2022-12-04
Com’è lontano il cemento di Wuhan. Lihn dà forma ai suoi sogni a Vicenza
È una giovane nata in Cina ma cresciuta in Italia. Ha studiato all’alberghiero, gestisce il ristorante di famiglia. Porta a spasso il cane dello zio per i viali del Parco Querini, dove impara a conoscere gli alberi e le persone.Baltolomeo! Baltolomeo! Questo richiamo falsato, involontariamente comico, risuona quasi tutte le mattine lungo i viali alberati del Parco Querini, cuore verdissimo della città di Vicenza. Durante la settimana, il parcheggio adiacente all’ingresso è preso d’assalto: qui vicino ci sono uffici, l’università, le poste e un ospedale. Il fine settimana, invece, è letteralmente occupato da corridori, meditanti, camminatori, pensionati e tutta una varia umanità in cerca di verde urbano.Lihn ha ventiquattro anni. È nata e cresciuta nella città dove sono stati registrati i primi casi di Covid, Wuhan, cittadina di sei milioni e mezzo di abitanti e capitale dello Stato dell’Hubei, luogo un tempo ricco di foreste e di fiumi, ma che la vivace modernità ha travolto e ridefinito completamente. Ad esempio, è qui che è stata costruita la celebre diga delle tre gole, la seconda più grande del mondo, per sfruttare l’impeto delle acque del fiume azzurro, lo Yangtze. Da uno degli oltre 1.300 villaggi sommersi dalle acque, venivano i suoi antenati. Ogni anno, chi è rimasto in patria li va a salutare con una cerimonia durante le celebrazioni degli avi. Da bambina i suoi genitori la portavano e lei si ricorda.Da qui, in Italia, la Cina la si vede poco. Si parla tanto di Cina, ma parlandone con alcuni italiani, Lihn si è resa conto che la Cina vera, questa grande potenza economica capace di progetti tanto grandi e di costruire oltre cento città con almeno un milione di abitanti, dove oltre la metà della popolazione vive in una città, non la si vede affatto. Sembra tutto riguardare soltanto le solite città note: Pechino, Shanghai, Hong Kong. La verità è che gli italiani pensano che i cinesi vivano ancora sulle piroghe e, abbassando la schiena, lavorino anzitutto nei campi, come nei film di Zhang Yimou e del neorealismo cinese, oppure, magari, facendo in massa gli operai nelle grandi fabbriche statali.Ma è anche colpa nostra, ai cinesi non piace parlare della Cina e degli altri cinesi, quelli che vivono in patria. Noi esuli, noi che diventiamo dei cinesi mezzi italiani o mezzi canadesi o mezzi britannici forse rimpiangiamo un Paese che non è mai davvero esistito. Lihn ha studiato all’alberghiero. Finiti gli studi, avrebbe voluto proseguire all’università ma i suoi parenti hanno scelto il lavoro. Ora gestisce un ristorante tutto suo, affiancando lo zio, il fratello minore di suo padre, e nel tempo è diventato uno dei ristoranti cinesi della città preferito dagli studenti delle facoltà universitarie, quasi una rivincita, se si può dire così. A differenza di molti suoi coetanei che frequentano soprattutto conterranei, lei frequenta sia cinesi sia italiani.È una ragazza libera, in tutti i sensi, e magari prima dei trenta si iscriverà alla facoltà di Lettere per iniziare quegli studi che le esigenze economiche le hanno precluso. Mai darsi per vinte! Bartolomeo, o come lo chiama buffamente Lihn, Baltolomeo, è un mastino napoletano di quattro anni, un bel giovanotto pieno di energie, tutto nero e lucido come se fosse fatto di raso. Si tratta del cane di suo zio che, purtroppo, da due anni ha perso l’uso delle gambe e così non può più uscire e portarlo a spasso quella mezz’oretta la mattina e poi la sera, prima di coricarsi. Così ci pensa lei, a Lihn i cani sono sempre piaciuti ma dove viveva prima, nei palazzoni di cemento a Wuhan, non era possibile averne. A Lihn piacciono i cani, ma piacciono anche i gatti e piacciono gli alberi. Infatti, per proprio conto, sta imparando a riconoscerli, conosce i nomi in cinese ma ora li sta imparando anche in italiano.I giardini del Parco Querini coprono una superficie pari a dodici ettari e sono famosi anzitutto per il tempietto neoclassico che sta in cima a un’isoletta a quattro piani circolari e concentrici, realizzato nel 1820. Ma la storia di questi prati è ben più antica, risale al Cinquecento, quando qui aveva residenza una famiglia veneziana, i Capra, la cui proprietà venne in seguito acquistata da un’altra famiglia lagunare, i Querini. Come accadeva in molti giardini, crescevano alberi utili come aranci e vigneti, che la moda ottocentesca del giardino bello da vedere, all’inglese, ha soppiantato e ridisegnato. Vennero piantati alberi esotici e disegnati il boschetto e il viale che si staglia di fronte all’ingresso all’isolotto del tempietto. Lo spazio è aperto al pubblico dal 1971.Così, oggigiorno, i vicentini hanno anche questo polmone verde disponibile. Quando si entra dal parcheggio, si incontrano diversi animali: conigli, anatre, galli e galline. I primi alberi che si incontrano sono gelsi, ricordo di un’epoca passata quando questo albero svolgeva un ruolo non marginale nei conti dell’economia domestica delle famiglie. Proseguendo in senso orario si arriva al bacino che circonda l’isolotto, quindi al suo ponticello, purtroppo chiuso, ma non ai roditori: infatti c’è un coniglietto tutto nero che ci galoppa sopra. Ecco un viale di calocedri, alberi sempreverdi nordamericani con la foglia simile a quella dei cipressi, squamosa, e cortecce rossastre, aranciate. Statue dai volti e dalle mani consumate. Quindi i tre alberi a più crescite, a metà, dove lo spazio si allarga come a definire un cerchio. Nei tre angoli si notano queste cooperative di tronchi che nascono dalla medesima radice, da due a sette tronchi e uno addirittura a undici. La circonferenza di un’esemplare sfiora i sei metri. Alberi secolari, forse hanno 150 anni. Sul fondo c’è un cancello e la proprietà alla quale vennero espropriati questi giardini, nel 1969. Volgendo a destra, si penetra in un vero boschetto composto anzitutto da pioppi neri, querce e gelsi. Belle cortecce granitiche, che è favoloso osservare nel loro andamento a spirale risalendo verso le parti alte delle chiome. Sulle panchine sparse non è raro incontrare giovani pensatori, tutti presi dai propri grandi progetti, o anziane pensionate con i loro cagnetti a riposo, con le quali ogni tanto Lihn ama fermarsi a parlare. Si confrontano i cani, i loro bisogni, le loro manie, i colori degli occhi o quelli delle code, paradossi comuni ai proprietari di animali domestici.Ma il mastino napoletano di zio Zhou è irrequieto, a lui non piace fermarsi troppo a lungo e così, dopo pochi minuti, ricomincia a strattonare e Linh deve cercare di placarlo con la forza delle sue piccole braccia ma, soprattutto, con l’eventuale autorità della sua voce.Baltolomeo! Baltolomeo! Non tilale! Su-su, buono! Non tilale! Blavo cane, blavo! Questa benedetta erre proprio non le vuole venire.