
L'Unione non bada a spese quando si viaggia: in un anno e mezzo oltre 1 milione di euro bruciati da appena sei commissari. In gran parte per rimpatriate nel Paese d'origine camuffate da «missioni».Sì viaggiare, evitando le buche più dure. Non è dato sapere se i mandarini di Bruxelles siano fan della coppia Lucio Battisti-Mogol, ma il verso della celebre canzone calza a pennello con le politiche di manica larga in tema di costi per i viaggi dei commissari. Che siano viaggi intercontinentali o semplici spostamenti da un Paese confinante all'altro, quanto si tratta di spostamenti lavorativi (quelle che in gergo vengono definite missioni) i mandarini di Bruxelles non badano a spese. Si va dai 25.000 euro di Jean-Claude Juncker per il summit Cina-Ue e Giappone-Ue svoltosi tra Pechino e Tokyo a luglio del 2018, ai 2.500 euro spesi per un corso di francese del quale ha beneficiato il vicepresidente Valdis Dombrovskis, fino alle numerose «rimpatriate» a colpi di centinaia di euro ciascuna che vede protagonisti il tedesco Gunther Oettinger e il francese Pierre Moscovici. Chilometro dopo chilometro, le note spese si gonfiano fino a diventare corpose. E il conto finale, manco a dirlo, lo pagano tutti i cittadini dell'Ue, dal momento si tratta pur sempre di denaro pubblico.Gli importi in questione, anche se relativi a un periodo piuttosto limitato, sono a disposizione di tutti in quanto liberamente consultabili sul sito della Commissione europea. Ovviamente a patto di sapere dove trovarli, ma questo è un altro problema. La Verità ha preso visione dei rimborsi di 6 dei 28 commissari europei, pari a un quarto del totale, un campione dunque più che rappresentativo dell'intero consesso. Si tratta del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, del primo vicepresidente Frans Timmermans, dell'Alto rappresentante per gli Affari esteri Federica Mogherini, del vicepresidente Valdis Dombrovskis, del commissario agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici e di quello al Bilancio e alle risorse umane Gunther Oettinger. Per chi lo avesse scordato, Dombrovskis e Moscovici sono quei due signori che nell'ultimo anno non hanno perso occasione per sparare ad alzo zero all'indirizzo del governo gialloblù. L'arco temporale considerato va da gennaio 2018 fino alle ultime spese documentate relative alle trasferte compiute quest'estate. Anche volendo, non sarebbe stato possibile andare più a ritroso, considerato che i dati riguardano il biennio in corso.diplomazia onerosaPartiamo dai numeri nudi e crudi. Durante l'ultimo anno e mezzo, la spesa complessiva per le trasferte è stata pari a 1.031.000 euro. Quasi tre quarti del totale sono serviti a coprire le spese di viaggio (748.865 euro), mentre il resto ha interessato, nell'ordine, i costi per l'alloggio (117.497 euro), altri costi (103.377 euro) e le diarie (61.670 euro). Precisiamo ancora una volta che si tratta di dati parziali, sia per ciò che concerne il numero dei commissari considerati sia per il periodo preso in considerazione. Ovviamente, estendendo il calcolo all'intera platea per l'intera durata della legislatura europea, il conto si fa decisamente più salato.Diamo uno sguardo più da vicino ai singoli commissari. Diversamente da quello che si potrebbe immaginare, il primo in classifica non è il presidente Juncker (233.400 euro), bensì Lady Pesc, alias Federica Mogherini. Con i suoi 284.000 euro, l'Alto rappresentante per gli Affari esteri si aggiudica la palma d'oro per il commissario più spendaccione. Se pensiamo che la Mogherini si occupa di intrattenere le relazioni istituzionali con gli altri Stati per conto dell'Ue, questo risultato stupisce solo fino a un certo punto. Tuttavia, va sottolineato che l'Unione europea dal punto di vista diplomatico è un soggetto sui generis (tutti i Paesi membri intrattengono rapporti per conto proprio), oltre al fatto che Bruxelles possiede già una fitta (e costosissima) rete di