2021-04-23
Si complicano le relazioni tra Mosca e Ankara
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Recep Erdogan e Vladimir Putin (Ansa)
I rapporti tra Mosca e Ankara stanno entrando in una fase (parzialmente) problematica. E, in tal senso, la Russia sta sempre più giocando di sponda con l'Egitto. Durante una visita al Cairo la settimana scorsa, il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha criticato Ankara per la sua posizione (peraltro non nuova) di sostegno all'Ucraina. "Vi dirò subito che esortiamo tutti i Paesi responsabili con cui comunichiamo - e la Turchia è uno di loro - che raccomandiamo vivamente che analizzino la situazione e le implacabili dichiarazioni bellicose del regime di Kiev, e li mettiamo anche in guardia dall'incoraggiare queste aspirazioni", ha detto Lavrov durante una conferenza stampa congiunta con il suo omologo egiziano, Sameh Shoukry, al Cairo. Ricordiamo che, lo scorso 10 aprile, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, si fosse recato in visita a Istanbul e che, in quell'occasione, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, avesse assicurato sostegno alla causa di Kiev. In quella stessa occasione, il Sultano aveva anche cercato di ritagliarsi un ruolo di mediatore nella crisi ucraina.Non solo: poche ore dopo le dichiarazioni di Lavrov sulla Crimea, il governo russo ha annunciato restrizioni ai collegamenti aerei con la Turchia. Ufficialmente si tratta di una mossa dettata da ragioni sanitarie (il contenimento della pandemia da Covid-19). Ciononostante, a pensar male, non è neppure del tutto escludibile che, nella decisione del Cremlino, si celino anche motivazioni di carattere politico. E' pur vero che il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si sia affrettato a negare che la decisione fosse legata a una sorta di ritorsione inerente alla crisi ucraina. Eppure qualche dubbio onestamente viene. Ricordiamo infatti che la maggior parte dei voli charter e regolari sarà sospesa tra il 15 aprile e il primo giugno. E che, come notato da Bloomberg News, si tratta di un colpo abbastanza pesante per la Turchia in termini economici: la Russia è infatti stata la principale fonte di turisti per la Turchia lo scorso anno, con oltre due milioni di visitatori, nonostante le restrizioni per il coronavirus.Un ulteriore segnale di crescente attrito tra Mosca e Ankara è poi evidenziato proprio dal luogo in cui Lavrov ha lanciato il proprio monito ad Erdogan: l'Egitto. Quell'Egitto che è da anni ai ferri corti con la Turchia. Ricordiamo che il Sultano appoggi politicamente e finanziariamente la Fratellanza Musulmana: quella stessa Fratellanza che viene, al contrario, considerata un'acerrima nemica dal presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi. Una divergenza netta, che, tra le altre cose, si è estrinsecata, negli ultimi due anni, soprattutto nello scacchiere libico. Qui l'Egitto – insieme a Russia e Arabia Saudita – ha infatti sostenuto le forze del generale Khalifa Haftar, laddove Erdogan – a partire dal 2019 – si è energicamente schierato a fianco del governo di Tripoli, i cui due premier (Fayez al Serraj prima e Abdul Mohammed Dbeibeh adesso) sono considerati non distanti dalla Fratellanza Musulmana e politicamente vicini allo stesso Erdogan.In questa fase, come recentemente ricordato dall'agenzia di stampa russa Tass, Mosca e Il Cairo stanno in particolare collaborando ad alcuni importanti progetti infrastrutturali. Tuttavia non si tratta di una convergenza soltanto accidentale. Va infatti inserita in un contesto più ampio. Durante gli anni dell'amministrazione di Donald Trump, l'Egitto rappresentava (insieme all'Arabia Saudita) uno dei principali alleati degli Stati Uniti nello scacchiere mediorientale e nordafricano: anche perché uno degli obiettivi dell'allora presidente americano era proprio quello di arginare l'influenza della Fratellanza Musulmana. Con Joe Biden le cose sono cambiate. Il nuovo inquilino della Casa Bianca ha posto Riad sotto schiaffo e raffreddato i rapporti con al Sisi. Tutto questo, mentre con la Turchia si assiste a una maggiore ambiguità. Per quanto Biden probabilmente non ami troppo Erdogan e tra i due si registrino profondi fattori di attrito (a partire dalla questione del genocidio armeno), il neo presidente americano non può neppure fare completamente a meno del Sultano, se vuole perseguire con successo la sua strategia volta all'indebolimento di Mosca. Del resto, il fatto stesso che il leader turco si sia proposto quale mediatore nella crisi ucraina evidenzia come Ankara stia – pur con qualche significativa turbolenza – tendendo la mano a Washington. In questo quadro va quindi principalmente letto il riavvicinamento tra Egitto e Russia.