
Il capo del Centro addestramento cinofili antidroga, Angelo De Feo: «Togliamo gli animali dai canili. Giocano e imparano. Ogni razza va bene».Se la speranza e il sogno di ogni cane ospitato nei canili municipali, sottratto al randagismo e al completo abbandono ma costretto tuttavia, suo malgrado, all'infelicità, è di trovare un benefattore che lo adotti a tempo illimitato, al Centro di addestramento unità cinofile di Asti, struttura annessa al carcere di Quarto, frazione della città piemontese, l'unico attivo in Italia in capo all'amministrazione penitenziaria, hanno trovato un modo non solo per sottrarre alcuni fortunati prescelti dal soggiorno coatto, ma di farli diventare anche agenti scelti dello Stato, ossia cani poliziotto. Nello specifico, cani antidroga, avviati alla professione che coadiuva il controllo di cittadini in stato di detenzione. Il Centro di Asti fu istituito nel 2006 e l'idea di realizzarlo nacque il 23 dicembre 1999, data dell'operazione di rinvenimento di droga in un carcere piemontese portata a termine dalla Guardia di finanza con cani antidroga in collaborazione con la Polizia penitenziaria. All'operazione partecipò anche Angelo De Feo, assistente capo e attuale coordinatore del Centro, classe 1971, originario di Avellino e nato in Gran Bretagna. Cosa accadde quel giorno?«Dopo l'esito dell'operazione, il nostro dirigente ci convocò in ufficio. Sapeva che io e altri miei due colleghi eravamo appassionati di cani. Ci disse: “Dobbiamo istituire un gruppo cinofilo"». E poi?«Al principio del 2000 frequentammo un corso di formazione delle Fiamme gialle, conseguendo la qualifica di conduttori e istruttori di unità cinofile. Inizialmente i nostri 3 pastori tedeschi - il mio si chiamava Hucker - furono messi a disposizione dell'amministrazione penitenziaria, che apprezzò i risultati del loro lavoro e decise di ampliare il servizio».Ossia l'amministrazione penitenziaria acquistò cani da addestrare?«Sì, presso stimati allevamenti italiani».A quanto si aggira il costo di un singolo cane?«All'epoca, dai 1.000 ai 2.500 euro».Cosa accadde in seguito?«I corsi procedevano e i costi di acquisto aumentavano, anche perché il decesso o i problemi sanitari o di vecchiaia di un cane determinava un problema di sostituzione. Nel 2001 adottai un meticcio nel canile municipale di Asti. Il suo nome era Lillo. Morì nel 2011. Fu il migliore in un corso di addestramento a Como e, appena entrato in servizio, mi stupì per le sue straordinarie attitudini. Riuscì in un carcere a fiutare la presenza di eroina nascosta in un forno per fare la pizza usato dai detenuti al lavoro nelle cucine». Sortì dunque da questo la decisione di adottare cani da addestrare. Come avviene la selezione?«Sulla base di caratteristiche fisiche, comportamentali e attitudinali».Possono essere cani di qualsiasi razza?«Sì. Chiaramente bisogna lavorare sulla condizione del cane, spaurito o diffidente per la condizione di vita nel canile. Ma qualsiasi cane, sia un meticcio, sia un rottweiler, un pit bull, un amstaff, questi ultimi considerati pericolosi, se inserito in un ambiente dove riceva adeguata educazione, attenzioni e cure, può essere assolutamente docile. Lo dimostra il positivo coinvolgimento, anche di queste ultime razze, nelle nostre attività. C'è da dire che circa il 70 per cento dei cani ospiti dei canili sono di razza e hanno alle spalle storie di abbandono».Quanto dura un corso di addestramento di un cane funzionario dell'amministrazione penitenziaria? E svolge solo funzioni antidroga?«L'addestramento dura circa 8 mesi, i cani svolgono solo funzioni antidroga e possono scovare tutti i più diffusi tipi di sostanze, marijuana, coca, Lsd, anfetamine, eroina, ecc. I metodi di addestramento si basano sul sistema della ricompensa e del rinforzo sociale, cioè della loro gratificazione quando operano bene, come si fa con i bambini insomma. È un gioco, senza sistemi punitivi». Dove alloggiano i cani adottati?«Disponiamo di un'area attrezzata dove possono dormire, essere nutriti, sgambarsi, ricevere controlli e cure veterinarie. Ma molto spesso, data la relazione affettiva che s'instaura con il loro conduttore, nell'unità cinofila, dormono con lui, a casa sua».Qualora il conduttore fosse assente o in ferie possono lavorare lo stesso o rispondono soltanto alle sue indicazioni?«Possono lavorare anche con altri conduttori, dato che li conoscono, hanno spirito di squadra e comprendono le situazioni».Quando in un cane poliziotto si riscontrano problemi sanitari o di età, cosa accade?«Mediamente il periodo di attività di un cane è di 7-8 anni. Poi viene riformato».Come avviene il suo pensionamento?«Nel 90 per cento dei casi il suo conduttore se lo porta a casa e spettano a lui le cure. Quando ciò non si verifica, scatta la nostra rete di adozione, con priorità a impiegati dell'amministrazione penitenziaria e poi a persone e famiglie comuni, previo accertamento della loro possibilità e impegno nell'accoglierli».E se un cane muore?«È obbligo dell'amministrazione penitenziaria procedere al suo incenerimento, sostenendone i costi, secondo quanto previsto dalla legge».Come emerge dai rapporti del ministero della Giustizia sulle condizioni nelle carceri, il problema della tossicodipendenza è endemico. Come entra la droga nei penitenziari e quale azione di contrasto possono svolgere i cani?«In moltissimi casi gli stupefacenti sono fatti pervenire ai detenuti dai familiari in visita, che li possono nascondere anche in organi corporali. L'olfatto dei cani ne consente la scoperta. In tal caso si procede con le azioni ritenute idonee». Per occultare le droghe, pusher e vettori vari ricorrono a trucchi, tipo la vicinanza di sostanze svianti come pepe e caffè per depistare i cani antidroga.«Ma noi lo sappiamo e addestriamo i cani anche a questa casistica».Quanti sono i cani adottati e addestrati per funzioni antidroga nelle carceri italiane? «Nei 210 istituti di pena italiani sono circa 60, la maggior parte adottati. Da quando il progetto è partito, essi operano in tutte le regioni con eccezione dei distretti penitenziari di Calabria, Toscana ed Emilia Romagna, che hanno già annunciato il loro coinvolgimento».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.