delegazioni estere sparsa in tutto il mondo. Sul totale, quasi 232.000 euro se ne vanno solo per i costi di viaggio, 18.491 euro per l'albergo e 26.800 euro di non ben definite altre spese. Le diarie, invece, ammontano a 6.815 euro. Questo dato si spiega alla luce del fatto che la Mogherini ha compiuto meno viaggi degli altri commissari, ma molto più lunghi in termini di durata.i nostalgici di casaUn dato riscontrabile dall'esame delle spese è che, a differenza della collega italiana, gli altri commissari mostrano un profondo attaccamento alla terra natia. Ben 91 delle 121 missioni compiute dal tedesco Gunther Oettinger, pari al 75% del totale, comprendono almeno una capatina in Germania. Ovviamente, il tutto a spese dell'Unione europea. Nostalgico anche Valdis Dombrovskis, che dal 2018 a oggi è stato a Riga 17 volte (su 63 missioni totali, pari al 27%). Ma fa peggio di tutti il suo sodale Pierre Moscovici, nelle cui note spese figura Parigi ben 69 volte su 72. Sembra che il commissario francese proprio non riesca a rinunciare a partire dall'aeroporto di casa. Sarà per stare con il figlioletto nato a giugno del 2018, oppure per curare altri interessi? Chissà. Tiene un profilo molto più basso il primo vicepresidente Frans Timmermans, l'unico a rendicontare meno di 100.000 euro, per l'esattezza 78.771 euro. Ma anche lui dimostra di essere un pantofolaio, avendo svolto ben 30 missioni su 76 nei suoi amati Paesi Bassi. Alla luce di questi numeri viene da chiedersi se i commissari, specialmente quelli con ruoli più importanti come quelli che abbiamo preso in considerazione, siano realmente «europei» oppure si limitino a rispondere ai propri elettori. Purtroppo, scendere più nel dettaglio è impossibile: la Commissione infatti codifica tutti gli importi in modo che rientrino sotto queste quattro categorie. Non è dato sapere, perciò, se le cifre per i viaggi derivino dall'utilizzo di aereo o altro mezzo di trasporto (anche se a volte si può intuire dalla distanza della meta e dall'importo), quanti scali siano stati effettuati né tantomeno la classe di viaggio. Stesso discorso vale anche per la sistemazione in albergo. Inoltre, in alcuni limitati casi sono contemplate anche spese per lo staff, anche se non viene specificato da quanti membri questo risulti composto e in che percentuale può avere influito sul conto totale. Discorso a parte per la misteriosa voce «altri costi», spesso e volentieri particolarmente sostanziosa. opacitàNella tabella fornita dalla Commissione, quest'ultimo capitolo di spesa viene definito genericamente come «qualsiasi altra spesa necessaria allo scopo della missione». La normativa che regola il rimborso delle missioni, la stessa che disciplina i criteri con cui vengono calcolati gli stipendi dei commissari, se possibile suona ancora più vaga. I titolari di cariche che devono spostarsi fuori dalla sede della loro istituzione, così si legge nel testo, «beneficiano del rimborso delle spese di viaggio, del rimborso delle spese d'albergo (camera, servizio e tasse, a esclusione di ogni altra spesa) e di un'indennità di missione giornaliera, per giornata intera di trasferta».Ma d'altronde, si sa, il moloch europeo non è mai stato un campione di trasparenza. La pubblicazione dei dati dei quali ha preso visione La Verità è stata resa possibile a seguito di una dura battaglia portata avanti da Access info, una Ong spagnola che si occupa di promuovere l'accesso all'informazione pubblica in Europa. All'inizio del 2016, Access info ha lanciato una campagna per la disclosure delle spese di viaggio. Solo a marzo del 2018 la Commissione ha iniziato a pubblicare i dati online, peraltro senza effetto retroattivo, ed è questo il motivo per cui la nostra analisi si ferma ai primi dell'anno scorso. Due mesi dopo, 50 agenzie dell'Ue hanno reso pubbliche le spese di viaggio degli alti funzionari. Un raggio di luce nella fitta coltre di nebbia che circonda i burocrati europei.
