2021-02-06
Per il commercio mondiale Biden sceglie la nigeriana bannata da Trump
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Ngozi Okonjo-Iweala (Ansa)
Ngozi Okonjo-Iweala si avvia a essere il nuovo direttore generale dell'Organizzazione mondiale del commercio. Nelle scorse ore, l'amministrazione Biden ha infatti rimosso il veto che Donald Trump aveva posto a ottobre sul suo nome. Yoo Myung-hee, la candidata sudcoreana sostenuta finora da Washington, ha infatti deciso di fare un passo indietro.Ministro delle Finanze della Nigeria dal 2011 al 2015, Ngozi Okonjo-Iweala sarà la prima donna e la prima africana a guidare l'organismo ginevrino. Come riportato dal South China Morning Post, la conferma definitiva arriverà soltanto con il benestare ufficiale di tutti i 164 membri dell'Organizzazione: il fatto che tuttavia non esista più una candidatura alternativa rende la questione una semplice formalità. Se la svolta ai vertici del Wto è ormai cosa fatta, resta da vedere le dinamiche politiche che ad essa si accompagnano. Dinamiche che, come vedremo, chiamano (indirettamente) in causa anche l'Italia.In primis, troviamo lo spinoso tema delle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Relazioni che, con l'arrivo del nuovo presidente alla Casa Bianca, si stanno facendo sempre più ambigue. Da una parte, il neo segretario di Stato americano, Tony Blinken, ha avuto - negli ultimi giorni - parole molto severe per Pechino sul piano dei diritti umani (da Hong Kong allo Xinjiang). Dall'altra, il nuovo inquilino della Casa Bianca ha però anche adottato misure di distensione verso il Dragone (come il rientro di Washington nell'Organizzazione Mondiale della Sanità e negli accordi di Parigi sul clima). Ora, è proprio in questo contesto di (parziale) disgelo con la Cina che va inserito il via libero a Ngozi Okonjo-Iweala. Non dobbiamo infatti dimenticare che, quando Trump la bloccò lo scorso ottobre, una delle ragioni sul tavolo era proprio la sua vicinanza alla Repubblica Popolare. Quella stessa Repubblica Popolare che - assieme all'Unione europea - sponsorizzava al contrario il nome dell'ex ministro delle Finanze nigeriano. È d'altronde cosa nota che l'allora presidente repubblicano avesse a più riprese accusato il Wto di eccessiva accondiscendenza proprio verso Pechino. Insomma, come in parte prevedibile, è plausibile che Biden stia rispolverando, con la Cina, la vecchia linea che fu di Bill Clinton negli anni Novanta: severità sui diritti umani e morbidezza sul commercio. Una linea che, va detto onestamente, non è che abbia nel tempo prodotto grandi risultati. La Cina non ha infatti presentato alcuna evoluzione liberale al suo interno, mentre - al contempo - si è ripetutamente macchiata di pratiche commerciali scorrette ai danni degli Stati Uniti. In secondo luogo, vale forse la pena analizzare un elemento che - come Italia - può riguardarci più da vicino. Secondo quanto rivelato dal South China Morning Post , sembrerebbe che la candidatura di Ngozi Okonjo-Iweala a direttore del Wto sia stata alacremente sponsorizzata dal businessman marocchino Richard Attias. In particolare, la testata, citando email di cui è entrata in possesso, ha scritto: «Prima che la sua candidatura fosse annunciata, Richard Attias, l'autodefinito 'consigliere di fiducia dei capi di Stato', ha contattato il genero di Donald Trump e all'epoca consigliere della Casa Bianca, Jared Kushner, per sostenere Okonjo-Iweala come futuro leader del Wto». Ebbene, che cosa c'entra l'Italia? C'entra, perché Richard Attias - attuale marito dell'ex moglie di Nicolas Sarkozy - siede (a meno che non si tratti improbabilmente di un omonimo) nel board del Future investment initiative institute: fondazione che fa de facto capo al principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Insieme a lui, nel board, siede anche Matteo Renzi. Non solo: il discorso che il senatore di Rignano ha presentato all'ultima Future investment initiative è stato scritto a quattro mani proprio con lo stesso Attias. Insomma, la Okonjo-Iweala - oggi sostenuta dall'amministrazione Biden - è stata a sua volta sponsorizzata da Attias: un elemento che rende quindi ancora più evidenti i legami dello stesso Attias con il mondo democratico americano. E, del resto, non va dimenticato che proprio Attias risulti cofondatore della Clinton Foundation. Continua quindi a prendere quota l'ipotesi che, con il suo recente (e controverso) viaggio a Riad, Renzi abbia puntato ad accreditarsi ulteriormente agli occhi di potenti settori del Partito democratico americano.