2020-06-20
Colle intercettato, quattro «corazzieri» per Napolitano
Antonio Ingroia: «Palamara, Ezio Mauro, la Severino e la Finocchiaro ambasciatori dell'allora capo di Stato». La «trattativa» su Franco Lo Voi. Di riffa o di raffa spunta sempre la trattativa Stato-mafia. Giovedì il consigliere del Csm Nino Di Matteo, già pm del processo in cui emersero le intercettazioni dell'allora presidente Giorgio Napolitano, in commissione Antimafia, interrogato sulla mancata nomina a capo del Dap da parte del ministro Alfonso Bonafede, ha lanciato la bomba: «Se non ricordo male, a un certo punto nel momento più aspro della polemica dovuta al conflitto di attribuzione Antonio Ingroia, che all'epoca era ancora alla Procura di Palermo e conduceva le indagini con noi (…) disse che a Roma aveva incontrato un noto giornalista, il direttore di un noto quotidiano, che gli aveva detto che dal Quirinale volevano sapere se c'era la possibilità di un qualche contatto con la Procura di Palermo, per risolvere questa situazione, e in quel caso il punto di collegamento poteva essere sperimentato dal dottor Palamara».Ieri Ingroia ha confermato tutto, mentre Mauro ha smentito tutto. L'ex pm palermitano aveva già ricostruito questi fatti nel suo libro Le trattative, tomo uscito nella primavera del 2018. «Poco prima che il ministro Alfonso Bonafede facesse lo scherzetto a Di Matteo. Per quelle pagine non sono mai stato smentito né querelato. Hanno preferito far calare il silenzio». Dal suo buen retiro caraibico, Ingroia sfoggia il solito gusto per la battuta e ci racconta i fatti per come ricorda di averli vissuti: «Il direttore della Repubblica Ezio Mauro mi chiese un incontro e io andai. Lui con aria seria e compenetrata nel ruolo dell'uomo delle istituzioni, non si sa a che titolo, di uomo investito di compiti così delicati come ambasciatore del capo dello Stato, mi disse di aver parlato personalmente con il presidente e che Napolitano gli avrebbe detto di parlare con qualcuno della Procura per vedere se si poteva trovare una soluzione ed evitare il conflitto di attribuzioni». Come riporta il libro il problema era la notizia dell'esistenza delle intercettazioni che secondo gli inquirenti palermitani andavano depositate e messe a disposizione delle parti, prima che un gip decidesse sulla loro eventuale distruzione. «Io spiegai a Mauro che noi potevamo solo applicare la legge. Il direttore replicò che non era un tecnico del diritto e che il presidente lo aveva incaricato di chiedermi se potesse farmi contattare da qualcuno di sua fiducia che potesse ragionare con noi a una soluzione tecnica alternativa a quella che eravamo pronti ad adottare. Risposi che non avevamo problemi a incontrare qualcuno che volesse discutere con noi di aspetti tecnici su incarico del Quirinale». Mauro avrebbe proposto una terna di nomi: l'allora Guardasigilli Paola Severino, il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Luca Palamara e la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. «Mi disse scelga lei, come ha fatto Bonafede con Di Matteo. Risposi: «Palamara lo escluderei, visto che non lo conosco e ha preso posizioni contro di noi; il Guardasigilli potrebbe causare un cortocircuito istituzionale; la Finocchiaro la conosco e non ho niente in contrario». Dopo un paio di settimane il conflitto si era inasprito e Mauro mi fa richiamare. Ci rivediamo alla sede della Repubblica e lui mi dice: «Le cose stanno peggiorando». Certo, risposi, il presidente sta andando avanti sul conflitto istituzionale. «Ma non l'ha contattata nessuno?». No. «Mah, molto strano, il presidente aveva dato incarico», senza specificare a chi. Il discorso si concluse lì. Altro non so».Mauro ieri ha offerto la sua versione, in modo stringato: «Ricordo una visita di Ingroia quando ero direttore della Repubblica e un colloquio su varie vicende. Ricordo anche un interesse di Ingroia a trovare un canale di comunicazione con il Quirinale».Questo balletto secondo Ingroia si svolse tra la primavera e l'estate del 2012. Mauro il 24 agosto 2012 vergò un editoriale molto duro in difesa di Napolitano e scrisse che secondo lui era «interesse di tutti» che queste conversazioni non venissero divulgate.Palamara ha, invece, riferito ai suoi difensori di non avere nulla a che vedere con questa presunta ambasciata. E che se c'è un capitolo ancora segreto da raccontare collegato alla Trattativa, questo riguarda la nomina del procuratore di Palermo Franco Lo Voi. In un'intercettazione del maggio 2016 Palamara aveva detto al consigliere del Csm Luigi Spina: «Lo Voi lo fa fa Pignatone (ex procuratore di Roma, molto legato a Napolitano, ndr)... il ricorso di Lo Forte c'è pure Pignatone in mezzo... vabbè è meglio che non ti racconto...».Un altro ex consigliere, Nicola Clivio, in una chat recente ha ricordato, a proposito di Palamara: «Ci aveva rifilato il clamoroso bidone sulla procura di Palermo senza nemmeno lasciare le impronte digitali». In effetti la nomina di Guido Lo Forte, di Unicost, uno dei magistrati del processo a Giulio Andreotti, venne fatta slittare nella consiliatura di Palamara dopo una lettera di Napolitano che invitava a seguire l'ordine cronologico delle nomine. Qui, nel dicembre 2014, la corsa a tre Lo Voi, Lo Forte, Sergio Lari creò una sorta di stallo messicano che fu chiaro a tutti durante la prima votazione del plenum. A questo punto i laici di sinistra, per bocca di Giuseppe Fanfani, si dissero disponibili a scegliere uno dei due candidati più titolati, purché i togati su accordassero su un nome. Ma Palamara lasciò vincere Lo Voi, non spostando i voti della sua corrente (5) da Lo Forte a Lari che prese solo i 7 voti di Area. Su Lo Voi, visto il mancato accordo, andarono tutti i laici, le 4 toghe moderate e il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione. Palamara con le persone a lui più vicine ha decrittato la sua frase captata dal trojan: «Non feci vincere Lari. Era un modo per far vincere Lo Voi. E chi è che aveva interesse? Pignatone. Questa è la vera storia che prima o poi racconterò nei dettagli».
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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