(Arma dei Carabinieri)
Con una maxi operazione i militari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, hanno arrestato 21 soggetti legati al potente clan camorristico «Licciardi», affiliato all'«Alleanza di Secondigliano».
I Carabinieri dei Nucleo Investigativo di Napoli hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere (19 soggetti, di cui 5 già detenuti per altra causa tra cui il ruolo di capo clan) e degli arresti domiciliari (2 soggetti), emessa dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia per un totale di 21 soggetti gravemente indiziati di associazione di stampo mafioso, estorsione, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, ricettazione ed evasione e reati aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.
Le complesse indagini svolte tra il 2022 e il 2023 dal Nucleo Investigativo Carabinieri di Napoli e coordinate dalla Dda di Napoli hanno consentito di documentare la continua operatività del clan «Licciardi» e dei gruppi criminali associati, parte del potente cartello camorristico chiamato «Alleanza di Secondigliano», storicamente attivo ed egemone nella parte settentrionale di Napoli e nella provincia e di delineare l’organigramma e i ruoli degli associati nonché di accertare la commissione di diverse condotte a scopo estorsivo a danno di commercianti, di soggetti dediti alle truffe informatiche, nei cui confronti il clan ha rivendicato parte dei proventi illeciti, e di un’occupante abusiva di una casa popolare, costretta a versare 16mila euro per continuare ad abitarla.
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Casa nel bosco (iStock). Nel riquadro, la famiglia di Arezzo
A «Fuori dal coro» un video del blitz armato vicino ad Arezzo per sottrarre i figli a una seconda coppia di genitori alternativi.
«No, no! Vai via… vai via! Aiuto! Aiuto!». Sono le urla strazianti di due bambini, di 4 e 8 anni, mentre vengono strappati via con la forza da mamma e papà. Sono le immagini scioccanti riprese dalle telecamere di sorveglianza della casa. Decine di agenti in tenuta antisommossa, armati, con giubbotto antiproiettile, che spuntano all’improvviso dal bosco. E con gli assistenti sociali portano via i due bambini. Come fossero pericolosi terroristi. Il più piccolo addirittura senza scarpe, in pigiama.
Federico Cafiero De Raho (Imagoeconomica)
Giovanni Russo avrebbe scritto al suo capo che il finanziere Pasquale Striano andava allontanato dalla Direzione nazionale antimafia.
«Procuratore, il problema è questo qua. In un assetto così gerarchizzato ma nello stesso tempo così stretto come la Direzione nazionale antimafia […] tutti i soggetti apicali in qualche modo sono fuori controllo». Giovanni Russo, già procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia, braccio destro di Federico Cafiero De Raho (ora parlamentare pentastellato) lo precisa il 21 maggio 2025 davanti ai magistrati della Procura di Roma titolari dell’inchiesta sulle spiate nelle banche dati investigative ai danni di esponenti del mondo della politica, delle istituzioni e non solo, che ha prodotto 56 capi d’imputazione per le 23 persone indagate. Russo non risparmia «Franco Roberti», poi diventato parlamentare europeo del Pd.
Matteo Salvini (Ansa)
Il ministro: «Le toghe politicizzate sono una minoranza pericolosa da isolare per il bene della democrazia». L’ex membro Csm: «Le opinioni dell’Anm si riverberano sulle inchieste». Ambrogio Cartosio: «Ricostruzioni fantasiose».
La verità fa male: lo scoop di ieri del nostro giornale, con l’intervista del vicedirettore Giacomo Amadori al giudice Anna Gallucci, fa tornare indietro di anni le lancette del rapporto tra politica e magistratura e scatena la inevitabile indignazione di Matteo Salvini. La Gallucci ha rivelato, tra le altre cose, un episodio inquietante accaduto a Termini Imerese e risalente al 2018: «ll procuratore (Ambrogio Cartosio, ndr), titolare per legge dei rapporti con i cronisti», ha raccontato tra l’altro la Gallucci, «mi autorizzò a partecipare con lui a una conferenza stampa, all’indomani delle elezioni politiche del 2018.






