto tutelare i minori dal bombardamento di messaggi sessuali espliciti? Non è condivisibile evitare di mettere a disposizione materiale con riferimento sessuale fino a che i bambini non abbiano «un momento appropriato alla loro età, per il loro sano sviluppo mentale e spirituale»? La legge magiara spiega che «ci sono contenuti che un bambino può fraintendere o che possono influenzare negativamente il suo sviluppo». Una preoccupazione che è l'esatto opposto di quella della legge Zan, che invece a scuola vorrebbe propagandare proprio i messaggi sessuali. Non so che cosa farà Orbán, ma se c'è qualche cosa che non si può contrabbandare sono i principi. Quelli che l'Europa ha perso da un pezzo, per inseguire la nuova religione gender. In nome del padre, del figlio e dello spirito trans.