2021-09-09
Nucleare, Eni fa sul serio. Choc in Germania: la benzina sale a 2,5 euro
All’appello del ministro segue l’annuncio del Cane a sei zampe sui test per arrivare a reattori sperimentali nel 2025. Senza l’atomo la transizione verde sarà un bagno di sangue fra rincari e blackout. Lo studio: in Germania la benzina costerà 2,5 euro al litroil primo test di un supermagnete che dovrebbe contenere e gestire la fusione nucleare di deuterio e trizio». Obiettivo, realizzare il primo reattore sperimentale entro il 2025 e produrre energia per la rete già nel prossimo decennio. Tempistiche precise e nemmeno troppo in là nel tempo. Il Cane a sei zampe da tempo è coinvolto in progetti estremamente innovativi sul fronte della fusione. Oltre a quello citato ieri e in tandem con il Mit, l’Eni ha messo un piede anche nel progetto Dtt, sviluppato con l’Enea, finanziato in parte dalla Bei. Circa 600 milioni per realizzare in sette anni un mini reattore in grado secondo le stime di iniettare ricadute positive sul Pil pari a 2 miliardi. Senza contare che l’Italia è anche coinvolta nel mega progetto Iter e osserva fino a ora a debita distanza gli sviluppi complessivi dell’energia da atomo.Il passo in avanti annunciato ieri ha però un forte senso politico perché può essere finalmente il calcio di avvio di un nuovo percorso praticabile solo con la caduta del tabù nucleare. Non è così importante che il ministro Roberto Cingolani la scorsa settimana si riferisse a sua volta ad altri progetti di fissione nucleare di nuova generazione. Un metodo completamente diverso dalla fusione, ma in ogni caso proiettabile anche nel nostro Paese. Un esempio su tutti, se Fincantieri dovesse decidere di alimentare le navi con l’atomo applicherebbe mini reattori a fissione. Ciò che conta è chiudere il cerchio e avviare una filiera produttiva con la consapevolezza che la transizione ecologica si fa solo con il giusto mix tra rinnovabili, idrogeno e nucleare. Per Eni, «la fusione a confinamento magnetico occupa un ruolo centrale nella ricerca tecnologica finalizzata al percorso di decarbonizzazione, in quanto potrà consentire all’umanità di disporre di grandi quantità di energia prodotta in modo sicuro, pulito e virtualmente inesauribile e senza alcuna emissione di gas serra, cambiando per sempre il paradigma della generazione di energia», ha spiegato ieri Descalzi, aggiungendo che «contribuirà a una svolta epocale nella direzione del progresso umano e della qualità della vita». E soprattutto - ciò che più conta - dovrebbe riuscire a fermare una pericolosa deriva che Bruxelles sembra voler abbracciare senza remore e senza porsi interrogativi. Come più volte ha sottolineato Cingolani, spingere per una transizione totale in tempi troppo brevi renderà da un lato non più sostenibile il fare azienda in Europa e dall’altro creerà colli di bottiglia sulla supply chain energetica insostenibili per l’intero continente. L’allarme non è campato per aria. Visto che i primi campanelli stanno già suonando.La scorsa settimana per una serie di coincidenze e problemi, in Gran Bretagna il costo di un kilowattora ha superato le 30 sterline. Se la stretta sulle non rinnovabili non dovesse essere allentata, una famiglia rischierebbe di pagare quella cifra nella quotidianità. Tradotto migliaia di sterline o euro ogni trimestre per riscaldare anche solo un trilocale. Ieri l’Handelsblatt ha riportato uno studio del centro di ricerca Instituts fur Witschaftsforschung nel quale si spiega che per raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Ue ci «sarà un aumento fiscale della benzina di circa 70 centesimi al litro». Il tutto a seguito del fatto che la Germania «registrerà, alla fine di quest’anno, un’eccedenza nella produzione di carbonio (CO2) pari a 7 milioni di tonnellate, destinata a salire a 22 milioni di tonnellate l’anno prossimo». Per via dei meccanismi di penalizzazione Ets ogni tonnellata è tassata e il trading registrerà picchi crescenti fino a 90 euro per ogni chilogrammo di CO2. Risultato, sempre secondo il quotidiano: dopo le elezioni Berlino potrebbe decidere di portarsi avanti e alzare il prezzo della benzina (per autofinanziarsi) fino a un prezzo di 2,5 euro al litro. Un segno plastico dei problemi che derivano da una transizione troppo hard che tra l’altro cade in un momento di difficile gestione delle materie prime e di ingorghi nella logistica. Quest’inverno ci sarà anche la fiammata dovuto ai trend dell’inflazione. Il problema starà tutto in quanto tempo dureranno questi picchi o - cosa ancor più grave - se diventeranno la norma. Certamente se non si pongono dei rimedi e se non si prova a calmierare la follia green dell’Ue i prossimi anni saranno vittima dell’escalation. Se non vogliamo trovarci a soccombere sarà fondamentale considerare la notizia diffusa ieri dall’Eni come l’avvio di un nuovo percorso che prevede lo sviluppo di una filiera tutta nostrana. D’altronde sarebbe ottuso tornare a usare il nucleare e acquistare la tecnologia di altri Paesi, come la Francia. Ci auguriamo che quei tempi di autolesionismo energetico siano finiti.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)