2020-10-01
«Erdogan pericoloso. Destabilizza anche il Caucaso»
L'ambasciatrice armena Tsovinar Hambardzumyan: «Il ruolo della Turchia è distruttivo A causa sua il Mediterraneo diventa sempre più a rischio».«Il ruolo della Turchia, per usare un eufemismo, è distruttivo, come sempre. Purtroppo, la Turchia sta diventando sempre più pericolosa in quanto è diventata un esportatore di instabilità in diverse regioni, nella regione Mediterranea, in Africa o nella regione asiatica. Al momento Ankara sta cercando di esportare questa politica anche nel Caucaso Meridionale». Tsovinar Hambardzumyan è ambasciatrice straordinaria e plenipotenziaria della Repubblica d'Armenia in Italia. E commenta così con La Verità il conflitto in corso tra Armenia e Azerbaijan in Nagorno Karabakh. Insiste soprattutto sul ruolo del premier turco Recep Tayyip Erdogan, già impegnato sulla Libia e che ora sta appoggiando gli attacchi azeri contro la popolazione armena e che aveva già da settimane pianificato questa aggressione militare. Il 27 settembre le forze armate di Baku hanno lanciato attacchi aerei, missilistici e terrestri su larga scala lungo l'intera linea di contatto in Artsakh (Nagorno-Karabakh). L'esercito azero utilizza carri armati, elicotteri, artiglieria pesante, droni, sistemi di razzi a lancio multiplo Grad e Smerch. Inoltre, nelle vicinanze della linea di contatto sono stati monitorati alcuni aerei da combattimento F16 turchi. Anche la città armena di Vardenis, a est della Repubblica di Armenia, è stata sottoposta a attacchi con droni di fabbricazione turca. Non solo. Durante l'offensiva, l'Azerbaijan ha preso di mira località civili, infrastrutture e scuole, anche nella capitale Stepanakert. Ci sono vittime tra i civili. Gli attacchi sono stati pianificati con largo anticipo questa estate, quindi i riferimenti da parte azera su un presunto «contrattacco» non sarebbero veri. Del resto la dichiarazione del presidente azero Ilham Aliyev all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 23 settembre è stata di fatto un «via libera diplomatico» per questa aggressione definita «sconsiderata» dagli armeni. L'Azerbaijan non ha mai nascosto il suo obiettivo strategico di risolvere il conflitto del Nagorno-Karabakh usando la forza, mantenendo alta la tensione lungo la linea di contatto e sul confine di stato armeno-azerbaijano. In diverse occasioni il presidente azero, forte degli accordi energetici con l'occidente, ha denunciato pubblicamente gli sforzi dei copresidenti del Gruppo di Minsk dell'Osce volti alla risoluzione pacifica del conflitto del Nagorno-Karabakh. L'Azerbaijan impegna anche forze esterne, compresa la Turchia, sempre più presente nella regione del Nakhichevan. Negli ultimi due mesi gli azeri avevano chiuso i corridoi aerei di transito nonostante l'assenza di qualsiasi minaccia per il traffico aereo civile. Al confine di stato dell'Armenia e lungo la linea di contatto, Turchia e Azerbaijan hanno effettuato in queste settimane diversi voli che potessero provare la reazione armena. Per di più il 21 settembre scorso l'Azerbaijan aveva iniziato l'arruolamento dei riservisti e la confisca dei camion civili per esigenze militari. Il 25 settembre il ministero della difesa azero aveva respinto la richiesta del Rappresentante permanente dell'Osce di organizzare un monitoraggio del cessate il fuoco lungo la linea di contatto. Ci sono state anche segnalazioni di reclutamento di combattenti terroristi stranieri (Foreign Terrorist Fighters) dalle zone della Siria sotto il controllo delle forze armate turche. Questo dettaglio viene confermato alla Verità anche da Bruno Scapini, ex ambasciatore italiano in Armenia. «Se le motivazioni dell'ultimo attacco azero, come le stesse modalità della sua esecuzione, potrebbero ricondursi ad un identico copione del dramma senza fine a cui da anni assistiamo, una grave novità tuttavia traspare da questo più recente episodio: la presenza di una Turchia pronta a sostenere Baku non solo a parole, con mirate dichiarazioni ad effetto rilasciate a scopo intimidatorio, bensì anche con forniture di concreti aiuti militari», spiega. E per questo, sostiene il diplomatico, c'è «un elemento in questo quadro risulterebbe particolarmente allarmante: il trasferimento che la Turchia, secondo diverse attendibili fonti internazionali, avrebbe operato di un consistente numero di jihadisti dalla Siria all'Azerbaijan». Inoltre, i rappresentanti dei media turchi sono presenti nella zona del conflitto dal momento dell'inizio dell'attacco, il che dimostrerebbe che loro sapevano in anticipo dell'offensiva.Dal 29 luglio al 10 agosto si sarebbero svolte esercitazioni militari congiunte a Baku, a Nakhichevan, a Ganja, a Kurdamir e a Yevlakh. Hanno coinvolto migliaia di militari, centinaia di veicoli corazzati da combattimento, artiglieria e aviazione militare, compresi i droni. Dopo l'esercitazione il personale e le attrezzature militari sono rimaste in Azerbaijan.